VITA DELLA CHIESA
Tanquam scintillae in arundineto
dal Numero 29 del 20 luglio 2014
di Suor M. Cecilia Pia Manelli, FI

Un primo importante traguardo è stato segnato per il processo di canonizzazione dei coniugi Settimio e Licia Manelli! Si è conclusa positivamente l’Inchiesta diocesana con l’impressione del sigillo della Chiesa a conferma della validità della documentazione raccolta sulle virtù eroiche dei due Servi di Dio.

Il 27 giugno, giorno in cui ricorre la Solennità del Sacro Cuore di Gesù, il coro terrestre si è unito a quello celeste nel ringraziare Dio onnipotente per il dono dei due coniugi, Servi di Dio, Settimio Manelli e Licia Gualandris, dei quali si è conclusa l’Inchiesta diocesana per la Beatificazione e Canonizzazione. Essa ebbe inizio il 20 dicembre 2010. Dopo poco più di un mese, il Tribunale Ordinario della Diocesi di Roma avviò l’escussione dei testimoni, conclusasi nel mese di luglio 2012. L’esito positivo dell’esame degli scritti svolto dai Censori teologi e l’ottima relazione presentata dalla Commissione storica ha fatto sì che l’indagine sulla vita e le virtù dei Servi di Dio, nonché sulla loro fama di santità, procedesse senza interruzione. Il 29 ottobre 2013, a conclusione dei lavori, il Tribunale diocesano ha visitato la tomba dei due Coniugi, ubicata nella cripta del Santuario della Beata Vergine del Buon Consiglio in Frigento (AV), e ha dichiarato, come richiesto dalla normativa canonica, l’assenza di culto pubblico.
Una Santa Messa solenne ha aperto la straordinaria giornata del 27 giugno. Nella Cappella del Coro, in san Giovanni in Laterano, Padre Stefano M. Manelli ha celebrato la Santa Messa solenne, assistito dai due concelebranti padre Settimio M. Manelli e padre Giovanni M. Manelli. Grande è stata la partecipazione: in primis da parte dei parenti, in particolare i figli ancora viventi dei due Coniugi, tanti nipoti, amici e benefattori. A loro si sono unite numerose Suore convenute da varie comunità d’Italia. Padre Stefano nell’omelia ha messo in luce il “segreto” della santità di Settimio e Licia: l’accettazione gioiosa e perseverante della Volontà di Dio, a cominciare dalla vita personale, attraverso i classici mezzi di santificazione (preghiera, meditazione, frequenza ai Sacramenti), e poi la serena accoglienza di ogni maternità e la continua dedizione alla numerosa famiglia. Ha sottolineato, inoltre, il grande amore per la Parola di Dio che i Coniugi avevano e coltivavano quotidianamente con la lettura assidua del santo Vangelo, tanto che Papà Settimio era arrivato a citarlo a memoria in ogni discorso e conversazione.
Subito dopo la Santa Messa tutti i convenuti si sono recati in una sala del Tribunale diocesano, nel Palazzo Lateranense, per la sessione di chiusura dell’Inchiesta. Al centro dell’aula il tavolo destinato ai membri del Tribunale diocesano di Roma, a lato un tavolo sul quale erano poste molte cartelle contenenti tutti i documenti raccolti come testimonianze delle virtù eroiche di Papà Settimio e Mamma Licia. Dopo un canto iniziale, il Notaio ha offerto una prolusione nella quale ha ufficialmente presentato in breve l’excursus storico del processo, mettendo in risalto più volte come i due Coniugi abbiano praticato le virtù in grado eroico, così come risulta dalle numerose testimonianze raccolte in questi ultimi anni. È stata poi la volta del Presidente della Commissione, Mons. Slawomir Oder. Egli ha ripercorso velocemente i tratti biografici più salienti dei due Servi di Dio, sottolineando alcuni punti che hanno segnato in modo indelebile la loro esistenza terrena. Innanzitutto il dono di una guida spirituale eccezionale, quella di San Pio da Pietrelcina, durata per oltre quarant’anni, fino alla morte del Santo. Grazie alla direzione dello Stigmatizzato del Gargano, i due Servi di Dio hanno potuto condurre a perfezione la loro vita cristiana, nel compimento dei loro doveri quotidiani di coniugi e genitori, portando a frutto tutti i talenti di cui Dio li aveva arricchiti. In secondo luogo, la numerosa famiglia da essi voluta in obbedienza e amore alla Volontà di Dio, vivendo da coniugi radicati nel Vangelo, sempre aperti alla vita che è dono del «Dio dei vivi e non dei morti» (Mc 12,26-27), come sempre amava ripetere Papà Settimio. Alla società contemporanea, abortista e divorzista, dominata dalla cultura della morte, i coniugi Settimio e Licia hanno offerto e continuano ad offrire un modello sublime di amore alla famiglia e ai valori che l’amore coniugale porta con sé. Come «albero piantato lungo corsi d’acqua» (Sal 1,3), la fama di santità dei due Servi di Dio si è diffusa notevolmente in diverse parti del mondo. Molti fedeli si recano sulla loro tomba a pregare per ottenere grazie e benedizioni implorando in modo particolare l’aiuto e l’illuminazione per poter crescere ed educare santamente i propri figli. Sono molti i coniugi che si rivolgono a loro per avere il dono di un figlio e molti di essi sono stati esauditi.
La cerimonia solenne si è conclusa con l’imposizione del sigillo di cera lacca sulle cartelle contenenti le testimonianze sui due Coniugi. È stato un momento molto toccante e significativo: lo sciogliere la cera sul nastro rosso che stringeva le cartelle e poi l’imprimere su di esso il sigillo simboleggiava visibilmente il sigillo della Chiesa che confermava de visu e de facto la validità della documentazione raccolta durante le indagini svolte e l’assenza di ostacoli al prosieguo della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Papà Settimio e Mamma Licia.
Prima del congedo, il figlio Padre Stefano è stato invitato ad offrire un pensiero finale: egli ha mostrato che sebbene oggi la santificazione della famiglia venga considerata difficile e addirittura impossibile da raggiungere, in realtà essa è possibile e raggiungibile con la grazia di Dio e la corrispondenza dell’uomo. I coniugi Settimio e Licia lo hanno dimostrato con la loro vita e i loro esempi, che tutti i coniugi sono chiamati ad imitare, fiduciosi nella infinita misericordia di Dio.
Settimio e Licia hanno realizzato quelle ispirate parole della Sacra Scrittura: «Fulgebunt justi et tanquam scintillae in arundineto discurrent» (Sap 3,7). Hanno vissuto come scintille che hanno incendiato e continuano ad incendiare la società con i loro esempi di santità e di totale amore a Dio, il Dio della vita.

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