I FIORETTI
“Vedo tutto in Dio”
dal Numero 39 del 24 ottobre 2021

«Ricordati che io vedo tutto in Dio». Così disse padre Pio ad Angelo Battisti, suo collaboratore. «Ero andato a fargli visita subito dopo che mi aveva nominato suo legale procuratore e amministratore della Casa Sollievo della Sofferenza – mi ha raccontato Battisti –. E parlando del più e del meno, lui mi disse quella frase. E poi la ripeté altre volte. Mi riceveva il sabato sera, senza limiti di tempo. Era un padrone esigente. Gli facevo la mia relazione e lui diceva: “Ricordati che vedo tutto in Dio”. Non era una frase convenzionale. Lui “vedeva” tutto veramente, tutto di tutti, vicini e lontani. Ne ho avuto singolare e larga esperienza».

Padre Pio, quindi, non solo “leggeva nel cuore”, possedeva cioè il singolare carisma mistico di poter penetrare, in particolari casi, il “santuario delle coscienze”, ma aveva una conoscenza della realtà che valicava i limiti dello spazio e del tempo. Poteva cioè “vedere” avvenimenti che stavano accadendo in quel momento ma lontani dal suo sguardo, e anche avvenimenti che non erano ancora accaduti, che non esistevano quindi e si sarebbero realizzati nel futuro. [...].

«Un giorno ero a San Giovanni Rotondo con il dottor Mario Cinelli, capocronista dell’Osservatore Romano – mi raccontò il giornalista della Rai Giovanni Gigliozzi –. Stavamo nel corridoio del convento. Il Padre uscì dal coro e si avviò per raggiungere la sua cella. A metà corridoio, su un tavolo di vimini, c’erano alcuni giornali. L’Avvenire d’Italia aveva in prima pagina una grande fotografia di Aldo Moro, che allora era presidente del Consiglio. Passando, il Padre si fermò, guardò per alcuni attimi quell’immagine poi, coprendosi il volto con le mani, disse: “Dio mio, quanto sangue, quanto sangue”. Né io né Cinelli sapemmo allora dare un significato a quella frase. Ma, alla luce di quanto poi è accaduto, a distanza di molti anni, si può ritenere che fosse una drammatica precognizione».

Ai tempi delle grandi folle che accorrevano da padre Pio, venivano inviati al convento due carabinieri che gli stavano accanto per proteggerlo. Un giorno, in sacrestia, mentre stava togliendosi i paramenti sacri dopo la celebrazione della Messa, si rivolse sorridendo a uno dei due carabinieri: «Appena ho finito qui e ho fatto il ringraziamento della Messa, vieni nella mia cella che ti devo parlare».

Il carabiniere, tutto contento, attese che padre Pio finisse e poi andò nella cella del religioso. «Senti – gli disse il Padre –, tra otto giorni al massimo tu muori. Meglio che te ne vai a casa dai tuoi».

«Ma Padre, sto benissimo» disse il carabiniere.

«Non te ne incaricare – aggiunse il Cappuccino –, starai meglio tra otto giorni. Che cos’è questa vita? Un pellegrinaggio: siamo in treno, figlio mio. Domanda la licenza e vai a risolvere quell’affare a casa tua».

Il carabiniere, frastornato da quelle parole, chiese: «Padre, posso raccontare quanto mi avete detto?».

«Per ora no – rispose il Padre –, lo dirai solo quando sarai a casa».

Il giovane tornò in caserma e chiese un permesso per andare a casa. Non volevano concederglielo perché non c’era motivo che giustificasse la licenza. Padre Pio, che conosceva il maresciallo, intervenne. «Lascialo andare un poco a casa da sua madre, povero figliolo, lascialo andare». Il maresciallo gli fece il permesso.

Giunto a casa il carabiniere disse ai suoi genitori: «Padre Pio mi ha detto che morirò, sono venuto a salutarvi». Dopo otto giorni, il giovane carabiniere morì. 

 

Renzo Allegri, I miracoli di Padre Pio, pp. 259, 261-262

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