APOLOGETICA
Città terrestre, Città celeste
dal Numero 09 del 27 febbraio 2022
di Corrado Gnerre

Questo mondo finirà senza dubbio, ma finirà nel senso che sarà trasformato e sublimato; nel senso che tutto ciò che si è vissuto in questa vita non verrà definitivamente perso. Vedremo tutto dall’alto e tutto ci sembrerà bello.

Cari Lettori, vi sarà capitato di vedere una città dall’alto; ancor meglio un borgo dall’alto. Le case arroccate, le strade ancora più piccole di quanto siano realmente. Tutto sembra unito con un ordine che forse non avreste mai pensato vi fosse. La stessa città in cui si vive, vista dall’alto, sembra più bella, più ordinata, più simmetrica.

Un versetto del salmo 121 ci dice che Gerusalemme «è costruita come una città raccolta in un corpo unico».

Perché il salmo 121 dice così? Per far capire quanto questa città sia riflesso del Paradiso. Tant’è che solitamente si parla di Gerusalemme terrestre e di Gerusalemme celeste.

Che il salmo alluda a questo è dimostrato dalle parole immediatamente successive che dicono: «...ad essa [Gerusalemme] salgono pellegrinando le tribù del Signore per lodare il tuo nome, Signore».

Insomma, la città di Gerusalemme è costruita bene (come un corpo unico) perché possa apparire come prefigurazione della vera patria: il Paradiso.

C’è una riflessione importante da fare: il dovere di aspirare a raggiungere la vera patria che è il Paradiso, l’obbligo di pensare che la felicità del Paradiso sia incommensurabilmente maggiore di ciò che si può sperimentare in questa vita, l’obbligo inoltre di rinunciare a tutto in questa vita pur di raggiungere il Paradiso, non vogliono dire disconoscere la bellezza della vita terrena. Anzi!

Vivendo per il Paradiso, non solo la vita terrena acquista significato e – come ci siamo detti più volte – genera un atteggiamento positivo nei confronti della vita stessa, rendendo più facile sopportare tutte le prove che questa vita comporta; ma vivere per il Paradiso, “costringe” anche ad adornare la propria vita terrena, cioè a sforzarsi di renderla bella.

Lo esige l’importanza dell’“appuntamento” a cui si è chiamati.

Lo esige il fatto che quando ci sarà la fine dei tempi, Gerusalemme non finirà, ma essa da terrestre diventerà celeste.

Questo mondo finirà senza dubbio, ma finirà nel senso che sarà trasformato e sublimato; nel senso che tutto ciò che si è vissuto in questa vita non verrà definitivamente perso.

Vedremo tutto dall’alto e tutto ci sembrerà bello. Anzi, vedremo più bello ciò che è già bello.

E se invece dovesse accadere il contrario... se nella vita abbiamo costruito la bruttezza morale, nel brutto affogheremo per l’eternità! Vedremo tutto dal basso; e la “città” dell’Inferno la scopriremo ancora più brutta di quanto l’abbiamo potuta immaginare.

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