ATTUALITÀ
L’arma magica dei comunisti cinesi: il Fronte Unito
dal Numero 41 del 25 ottobre 2020
di Pietro Maria Nieri

L’Occidente è in allerta: dietro le molteplici relazioni con enti e aziende cinesi c’è o ci potrebbe essere una regia che avvalendosi di immense disponibilità economiche mira a rendere il mondo sempre più interdipendente con il colosso cinese. è questo uno degli scopi principali del Dipartimento di Lavoro del Fronte Unito.

«Il Fronte Unito... è un’importante arma magica per rafforzare la posizione di governo del partito e la sua base fra le masse... per raccogliere i cuori e le forze della gente... per far trionfare la causa rivoluzionaria... è un’importante arma magica per realizzare il sogno cinese». Queste le parole di Xi Jinping in un incontro governativo del 2015.

Ma cos’è quest’arma magica? In estrema sintesi si tratta di una strategia di cooptazione e influenza con cui il Partito Comunista Cinese (PCC) in patria penetra e controlla la società civile e all’estero influenza le classi dirigenti locali e si avvale della diaspora cinese per operazioni di vario genere. Il tutto avviene sotto il coordinamento del Dipartimento di Lavoro del Fronte Unito (DLFU), un corpo centrale del Partito, che peraltro ha sempre più potere anche sulla sfera religiosa.

Come funziona? Semplice, il PCC tramite funzionari specializzati recluta o rende organici ai suoi disegni uomini e donne che non sono iscritti o militanti comunisti – mira per così dire a rappresentanti della società civile – ma che sono interessati a fare fronte comune con il Partito «nell’avanzamento della democrazia» (in salsa leninista) dello sviluppo economico e nella «causa patriottica», interesse alle volte genuino e altre volte prezzolato. Chi sono questi agenti più o meno consapevoli o forzati? Politici degli otto partiti minori permessi nella Repubblica Popolare, economisti di think-tank, religiosi delle associazioni ufficiali, studenti cinesi all’estero, istituzioni culturali di esportazione della lingua mandarina, associazioni per la riunificazione con Taiwan, gruppi di amicizia internazionale insediati ovunque nel mondo, imprenditori occidentali, Tv e radio dedicati alle comunità della diaspora (ad esempio in Australia, USA ed Europa), rappresentanti di minoranze etniche delle regioni periferiche cinesi. Parliamo insomma di una rete immensa che avvolge l’intero globo.

Le operazioni del Fronte Unito non sono necessariamente illegali o pericolose, spesso sono però riservate e mirano a costruire buone relazioni con i target stranieri e invece nella terra del dragone mirano a integrare diversi gruppi sociali secondo il principio della società armonica, una delle basi del pensiero di Xi. Monitorare, cooptare, integrare, manovrare: queste le linee di azione del Fronte Unito.

È importante inoltre sapere che – indipendentemente dalle azioni direttamente attribuibili al Dipartimento – ogni organismo statuale e partitico cinese utilizza queste tecniche. Di solito però i soggetti di questa rete, anche se scoperti, negano l’appartenenza al Fronte Unito. E per questo i servizi di sicurezza e le diplomazie occidentali sono in allerta: dietro ogni relazione con enti, aziende, associazioni cinesi c’è o ci potrebbe essere una regia che avvalendosi di immense disponibilità economiche mira a rendere il mondo sempre più interdipendente con il colosso asiatico.

Un po’ di storia ci aiuterà a inquadrare meglio questa realtà poco conosciuta. Il PCC aveva già sperimentato la tattica del Fronte Unito alla fine degli anni ’20 con i nazionalisti del Kuomingtang (KMT) per combattere i signori della guerra delle province cinesi, una sorta di feudatari con piccoli eserciti propri che si opponevano alla creazione di una repubblica unitaria cinese. È curioso leggere in un documento programmatico del 1922 che l’obiettivo era – una volta sconfitti i “feudali” – far fuori anche i borghesi. E infatti la lotta al KMT iniziò subito dopo e si protrasse fino all’invasione giapponese. Allora ci fu un secondo Fronte Unito in cui il PCC da un lato mandò i nazionalisti a combattere l’esercito nipponico tenendosi le linee militarmente meno rischiose, dall’altro infiltrò lo stesso KMT e le popolazioni delle regioni in cui il partito nazionalista era attivo. Così appena finita la seconda Guerra mondiale, la vittoria rossa fu a portata di mano. Il modello operativo in fondo è di tipo leninista e da un punto di vista culturale lo abbiamo visto anche in Italia dove, presentandosi il PCI come alfiere di un futuro giusto e inevitabile, molti cattolici si prestarono a fare da utili idioti del Comunismo, con il risultato della egemonia culturale marxista in università, giornali, cinema, arti, sindacati e persino in settori ecclesiali. Oggi una strategia egemonica mondiale avanza su coordinate simili.

Degli esempi ci aiuteranno a capire meglio: un senatore del Partito Laburista Australiano, Sam Dastyari, è stato costretto a dimettersi un paio di anni fa perché si era pericolosamente esposto in discorsi pro-Cina su delicate questioni territoriali e aveva ricevuto finanziamenti dubbi da un uomo d’affari cinese, Huang Xiangmo (1), emissario del Fronte Unito in terra australe. Il politico del Labour era arrivato ad avvisarlo che probabilmente c’era una azione di controspionaggio su di lui e che doveva stare attento a usare il telefono cellulare.

Il britannico Nirj Deva, membro del Parlamento Europeo per il partito conservatore, peraltro vicino anche al mondo cattolico, si è speso più volte per spingere altri colleghi del Parlamento di Bruxelles a supportare l’azienda tecnologica cinese Huawei e le politiche repressive in Tibet. Negli anni però si è scoperto che aveva fatto numerosi viaggi di lusso in Cina totalmente spesati dal Partito Comunista Cinese, anche perché Nirj Deva era il Presidente del Gruppo Parlamentare Europeo di amicizia con la Cina, strettamente legato al Fronte Unito.

In Italia numerosi politici di ogni schieramento – dalla Lega al PD, passando per il M5S e la Sinistra radicale – intrattengono relazioni con organizzazioni e associazioni cinesi che lavorano a un avvicinamento sistemico dei due Paesi. Alcune di queste realtà sono direttamente legate al DLFU.

Il sistema del Fronte Unito poi è fondamentale anche per i piani di trasferimento tecnologico legale e illecito della RPC. I suoi funzionari schedano e monitorano i talenti cinesi emigrati per studiare materie scientifiche e tecnologiche all’estero per poi cooptarli e acquisire informazioni o conoscenze utili al partito. Per esempio l’Associazione studiosi ritornati da Occidente del DLFU gestisce l’associazione ufficiale per i partecipanti al Thousand Talents Plan, che è un programma di reclutamento di talenti fra gli scienziati all’estero. Inoltre il ministro cinese della Scienza e della Tecnologia dal 2007 al 2018 è stato anche un funzionario senior del Fronte Unito e presidente del Zhi Gong Party, che è un partito minore cinese supervisionato proprio dal Fronte e che recluta i suoi membri dai cinesi ritornati dall’estero.

Infine, a seguito del piano di Xi Jinping di sinicizzare le religioni e delle conseguenti modifiche normative e costituzionali, dal 2018 il Dipartimento di Lavoro del Fronte Unito controlla anche le religioni tra cui la chiesa “cattolica patriottica”, ossia l’associazione scismatica con cui la Santa Sede sta dialogando per trovare un cammino di riunificazione, anche se al prezzo altissimo della ulteriore repressione dei cattolici clandestini, quelli da sempre fedeli a Roma.

Eppure le reazioni mondiali alla repressione contro i cittadini di Hong Kong e il disastro della pandemia da Covid hanno in pochi mesi cancellato molti dei successi del Fronte Unito in tutto il pianeta. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. 

Nota

1) Per chi vuole approfondire è consigliata la lettura dello studio di Alex Joske del centro studi australiano ASPI, dal titolo: Il partito parla per te.

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