ATTUALITÀ
Grammatica e rivoluzione
dal Numero 12 del 20 marzo 2022
di Lazzaro M. Celli

L’uso di asterischi, neutri e lettere inesistenti nell’alfabeto italiano soppianta maschili e femminili. è in corso una vera e propria riscrittura in chiave gender delle regole grammaticali, fortemente voluta dai movimenti LGBT. Sarebbe solo una ridicola assurdità, se non fosse stata adottata già in alcuni documenti ufficiali del Ministero dell’Istruzione e da alcune scuole italiane

Non è ancora noto al grande pubblico – e chissà se mai lo sarà – l’ultimo affondo dell’ideologia gender nel mondo della scuola. 

Questa volta la violenza ideologica ha preso di mira la grammatica. La cosa è tanto più grave in quanto il cambiamento grammaticale ha fatto la sua comparsa in alcuni documenti ministeriali, ancor prima che nelle aule scolastiche. 

Ma di cosa si tratta esattamente? Di una riscrittura in senso “inclusivo e non discriminatorio”, a cui, evidentemente, dovrà corrispondere una retta pronuncia. Per essere pratici, un insegnante entrando in classe non potrà più dire: «Cari alunni, buongiorno», ma: «Car alunn, buongiorno», oppure: «Caru alunnu, buongiorno», o ancora: «Car?, alunn?, buongiorno», dove la e capovolta «?» è un simbolo grafico usato per denotare l’assenza di vocale, denominato schwa.

Quello che sembrerebbe un gioco per ragazzini è, per il momento, l’ultima frontiera della follia ideologica secondo la quale dire «Cari alunni», usando in tal modo il maschile plurale, sarebbe discriminatorio nei confronti delle femminucce, o di chi si sente “neutro”...

Possibile che il livello culturale dei promotori di questa iniziativa sia così povero da ritenere che la discriminazione sia una questione di forma e non di sostanza? È proprio così difficile comprendere che «l’inclusività» sia una conseguenza dell’educazione familiare prima, e culturale poi, e non una questione di desinenze? 

Di questa iniziativa colpiscono due cose. La prima è la modalità silenziosa con cui ha avuto corso, senza un dibattito vero all’insegna del pluralismo, che rende sempre più chiara la definitiva scomparsa degli ultimi residui di parvenza di democrazia. Ad onor del vero, va precisato che il dibattito democratico ha già da tempo consegnato le sue dimissioni, considerato il quasi monopolio della gestione dei mezzi d’informazione, allineati con il pensiero unico dell’agenda mondialista. 

Il secondo aspetto riguarda la violenza insita nell’imposizione. La riscrittura della grammatica, infatti, senza una discussione sulla sua opportunità, sul suo significato e senso, può solo essere imposta. L’imposizione, in questo caso, è percepita come portatrice di una carica di aggressività non dissimile da quella usata dai governi che, per ottenere determinati scopi, ricorrono alla forma del ricatto. Pensiamo, ad esempio, alla triste realtà di chi è stato sospeso dal lavoro perché ha legittimamente scelto di non vaccinarsi. 

Le due questioni potrebbero apparire distanti tra loro, in realtà hanno la medesima radice: sono la prova della fine della democrazia: l’una segna la fine della libera scelta di non allinearsi all’ideologia gender; l’altra impedisce di scegliere il modo migliore di curare la propria salute. 

Tutto questo sta accadendo perché qualcosa che somiglia ad un colpo di Stato silenzioso sta trasformando la nostra democrazia fatiscente in un’oligarchia di potere, della quale siamo tutti succubi. A loro volta, politici proni al fascino delle poltrone, ormai incapaci di uno scatto di dignità che restituisca alla politica il ruolo di servizio al popolo, si lasciano manovrare da un’élite finanziaria che ha deciso di riscrivere, non la grammatica, ma il futuro dei popoli. 

E forse, e senza forse, questa è anche la chiave di lettura per comprendere le vere ragioni del conflitto russo/ucraino.

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