I FIORETTI
Il Sacerdozio di Padre Pio: il Padre delle anime /2
dal Numero 18 del 8 maggio 2022

Il Sacerdozio di san Pio da Pietrelcina, come abbiamo visto nell’articolo precedente, è stato caratterizzato da un grande amore e zelo per la salvezza delle anime. Egli, sulla scia di san Paolo e di tanti altri pastori, ha fatto del suo ministero sacerdotale un esercizio di paternità spirituale, soprattutto attraverso il sacramento della Riconciliazione.

San Pio ebbe molto a cuore anche la direzione spirituale di tante anime a lui vicine, come frati, sacerdoti e donne del Terz’Ordine francescano che frequentavano il convento, e di tante altre, più lontane, con le quali molto spesso entrò in contatto attraverso corrispondenza epistolare. Infatti, tre dei quattro volumi del suo epistolario raccolgono le lettere di direzione spirituale scritte dal Santo.

Papa Benedetto XVI nella sua visita a San Giovanni Rotondo ebbe a dire: «L’umile religioso accolse con docilità l’infusione di quello “spirito di grazia e di consiglio” […], quello spirito cioè che deve consentire al pastore di anime di “aiutare e governare il popolo con cuore puro” (cf. Presbyterorum Ordinis, n. 7). Egli si impegnò in particolare – secondo un altro insegnamento conciliare (cf. Presbyterorum Ordinis, n. 9) – nella direzione spirituale, prodigandosi nell’aiutare le anime a scoprire ed a valorizzare i doni e i carismi, che Dio concede come e quando vuole nella sua misteriosa liberalità» (Omelia della Messa).

Dotato di numerosi e singolari doni carismatici, egli li mise completamente e generosamente a servizio delle anime da lui guidate, per condurle alla perfezione. Anche, e ancor più nella direzione spirituale egli instaurò con le anime una intensa relazione di paternità soprannaturale che passava dalla tenerezza alla fermezza o severità, a seconda del bisogno delle anime. Dalle sue lettere di direzione spirituale che coprono un arco di soli otto anni, dal 1915 al 1923 e cioè dai suoi 28 anni fino ai 36 anni, si possono evincere i sentimenti di zelo e di tenero amore paterno che animavano il suo cuore nel condurre le anime.

Il saluto che indirizzava di solito all’inizio delle lettere era: «Mia carissima figliuola», oppure: «Mia sempre carissima figlia», «Diletta figlia mia». La chiusa delle lettere era quasi sempre una richiesta di preghiera per la sua anima, seguita da una benedizione paterna: «Ti benedico con paterno e duplicato affetto», «Vi benedico con tutta l’effusione dell’animo mio ed augurandovi dalla nostra comune Madre ogni squisita predilezione», «Ti saluto nel bacio santo del Signore ed in lui cordialmente ti benedico».

Questo caldo affetto originato e sublimato dall’amore di Dio egli lo esprime in tanti punti del suo epistolario, dal quale stralciamo qualche passo. Scrive a Maria Gargani (beatificata recentemente): «Se nostro Signore ti fa esperimentare delle consolazioni nella vera ed impareggiabile dilezione ch’egli ha fatto nascere nel mio cuore pel tuo, ne benedico il suo santo nome e ringrazio la sua divina provvidenza, assicurandoti che per me è una grande soddisfazione quella di sapere che la tua anima ama la mia di questo sacro amore, che la divina bontà può dare […]. La tua amarezza [per le prove interiori che soffriva] non può essere che in pace; e l’amore mitiga il tuo dolore poiché ho veramente un cuore di padre, che partecipa poi anche un poco di quello di madre» (Epistolario III, p. 305). Come san Paolo che si rallegrava nel vedere la corrispondenza al suo amore da parte dei cristiani, così il Santo si rallegra dell’«amore sacro» con il quale è corrisposta la sua «vera ed impareggiabile dilezione» che è fonte di consolazione per l’anima diretta, la quale si è affidata a lui che ha «veramente un cuore di padre», e che partecipa anche dell’amore materno per la tenerezza e la vicinanza.

Ad Erminia Gargani, spiegando il motivo del suo prolungato silenzio epistolare, scrive: «Hai ragione di lamentarti del mio prolungato silenzio, ma hai torto però nel dubitare che ciò provenisse da colpevole e volontaria dimenticanza. Lo sa Iddio soltanto quanti voti a lui fo per te! La tua anima mi sta a cuore sopra ogni altro bene; amo la tua anima come la mia propria. Né questo amore deve dirsi sterile ed inefficace, poiché le desidero il colmo della perfezione, le desidero la carità perfetta ed a questo fine tendono le mie deboli sì, ma pure assidue preghiere a tuo vantaggio» (ivi, pp. 690-691). Risalta in queste parole del Santo l’amore tutto soprannaturale che egli ha per l’anima da lui diretta che gli sta a cuore «sopra ogni altro bene», amandola «come la sua propria» e desiderando per lei «il colmo della perfezione» e «la carità perfetta»: vera e sublime paternità spirituale, tutta tesa a condurre l’anima alla perfezione, premurandosi anche di offrire «assidue preghiere» per questo scopo. Alla stessa in un’altra lettera scrive ancora: «Io più volte al giorno presento il tuo cuore all’eterno Padre con quello del suo diletto Figliuolo, e glielo presento immancabilmente nella Santa Messa» (ivi, p. 699). 

San Pio era consapevole che una forte unione tutta spirituale con le anime, avente come scopo la crescita nell’amore di Dio, diventava motivo di fortezza e di sicurezza, come egli stesso sperimentava nel suo cammino spirituale, accompagnato passo passo dal suo padre spirituale. Apre così la lettera dell’11 luglio 1918: «Oh Dio, mia buona figliuola, quanto io amo il tuo spirito, poiché egli non vuole amare niente, fuorché il nostro dolcissimo Dio! […]. Oh Dio, mia diletta figliuola, quanto saremo forti, se continueremo a tenerci legati l’uno con l’altro con questo legame, tinto nel sangue vermiglio del Salvatore, perché nessuno assalirà il tuo cuore che non trovi resistenza, e per parte del tuo, e per parte del mio». Bellissima questa premura paterna che, originata da un amore esclusivo per «il nostro dolcissimo Dio», in un legame che è indistruttibile perché fortificato dal «sangue del Salvatore», arriva a farsi scudo e protezione per l’anima che in diversi modi può essere assalita e combattuta. 

Chiediamo a san Pio di ottenerci ancora dal Signore padri e pastori del suo calibro che, felici del loro celibato, completamente donati a Dio e alle anime, sappiano vivere il Sacerdozio nella bellezza, nel calore affettivo e nella fecondità della paternità spirituale.   

 

di Suor M. Gabriella Iannelli, FI, Il Settimanale di Padre Pio, N. 18/2022

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