RELIGIONE
La profezia di un grande Papa: la Chiesa sarà come Giobbe sofferente
dal Numero 5 del 31 gennaio 2021
di Fra’ Pietro Pio Pedalino

Una Chiesa povera di doni soprannaturali e di mezzi temporali. Messa a tacere e disprezzata dal mondo. Una Chiesa provata per permissione divina, come il giusto Giobbe, ma infine esaltata e ristabilita nella gloria che le spetta. Leggiamo dentro il mistero della profezia di san Gregorio Magno guardando con realismo al presente e con speranza al futuro.

L’abate olivetano Emmanuel André (17 ottobre 1826 - 31 marzo 1903), nel suo libro intitolato La Sainte Eglise, cita un significativo brano profetico di papa san Gregorio Magno il quale, nel suo commento morale a Giobbe (Moralia in Job), sostiene che arriverà un momento in cui «la Chiesa sarà come Giobbe sofferente, esposto alle perfide insinuazioni di sua moglie e alle critiche amare dei suoi amici; egli, davanti al quale gli anziani si alzavano e i principi tacevano! [...]. La Chiesa – dice più volte il grande Papa – verso la fine del suo pellegrinaggio, sarà privata del suo potere temporale; si cercherà di toglierle ogni punto d’appoggio sulla terra. Ma dice di più e dichiara che essa sarà spogliata dello sfarzo stesso che deriva dai doni soprannaturali. Il potere dei miracoli – dice – sarà ritirato, la grazia delle guarigioni tolta, la profezia sarà scomparsa, il dono di una lunga astinenza sarà diminuito, gli insegnamenti della dottrina taceranno, i prodigi miracolosi cesseranno.
Così dicendo non si vuole dire che non ci sarà più nulla di tutto questo; ma tutti questi segni non brilleranno più apertamente e sotto mille forme come nei primi secoli. Sarà anche l’occasione – spiega ancora il Pontefice – di un meraviglioso discernimento. In questo stato umiliato della Chiesa, aumenterà la ricompensa dei buoni, che aderiranno a lei unicamente in vista dei beni celesti; quanto ai malvagi, non vedendo più in lei alcuna attrattiva temporale, non avranno nulla da nascondere, si mostreranno quali sono (Moralia in Job, libro 35). Che parola terribile: taceranno gli insegnamenti della dottrina! San Gregorio proclamava altrove che la Chiesa preferisce morire che tacere. Dunque parlerà ancora ma il suo insegnamento sarà ostacolato, la sua voce coperta; molti di coloro che dovrebbero gridare sopra i tetti non oseranno farlo per paura degli uomini» (Padre Emmanuel André, La Sainte Eglise, Clovis 1997, p. 296).
Non è difficile, oggi, rispecchiarci in tutto ciò. Ai nostri giorni, infatti, la dottrina – come dice san Gregorio – tace, la voce della Chiesa è “silenziata” da insegnamenti eterodossi estranei al sano deposito e diffusi, ahimè, anche da molti che dovrebbero essere maestri della fede nella Chiesa; quei molti che dovrebbero gridare dai tetti e non lo fanno per timore degli uomini e cercano in ogni modo, invece, di stringere compromessi con chi non lavora a servizio del Regno di Cristo.
Per leggere dentro il mistero occorre, innanzitutto, capire che quanto sta avvenendo nella Chiesa non dipende da un suo difetto strutturale (in particolare dell’autorità gerarchica) ma da una misteriosa permissione di Dio che lascia libero (ma limitato) corso alla volontà deviata delle sue creature (angeli e uomini) a danno della Chiesa e dell’intero pianeta.
Questa lettura soprannaturale della crisi è presentata da san Gregorio Magno con un misterioso accostamento tra la condizione della Chiesa degli ultimi tempi e ciò che accadde al saggio Giobbe. “L’oscuramento” della Chiesa è figurato da quello di Giobbe che da uomo giusto, rispettabile e benestante fu mutato in un derelitto, abbandonato da tutti i suoi amici e persino dai suoi familiari; uno sventurato che vide la perdita dei suoi beni, del suo bestiame e persino dei suoi figli ma che, nonostante tutte queste sciagure, non smise mai di benedire il Signore e di tenere il suo sguardo rivolto a Lui in cui è la sorgente di ogni bene. Queste disgrazie, si badi, non piombarono su Giobbe a causa di qualche sua personale colpa – era giusto davanti a Dio e rispettabile – ma a causa della cattiveria del demonio che sfidò Dio promettendogli che se solo Egli avesse “allentato il suo guinzaglio” avrebbe potuto far allontanare facilmente Giobbe dalla via del bene rendendolo un ribelle a Dio.
I piani del demonio, però, non andarono a buon fine. Giobbe superò la prova e rese, con la sua perseveranza, lode e gloria a Dio il Quale conosceva l’integrità del cuore di questo giusto e sapeva che la sua fede avrebbe, alla fine, prevalso. Dopo la prova Dio non solo ristabilì Giobbe nella sua precedente condizione ma gli concesse il doppio di quanto aveva perso: «Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d’oro. Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni» (Gb 42,11-17).
Ciò che accadde a Giobbe accadrà anche, misticamente, alla Chiesa. Come il Signore si comportò con il patriarca così si comporterà anche con la sua Sposa, con quelli che le resteranno fedeli e che non fuggiranno davanti alla durezza dell’attuale situazione per gettarsi tra le braccia di chi promette benessere e tranquillità a prezzo del rinnegamento di Dio. Considerando, dunque, la parola profetica di san Gregorio Magno crediamo che la condizione nella quale la Chiesa si troverà in futuro risulterà persino migliore di quella precedente alla prova: Dio ristabilirà la Sposa di Cristo in tutto il suo splendore.
Tutto ciò che ella ha perso a causa della sua condizione umiliata ben descritta dal santo Pontefice le sarà restituito raddoppiato; anche quelli che l’hanno abbandonata torneranno a lei per consolarla e i suoi figli aumenteranno in numero e bellezza di virtù. La Chiesa prospererà fino a quando, “sazia di giorni”, il suo divino Sposo tornerà sulla terra per elevarla definitivamente alla gloria del Cielo: «Passate queste tribolazioni e queste angosce, Dio purificherà la santa Chiesa e risusciterà lo spirito dei suoi eletti con un mezzo che sfugge ad ogni previsione umana. Dopo di ciò avverrà nella Chiesa di Dio una riforma sì completa ed un rinnovamento sì felice nei santi Pastori, che al solo pensarvi il mio spirito esulta nel Signore. Come ve l’ho detto sovente, in altre occasioni, la Sposa di Cristo è oggidì quasi sfigurata e coperta di cenci, ma in allora diventerà risplendente di bellezza, sarà ornata di gioie preziose e coronata del diadema di tutte le virtù. La moltitudine dei popoli fedeli si rallegrerà nel vedersi arricchita di sì santi Pastori. Dal canto loro, le nazioni che sono fuori della Chiesa, attratte dal buon odore di Gesù Cristo, ritorneranno all’ovile della cattolicità e si convertiranno al vero Pastore e Vescovo di tutte le anime. Ringraziate dunque il Signore per questa profonda calma ch’Egli si degnerà di restituire alla Chiesa dopo questa tempesta» (1).
È, del resto, quanto la Madonna a Fatima ha predetto con certezza indefettibile: «Infine il mio Cuore Immacolato trionferà». In attesa di quel felice momento nessuno cessi di combattere in questa ora oscura e nessuno rinfoderi la sua spada ma, al contrario, «chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una» (Lc 22,36). 

Nota

1) Beato Raimondo da Capua, Vita di santa Caterina da Siena, Cantagalli, Siena 1978, p. 298.

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