I FIORETTI
L’ispirazione francescana di Padre Pio
dal Numero 36 del 3 ottobre 2021

Era ancora molto piccolo padre Pio – allora Francesco – quando cominciò a rivelare non solo una particolare sensibilità verso le cose del Signore, ma anche una straordinaria predilezione divina, ricevendo le visite di esseri non di questa terra, buoni e anche cattivi.

Lo stesso padre Pio confidò che il Signore sin dall’infanzia gli aveva dimostrato segni di “specialissima predilezione” e aveva chiara l’impressione che il Signore lo invitasse «ad un’altra vita – come scrive in una lettera del 26 novembre 1922 a Nina Campanile –: mi faceva intendere che il porto sicuro, l’asilo di pace per me era la schiera della milizia ecclesiastica». Non però una “milizia ecclesiastica” qualsiasi, ma la milizia serafica di san Francesco: «Dove meglio potrò servirti, o Signore, se non nel chiostro e sotto la bandiera del Poverello di Assisi?».

«Mi voglio fare monaco»

Gli accadde quand’era ancora ragazzino: un frate di nome fra’ Camillo, questuante dei Cappuccini, andava percorrendo le vie delle campagne e dei paesi circostanti e, giunto a Pietrelcina, bussò alla porta della famiglia Forgione. La bisaccia in spalla, la lunga barba e il sorriso sulle labbra: chiedeva la carità di qualche vivanda per i frati. Mamma Giuseppa, con spirito di fede, lo provvide di una buona misura di grano e lo congedò devotamente, chiedendo preghiere, che il buon frate le assicurò, prima di allontanarsi con fare semplice e ilare.

Come dimenticare quel buon frate? Francesco non lo fece, anzi, quella figura si incise profondamente nel suo spirito e influenzò la sua stessa vocazione. 

Francesco voleva infatti consacrare la propria vita a Dio, e quando i genitori cercarono di indirizzarlo verso famiglie religiose per così dire più “benestanti”, il giovane fece presto a replicare: «Voglio fa’ lu monaco di Messa, monaco cu’ la barba». Aveva senz’altro le idee chiare! 

Non fu facile per la famiglia assecondare la vocazione di Francesco, tanto che il papà dovette cercare fortuna prima negli Stati Uniti e poi in Argentina, per provvedere a pagare gli studi. Ma quando il Signore chiama, non gli si può negare nulla…

Il “frate-modello” secondo padre Pio

Padre Pio serbò per tutta la vita una profonda gratitudine nei confronti del Signore per la vocazione francescana ricevuta. Ciò lo manifestava in modo particolare con la propria fedeltà alla Regola e soprattutto alla “santa povertà” serafica, che contraddistingue i francescani. Era intimamente persuaso che il frate – il vero frate – «deve essere prima di tutto ubbidiente al superiore; deve amare e rispettare le leggi ecclesiastiche, la Regola, le Costituzioni e gli Ordinamenti», e ciò egli per primo dimostrò nella propria condotta, sempre. Si rendeva perfettamente conto che il frate assume un’importante responsabilità di fronte alla Chiesa, e che ogni uomo – membro di questo mirabile Corpo mistico – può a ragione esigere dal religioso quel buon esempio che egli per primo sentiva di dover dare; per questo padre Pio affermava che il frate deve essere «povero a imitazione di Gesù crocifisso e distaccato da ogni ricchezza; responsabile di tutti i gesti che compie nella propria vita, sopportandone le conseguenze a volte anche penose; di buon esempio agli altri e pieno di carità verso i confratelli».

Il “compendio” di tutte queste caratteristiche era, per padre Pio, l’abito francescano, che aveva ricevuto con somma riverenza il 6 gennaio 1903. Abito rude e ben povero, ma profondamente amato: «Se si sapesse che straccio di abito indossai nel 1903… Eppure nessun altro mi pareva più bello di quello!». Era l’abito del Poverello, l’abito della Croce, ossia “dell’amore più grande”. Neanche di notte voleva lasciarlo e quando, malato e sofferente, a causa dell’abbondante sudorazione che gli procurava non pochi fastidi, si sentì dire dal superiore che poteva toglierlo almeno di notte, scoppiò in un pianto dirotto e rispose singhiozzando: «Sono 62 anni e non ho mai lasciato l’abito religioso...».

Amore tutto serafico

Innamorato di Gesù Crocifisso, da vero francescano, fece richiesta di essere ordinato sacerdote in anticipo. Ottenne subito risposta positiva; così, il 10 agosto 1910, fu ordinato Sacerdote di Cristo nel Duomo di Benevento. Quel giorno egli scrisse, sul retro di un’immaginetta, una preghiera che fu senz’altro un programma di santità sacerdotale: «O Gesù, mio sospiro e mia vita, mentre oggi ti elevo in un mistero di amore, ti chiedo di poter essere per te un sacerdote santo e una vittima perfetta». 

Padre pio fu sempre fedele alla sua vocazione. Sappiamo che per ragioni di salute dovette trascorrere lunghi anni presso il paese natio – la “cura” che i medici gli avevano prescritto era infatti “aria natia” –, per la gioia dei suoi compaesani. E quando il parroco di Pietrelcina tentò di convincerlo a restare in parrocchia come sacerdote secolare lasciando l’Ordine, padre Pio non esitò a rispondere: «Quando uno ha dato la parola a san Francesco non può ritirarla».

Nel vedersi come costretto a restare fuori convento, a motivo dei perenni aggravamenti di salute che pativa ogni volta che vi tornava, si affliggeva al pensiero che il Serafico Padre non lo volesse tra i “suoi figli”. E così a Venafro, in un’estasi in cui gli apparve san Francesco, così padre Agostino udì esclamare il Santo: «O serafico Padre mio, tu mi scacci dal tuo Ordine?... Non sono più figlio tuo?... La prima volta che mi appari, Padre san Francesco, mi dici di andare a quella terra di esilio?... Ah, Padre mio, è volontà di Dio?... Ebbene, fiat!...».

Considerò un’offerta sacrificale l’esclaustro ottenuto il 25 febbraio 1915, col quale gli si permise la permanenza fuori dalle sacre mura del convento, con il permesso di continuare ad indossare l’amato abito. Ciò finché la Provvidenza non lo portò definitivamente prima al convento di Foggia e poi a San Giovanni Rotondo, ove permase per ben 52 anni, fino alla morte.

Un fatto curioso

C’è ancora un particolare che manifesta ulteriormente uno speciale legame tra san Pio e san Francesco. Ce lo rivela Mario Sensi quando, nel suo Santuari e culto di San Michele nell’Italia centrale, scrive che «Tommaso da Celano, nella Vita di san Francesco ci informa che il vescovo di Assisi, Guido, si era recato “in pellegrinaggio alla chiesa di San Michele” e, di ritorno dal Gargano, a Benevento, ricevette una visione che lo mise a conoscenza dell’avvenuta morte del Santo d’Assisi». «L’episodio venne poi ripreso da san Bonaventura – aggiunge l’Autore –, che lo inserì nella sua Legenda maior, cap. XIV, 6» (cf. FF 1243-1244).

Il Beneventano e il Gargano: proprio le due zone in cui padre Pio trascorse tutta la sua vita! Questa visione e notizia del transito al Cielo di san Francesco parrebbero quasi un presagio e una promessa affidata a queste terre: un “alter Franciscus” sarebbe venuto a calcare le orme di un così grande Padre su questo povero mondo!

Così il Signore intreccia anche le storie dei santi e manifesta in questo e in modi innumerevoli la sua infinita bontà e misericordia.

«Dove meglio potrò servirti, o Signore, se non nel chiostro e sotto la bandiera del Poverello di Assisi?». Così, dicevamo, padre Pio chiedeva al Signore quando la via tracciatagli dal Cielo era ancora da scoprire e percorrere. Così continua il Santo: «Ed egli [il Signore], vedendo il mio imbarazzo, sorrideva, sorrideva a lungo; e siffatto sorriso lasciava nel mio cuore una dolcezza ineffabile, talvolta veramente me lo sentivo tanto vicino, mi pareva vederne l’ombra; e la mia carne, tutto il mio essere esultava nel suo Salvatore, nel suo Dio.

Ed io allora sentivo le due forze dentro di me, che si cozzavano tra loro e mi laceravano il cuore. Il mondo che mi voleva per sé e Dio che mi chiamava a nuova vita. Dio mio! Chi potrà ridire quell’interno martirio che in me si svolgeva?».

Anche per padre Pio la corrispondenza alla sua “chiamata dall’Alto” non fu facile. Ma scese sul campo di battaglia – la “milizia” che aveva eletto! – e non si risparmiò nella lotta. Vinse e fece vincere Dio, e oggi sperimentiamo largamente i frutti fecondi e abbondanti della sua santità. 

Similmente, quante lotte non ci si presentano spesso, ogni giorno, per essere fedeli al Signore? Facciamo anche noi come padre Pio. E se non troviamo in noi la forza, chiediamola a tanto potente intercessore. 

 

di Aurora De Victoria, Il Settimanale di Padre Pio, N. 36/2021

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