RELIGIONE
Ratzinger fedele alla Tradizione
dal Numero 7 del 12 febbraio 2023
di Riccardo Pedrizzi

Papa Benedetto XVI è stato un papa sapiente che ha saputo rievangelizzare il vecchio continente, per farlo tornare un cuore pulsante della civiltà cristiana. La moltitudine di fedeli che lo ha voluto salutare per l’ultima volta è la prova del segno indelebile che ha lasciato nei cuori dei veri cristiani.

La guida di un grande custode della fede quale fu Benedetto XVI, il miglior erede che potesse avere Giovanni Paolo II, si espresse, si mosse e spaziò su tutti i temi più importanti, da quelli di impronta teologica, come il significato dell’Eucaristia (dono o diritto?), il celibato dei sacerdoti, la Comunione ai divorziati risposati, gli abusi liturgici, a quelli di carattere etico-sociale, come la difesa e la promozione della vita e della famiglia, a quelli di stampo “politico”, come la rivendicazione del ruolo pubblico del Cristianesimo, il dovere dell’elettore e del politico cattolico di essere coerente, l’assoluta fedeltà ai valori della Tradizione, ai cardini del magistero.
Il programma pastorale di questo Pontificato fu quello di lottare con forza, senza mai piegare la testa, contro le due più grandi insidie del nostro tempo, il relativismo etico e il nichilismo libertario; di custodire fedelmente e di annunciare senza paura e complessi di inferiorità la parola di Gesù Cristo e il Vangelo, trasmessici dalla Tradizione; di riaffermare i fondamenti del magistero morale e della dottrina sociale della Chiesa, che non scadono mai e sono sempre al passo con i tempi. 
Quello di Benedetto XVI fu un pontificato conservatore e innovatore allo stesso tempo, come quello di Wojty?a, suo predecessore, nel senso che si batté per conservare il grande patrimonio di saggezza della Chiesa e per risolvere con risposte sempre nuove e adeguate i problemi dell’uomo contemporaneo. Sulle sue spalle, il “dolce” guardiano della fede, papa Ratzinger, fu in grado di portare l’immensa eredità di Giovanni Paolo II, operando non perché la Chiesa si “acconci” e si converta al mondo, come vorrebbero alcuni, ma perché il mondo e la modernità si convertano a Gesù Cristo, risolvendo tutte le contraddizioni della modernità, perché il compito, la missione della Chiesa è proprio questa: custodire e annunciare la verità rivelataci da Gesù Cristo per affermare il bene dell’uomo, non manipolarla per renderla “politically correct”.
Ne avemmo la prova anche quando Benedetto XVI, in un’intervista alla televisione polacca trasmessa in occasione dell’anniversario dell’elezione al soglio di Pietro del suo predecessore, parlando dei tanti documenti (tra cui le quattordici Encicliche e le molte Lettere pastorali) lasciati da Giovanni Paolo II, spiegò che «tutto questo rappresenta un patrimonio ricchissimo che non è ancora sufficientemente assimilato nella Chiesa. Io considero proprio una mia missione essenziale e personale di non emanare tanti nuovi documenti, ma di fare in modo che questi documenti siano assimilati, perché sono un tesoro ricchissimo, sono l’autentica interpretazione del Vaticano II». 
D’altronde, il card. Ratzinger era stato il più stretto collaboratore di papa Wojty?a, l’architrave del suo magistero, colui che più degnamente avrebbe potuto raccoglierne il testimone e proseguire nel solco tracciato da Karol il Grande. 
Come spesso dimostrava (dal monito «a non bandire Dio dalla vita pubblica», agli interventi con cui ricordava che «i diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, ma sono iscritti nella natura stessa della persona umana, e sono pertanto rinviabili ultimamente al Creatore»), Benedetto XVI è stato una roccia, un nocchiero della Chiesa, il Papa della fermezza e dell’amore, dell’intransigenza e della tenerezza della verità del Vangelo, prima forma di carità. Anche con una lettera che inviò al convegno della “Fondazione Magna Charta”, promosso dal presidente del senato del tempo, Marcello Pera, il Papa emerito, ribadì che i diritti fondamentali dell’uomo derivano dalla sua natura, dalla sua essenza ontologica, quindi non è lo Stato, non sono le leggi che li concedono. Per questo si parla di diritti inalienabili; lo Stato e le leggi devono solo prenderne atto e anzi promuoverli.
È una visione tuttora assai attuale e fondamentale, nella quale ci riconosciamo in pieno. Se così non fosse, se i diritti dell’uomo non facessero riferimento alla verità della natura umana, anche i sistemi democratici potrebbero trasformarsi in un sostanziale, e più o meno subdolo, totalitarismo, come insegnava Giovanni Paolo II. 
Si tratta, insomma – e papa Ratzinger ne era fortemente convinto –, di cogliere alle radici, e in tutto il suo spessore, il significato di “natura umana”, come pure il significato antropologico ed etico della legge naturale che riconosce dignità ad ogni essere umano.
Essendo il diritto naturale anteriore e superiore ad ogni legislazione, la legge positiva non può contraddirlo. Per questo il pluralismo etico e il dilagante pensiero debole non possono pretendere di disegnare una sorta di “supermarket delle morali” dove ognuno può scegliersi la propria, cioè quella che gli fa più comodo. E lo Stato non può diventare il garante di questo supermarket, in cui avrebbe voce per farsi valere solo il più forte. Non certo, ad esempio, il nascituro o il malato terminale, non certo i soggetti deboli, i quali, come nella giungla, sarebbero destinati a soccombere. In questa prospettiva, che non è né confessionale né clericale, sono in gioco valori squisitamente laici in quanto umani, naturali, assiologici, radicati cioè nella natura stessa dell’uomo, sia esso credente o non credente; tanto da essere garantiti anche dalla nostra Costituzione.
In questo scenario si è stagliata prepotente la figura di questo “Papa sapiente”, che ha assunto non a caso il nome di san Benedetto, evangelizzatore e patrono dell’Europa, e che come lui ha lavorato per rievangelizzare il vecchio continente, per farlo tornare cuore pulsante della civiltà cristiana. 
Ciò con buona pace dei laicisti di tutte le risme, i quali volevano farci credere (l’avevano sperato) che papa Benedetto XVI sarebbe stato dimenticato e non amato abbastanza proprio perché, secondo loro, “solo” teologo o perché troppo tedesco. Ed invece è stato apprezzato, valutato ed amato come ha dimostrato la marea di fedeli che sono andati a salutarlo per l’ultima volta.   

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