APOLOGETICA
“Liberi fino alla fine”? Ove e come nasce la menzogna dell’autodeterminazione
dal Numero 20 del 22 maggio 2022
di Corrado Gnerre

Attraverso una serie di evidenti contraddizioni, comprendiamo quanto sia ingannevole il principio di autodeterminazione che soggiace a certi slogan pro eutanasia.

La parola magica che è alla base dell’eutanasia è “autodeterminazione”. Che vuol dire: l’uomo deve essere libero di decidere qualsiasi cosa sulla e della propria vita. Si tratta di una sorta di libertà assoluta, senza vincoli e limiti.

Che si tratti di una menzogna antropologica è di evidenza macroscopica.

Se l’uomo fosse veramente libero, lo dovrebbe essere sempre, in tutti i casi e in tutte le circostanze. Come si rivendica la libertà di morire quando si vive, dovrebbe essere anche il contrario, ovvero essere liberi di vivere quando si deve morire. Cosa che ovviamente non sta né in cielo né in terra. Inoltre, come si può esercitare una volontà di potenza sulla fine della vita, se questa stessa volontà di potenza non la si è potuta esercitare sull’inizio della vita? Chi di noi ha sentito chiedersi prima di nascere: “vuoi vivere?”. Ci siamo ritrovati con la vita addosso senza che ci fosse chiesto un parere a riguardo. Ciò vuol dire che la vita è un dono. È qualcosa che è data alla gestione dell’uomo, ma di cui l’uomo stesso non è assoluto proprietario. È come se l’uomo avesse avuto la vita in una sorta di “comodato d’uso”.

Questo è quanto ci dice la realtà delle cose, il resto è puro delirio di illusoria onnipotenza.

Detto ciò, c’è da fare una considerazione importante. Una considerazione che verte sulla possibilità di capire quali sono le ragioni politiche (“politiche” da intendersi in senso ampio) che sottendono al falso principio dell’“autodeterminazione”.

In merito al rapporto tra individuo e società, le possibilità sono sostanzialmente tre:

1) Collettivismo: l’uomo in funzione della collettività. Il singolo uomo è totalmente assorbito dalla società e i suoi diritti si annullerebbero nella collettività. Questa concezione era molto presente nei contesti tribali e costituisce l’essenza delle ideologie socialistecollettiviste.

2) Individualismo: l’uomo non ha bisogno della collettività. Ogni uomo ha dei diritti che non dovrebbero relazionarsi con gli altri e quindi con la società. Questa concezione è l’essenza dell’ideologia liberale (non distinguiamo tra liberalismi, perché tutto sommato la radice è comune) e anche del radicalismo individualista anarcoide.

3) Comunitarismo: l’uomo è un essere comunitario. Pur avendo dei diritti individuali, l’uomo deve realizzarsi nella dimensione comunitaria in cui per esigenze naturali vive. Questa concezione è quella della metafisica classica, della filosofia naturale cristiana, dell’antropologia cristiana. È la concezione che ha fondato il modello della societas christiana tradizionale.

Questo terzo modello non è qualcosa di specificamente cristiano. Meglio: non lo è in quanto ciò che afferma è di legge naturale. Ha fondamenti metafisici, tant’è che anche lo stesso Aristotele ne parla nella Politica. Egli dice che l’uomo non è né un essere sostanzialmente sociale, per cui la società lo definirebbe; né un essere accidentalmente sociale, per cui la società per lui non avrebbe alcuna importanza; bensì è un essere naturalmente sociale, la società non lo definisce ma egli è tenuto a vivere in essa.

Ecco dunque che la libertà individuale non può essere assoluta, bensì deve realizzarsi tenendo presente la vocazione comunitaria dell’uomo, e quindi è una libertà che deve tener conto non solo delle proprie esigenze ma anche di quelle degli altri.

La vita dell’uomo non appartiene solo a lui. Appartiene prima di tutto a Dio e in un certo qual modo anche agli altri.

Un esempio ridicolo, ma che fa capire. Immaginiamo che in questo momento venga fatto un comunicato da tutti gli idraulici del mondo che avvisano di un loro imminente suicidio collettivo. Quale dovrebbe essere la nostra reazione? Dovremmo dire: non lo potete fare! Se si rompe il rubinetto di casa, chi ce lo potrà riparare? È ovviamente un esempio sciocco, ma che fa capire quanto ognuno di noi abbia dei doveri verso la comunità, che i talenti che abbiamo sono importanti non solo per noi ma anche per gli altri. Perché nessun uomo è un’isola, perché nessun uomo è autosufficiente.

Questo è il motivo di sana filosofia della politica che fa capire quanto non possa esistere un diritto al suicidio e quanto uno Stato, che voglia essere conforme alla legge naturale, non possa mai legittimare l’eutanasia.

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