MARIA SS.
La Vergine di Guadalupe. Sulle tracce del dogma dell’Immacolata
dal Numero 45 del 5 dicembre 2021
del Padre Ambrogio M. Canavesi

L’immagine, il nome, il contesto, la storia... tutto nell’apparizione di Guadalupe concorre a metterci innanzi al meraviglioso mistero dell’Immacolata Concezione di Maria.

Non vi è dubbio che l’Avvento sia un periodo di penitenza, ma, soprattutto dopo la riforma liturgica, la Chiesa ha esplicitato come questa penitenza sia da vivere soprattutto come un’“attesa”, come il periodo di aspettativa del Messia. Per questo l’Avvento ha un carattere fortemente mariano – volendo essere un periodo di attesa con Maria e sul modello di Maria gestante – e non è un caso che in questa preparazione al Natale cadano molte feste mariane. Queste però si raggruppano con una speciale densità attorno alla festa dell’Immacolata Concezione, la quale è seguita dopo pochi giorni dalla festa della Madonna di Loreto (10 dicembre), fortemente sentita in Italia, e da quella della Madonna di Guadalupe (12 dicembre), patrona del continente americano e titolare di un santuario in Messico che attira ogni anno milioni di pellegrini, risultando il santuario mariano più frequentato al mondo. 

 

Il 9 dicembre 1531

Cosa sia successo tra il 9 e il 12 dicembre dell’anno 1531 sul colle del Tepeyac (“il colle prominente”) presso un piccolo villaggio (Cuauhtitlan) a nord dell’allora Tenochtitlan – l’attuale Città del Messico – è cosa rinomata in tutto il mondo. Il cinquantenne azteco Cuauhtlatoatzin – battezzato sette anni prima con il nome di Juan Diego – nella mattina di sabato 9 dicembre si stava recando presso la chiesa dei missionari francescani quando, all’altezza del noto colle, udì un canto melodioso di uccelli, e una voce che lo chiamava con il suo nome. Asceso rapidamente sulla cima incontrò una Signora rilucente come il sole, che gli si presentò come “la perfetta Sempre Vergine Maria, Madre del verissimo e unico Dio”. Caduto in ginocchio davanti a Lei, questa gli rivelò il senso di quell’apparizione: voleva che proprio in quel luogo le fosse dedicato un tempio e, per questa ragione, ordinò a Juan Diego di recarsi dal vescovo. Il semplice contadino non temette di recarsi da monsignor Juan de Zumarraga, ma questi non credette al racconto di Juan Diego. 

Rientrando a casa verso sera, di nuovo sul colle del Tepeyac l’azteco cristiano incontrò la “Signora”: le confidò l’insuccesso e chiese di essere dispensato dall’incarico, ma la Madonna gli rinnovò la commissione. La mattina seguente – domenica 10 dicembre – dopo aver partecipato alla Santa Messa, si recò nuovamente dal vescovo e, in ginocchio con le lacrime agli occhi, ripeté la volontà della Signora. Juan de Zumarraga gli fece molte domande e gli chiese un segno che attestasse l’autenticità di questa apparizione. Nel frattempo lo fece seguire da alcuni servi che – perdendolo di vista – tornarono dal vescovo, tacciando come visionario il cinquantenne azteco. La Signora del Tepeyac la sera stessa di domenica apparve di nuovo a Juan Diego e gli promise un segno per l’indomani... senonché proprio la mattina dell’11 dicembre lo zio, Juan Bernardino, si ammalò così gravemente da impedire a Juan Diego di recarsi al Tepeyac. 

Verso sera però lo zio lo pregò di recarsi l’indomani a cercare un sacerdote per la Confessione. Juan Diego la mattina del 12 dicembre uscì assai presto di casa e, per non perdere tempo, preferì non passare per la solita strada, così da evitare la Signora del Tepeyac. Ma questa, nonostante gli espedienti dell’azteco, gli si parò davanti lo stesso, gli rivelò che lo zio era già guarito e gli chiese di recarsi sulla sommità del Tepeyac, dove avrebbe trovato delle rose di castiglia – fiorite fuori stagione su quella pietraia desolata – da portare al vescovo. L’indio effettivamente trovò il segno indicatogli dalla Madonna, raccolse i fiori nel suo mantello – una grezza “tilma” – e li portò al palazzo episcopale. I familiari del vescovo de Zumarraga lo fecero aspettare ben a lungo ma, sbirciando nella tilma di Juan Diego e vedendo quei fiori miracolosi, decisero di farlo entrare. L’indio davanti al vescovo aprì la sua tilma ma, anziché uscirne i fiori raccolti, subitaneamente sul suo mantello si disegnò e si manifestò a tutti l’immagine della Vergine Santa. Dinanzi al prodigio, il vescovo si inginocchiò con tutti i presenti, espose la tilma nella sua cappella per venerarla e poi chiese a Juan Diego i particolari su come attuare la costruzione della nuova cappella. 

Tornato a casa pieno di felicità per aver compiuto la missione, Juan Diego constatò che in effetti lo zio Juan Bernardino era guarito perfettamente grazie ad un’apparizione di una Signora del Cielo che gli si era presentata come “Perfetta Vergine Santa Maria di Guadalupe”. Anche il racconto del miracolato fu ascoltato dal vescovo, che già il 26 dicembre del 1531 fu in grado di completare la costruzione della cappella, dove fu collocata la tilma, e presso la quale san Juan Diego condusse fino alla fine dei suoi giorni una vita eremitica al servizio del culto di “Nostra Signora di Guadalupe” e dei pellegrini che sempre più numerosi accorsero. 

 

Non fatta da mano d’uomo

Al centro del culto del santuario di Nostra Signora di Guadalupe sta certamente la miracolosa tilma – un grezzo mantello di fibra di ayate – sulla quale miracolosamente si impresse l’immagine della Madonna, rappresentata come una Donna vestita con un ricco abito decorato, un mantello con impresse delle stelle e tutta rilucente dalla sua persona. I suoi piedi poggiano poi su una mezzaluna, al di sotto del quale un angelo in qualche modo le sistema la veste. L’immagine fin da subito fu oggetto di attenzioni e di resoconti dettagliati, e già a partire dal XVII secolo di indagini scientifiche volte a scoprirne l’origine. 

Al di là di poche voci contrarie, l’opinione generale fu che si trattava di un’immagine acheropita – ovvero “non dipinta da mani d’uomo” – e le indagini condotte nel XX secolo con tecniche scientifiche e macchinari tecnologicamente evoluti non ha fatto che confermare l’origine soprannaturale e scoprire ulteriori particolari sorprendenti. In particolare fu da subito chiaro e ulteriormente confermato dai moderni studi, che sulle fibre della tilma non sia stato sovrapposto alcun pigmento, ovvero non siano dipinte, ma abbiano come cambiato colore in se stesse. Le stesse tecniche infrarosse hanno poi permesso di appurare che, successivamente, qualche pittore sia intervenuto sulla tilma in alcuni particolari secondari. 

Non vogliamo qui esporre tutti gli argomenti, ma sottolineare solo quegli aspetti che ci aiutano a ricondurre questa immagine miracolosa al mistero più sublime della Vergine Madre di Dio, ovvero la sua Immacolata Concezione. Come ben sappiamo, infatti, Maria Santissima fu, per singolare privilegio di Dio, l’unica creatura umana ad essere generata senza il peccato originale e le sue conseguenze, e così a non essere sottomessa alla schiavitù della carne (ovvero la concupiscenza disordinata) e del demonio. Lei è cioè la Donna che schiaccia la testa al serpente, da Dio stesso promessa all’umanità dopo la caduta nel peccato originale (cf. Gen 3,15). Ora, il primo indizio che ci porta a ricollegare questa immagine al dogma dell’Immacolata Concezione è proprio la sua origine miracolosa, il suo essere acheropita, “non fatta da mani d’uomo”. Per quanto Maria Santissima fosse vera figlia di sant’Anna e san Gioacchino, la sua concezione fu del tutto particolare, in quanto Dio intervenne miracolosamente per impedire che il peccato originale infettasse la sua natura umana, così come succede per ogni uomo dopo Adamo ed Eva. 

In tal senso l’Immacolata Concezione è una Donna “non fatta da mano d’uomo”, ma dalla mano di Dio stesso, e il peccato originale non si è sovrapposto alla sua natura umana, così come nessun pigmento è stato apposto alle fibre della tilma: 

l’Immacolata Concezione è la Donna ideale, è l’esempio di creatura umana perfetta uscita dalle mani del Creatore senza che il peccato originale si sovrapponesse a rovinare la sua perfetta e stupenda immagine.

 

La Donna vestita di sole

È vero che l’iconografia della Madonna di Guadalupe non rimanda all’iconografia classica dell’Immacolata Concezione, che con il suo piede schiaccia la testa del serpente che tenta di avvolgere il mondo con il suo corpo sinuoso. Più che alla “Donna” di Genesi 3,15, la tilma di Guadalupe rimanda alla “Donna vestita di sole e con la luna sotto i suoi piedi” di Apocalisse 12,1, la quale è spesso segnalata invece in relazione all’Assunta, in quanto citata anche da Pio XII nella Munificentissimus Deus, la bolla con cui nel 1950 proclamò il dogma dell’Assunzione in Cielo di Maria in anima e corpo. Non è comunque solo il mutuo richiamo tra i dogmi mariani che ci convince ad affermare che Nostra Signora di Guadalupe rappresenta l’Immacolata Concezione, ma anche la constatazione che leggendo bene il capitolo 12 dell’Apocalisse, questa “donna vestita di sole” ha chiaramente a che fare con il privilegio dell’Immacolata Concezione. Nella sua lotta continua e spaventosa contro il dragone si intravede infatti la sua totale opposizione al peccato e la sua lotta, in nome della sua discendenza, contro Satana, il serpente antico, che la insidia. Infatti Maria Santissima, in forza del privilegio dell’Immacolata Concezione, era priva non solo del peccato originale ma anche di quella inclinazione interna al male che si chiama concupiscenza. Maria dunque non poteva peccare e in effetti la sua vita fu uno spettacolo di grazia, che non fu minimamente distrutto da qualsiasi forma di peccato, fosse esso originale o personale, mortale o veniale. Maria è, in altre parole, l’anti-peccato. Inoltre questa sua libertà interiore dalla schiavitù del peccato la rende totalmente pronta – sull’esempio di Cristo – a lottare con tutte le sue forze contro Satana, ovvero contro quel dragone che nell’Apocalisse tormenta la “Donna vestita di sole”. Lei infatti è chiamata da Dio stesso a essere l’avversaria principale di Satana, Colei che gli schiaccia la testa, mentre il serpente antico tenta invano di insidiarle il calcagno... “invano” perché per il privilegio dell’Immacolata Concezione in alcun modo la Santissima Madre di Dio poté peccare.

 

Che non sia il Paradiso terrestre

Tra i particolari della prima apparizione di Maria Santissima al contadino Juan Diego alle falde del Tepeyac c’è quello – spesso rimasto in ombra – dei suoni celestiali uditi dal cinquantenne azteco. Prima infatti che la Madonna gli apparisse, san Juan Diego, passando sulla strada che correva ai piedi del colle, sentì e fu attratto da dei piacevolissimi versi di uccelli mai uditi prima e che il primo resoconto degli eventi – il celebre Nican Mopohua scritto in lingua nahuatl da Antonio Valeriano – così descrive: «Il loro canto, veramente delicato e piacevole, sorpassa quello del coyoltototl e del tzinizcan e di altri uccelli». A quel punto l’indio si fermò e chiese a se stesso: “Mi sono veramente svegliato? Dove sono? Forse nel paradiso di fiori e grani, del quale parlavano i nostri antenati? Forse già in Paradiso?”. Proprio a quel punto incominciò l’ascesa del colle, e fu fermato dalla voce della Vergine che lo chiamò per nome e gli comunicò il suo messaggio. 

Interessante il particolare di questi canti di uccelli che sembrano quasi usciti dal Paradiso terrestre, in quanto ciò ha una relazione con l’Immacolata Concezione. Il privilegio dell’Immacolata Concezione – in un certo senso – è la risposta più convinta di Dio contro il peccato originale e le sue conseguenze, la mossa decisiva per annullare i suoi terribili effetti e conseguenze. La caduta nel peccato mortale infatti si scontra con la grazia perfetta di Maria – ottenuta certo preventivamente per i meriti della Redenzione di Cristo – mentre l’esenzione dalla concupiscenza – cioè dai moti disordinati della carne – si specchia antagonisticamente nel disordine introdotto dal peccato nell’anima umana. Ma il peccato originale ebbe anche conseguenze esterne all’anima umana, come la chiusura del Paradiso terrestre e il disordine che si instaurò nel mondo, persino tra le stesse bestie irrazionali. Sembra infatti che nell’Eden le bestie non si predassero l’un l’altra, ma avessero sufficiente nutrimento per vivere in armonia tra loro: per questo san Paolo dice che in questo disordine anche la creazione geme in attesa della Redenzione. Ora, con la Redenzione di Cristo, Dio non ha voluto portare rimedio anche a questo effetto esterno del peccato originale, ma è vero che le anime sante, come san Francesco, hanno sperimentato un potere di ricondurre anche la natura esterna a una certa armonia: per questo san Francesco poteva comandare al lupo di Gubbio o sant’Antonio predicare ai pesci. 

Quest’armonia paradisiaca di canti di uccelli attorno alla Vergine di Guadalupe è dunque un segno evidente della sua Immacolata Concezione, ovvero di un ordine interiore talmente perfetto – sotto l’impero della grazia santificante – da espandersi all’esterno e coinvolgere le creature irrazionali. 

 

Il mistero del nome

La questione più importante da trattare è però proprio quella del nome con cui si presenta la Vergine. A san Juan Diego la Madonna si presentava in ogni occasione come la “perfetta Vergine Madre di Dio”, senza fornire un nome particolare. L’accenno alla “perfezione” già potrebbe essere un’allusione alla sua Immacolata Concezione, ma ben più interessante è seguire la storia del titolo “Guadalupe”. Juan Bernardino, lo zio miracolato del veggente, invece, quando fu convocato al palazzo episcopale per esporre il miracolo operato sul suo corpo, tramite il traduttore Juan Gonzalez, affermò che Ella si era nominata: “La perfetta Vergine Santa Maria di Guadalupe”. Fidandosi delle parole di Juan Bernardino e volendo compiere la volontà della Madonna, in effetti il vescovo Juan de Zumarraga consacrò la nuova cappella proprio sotto questo titolo. 

Anche se per cento anni non furono elevati seri dubbi su questo titolo – e soprattutto su Guadalupe – nel 1666 in occasione di un’inchiesta ufficiale sui miracoli cominciarono a circolare incertezze su quanto Juan Bernardino aveva dichiarato. In particolare il nome di “Guadalupe” risultava abbastanza singolare. Di per sé Nostra Signora di Guadalupe era il nome di un santuario spagnolo in Extremadura, retto dai padri francescani e che custodiva una statua dell’Immacolata Concezione. Perché questo riferimento così strano? Possibile che la Madonna volesse “copiare” il nome di un altro santuario per la cappella che chiedeva a sua devozione? A questi dubbi si aggiunsero anche constatazioni linguistiche: il nome “Guadalupe”, di origine araba, a causa delle lettere “d” e “g” risultava difficilmente pronunciabile dagli aztechi che parlavano in nahuatl. Possibile che la Madonna avesse scelto proprio questo nome e avesse imposto a Juan Bernardino di rivelarlo? In tal senso lo studioso Becera Terro dedicò molta attenzione a questa parola, ipotizzando che il traduttore – Juan Gonzalez – non avesse compreso precisamente il titolo fornito dallo zio di Juan Diego in nahuatl, e lo avesse convertito – come spesso succedeva – nella parola spagnola a cui più assomigliava. Se poi si aggiunge che Juan Gonzalez veniva proprio dall’Extremadura, si capisce perché proprio a quel santuario avesse fatto riferimento. In ogni caso l’ipotesi del Becera Terro divenne presto una verità accettata da tutti, mentre restava il grande compito di individuare la parola originale usata dalla Vergine a partire dal fraintendimento tra il miracolato e il traduttore.

 

La Donna che schiaccia la testa al serpente

Il suddetto studioso nel XVII secolo avanzò due ipotesi: “Tequatlanopeuh”, che significherebbe “Colei che è stata originata alla sommità della roccia”, oppure “Tequantlaxopeuh”, ovvero “Colei che ci salvò dal divoratore”. Quest’ultima divenne un’opinione piuttosto condivisa per almeno due secoli, fino a quando nel 1895 il professore Mariano Jacobo Rojas, sostenne piuttosto che la parola usata dalla Vergine sarebbe stata “Coatlaxopeuh”, ovvero “Colei che schiaccia la testa del serpente”. Nel corso del XX secolo un’altra ipotesi alternativa è sorta dalla constatazione di come la Madonna, nel contesto di un’apparizione a due indios convertiti, difficilmente avrebbe potuto fare un’allusione così negativa alla religione azteca: per questo per Mario Rojas Sanchez, il significato sarebbe piuttosto “Colei che procede dalla regione della luce, come un’aquila di fuoco” (Tlecuautlapcupeuh), il che sembrerebbe invece un’allusione positiva alle tradizioni azteche, in quanto luce e fuoco sono simboli della divinità. 

Se quest’ultima ipotesi sconta un po’ del clima attuale di irenismo religioso e la prima invece sarebbe una mera indicazione geografica, va detto che nel corso della storia le due interpretazioni più seguite sono quelle che vedono nella parola della Vergine un’allusione alla sua Immacolata Concezione e, al contempo, alla liberazione dal sanguinario culto azteco. 

La Vergine infatti presentandosi come “Colei che schiaccia la testa al serpente” fa evidentemente riferimento al protovangelo di Gen 3,15, e alla promessa di Dio che la Madonna con la sua stirpe, ovvero Gesù, avrebbe liberato l’uomo dalla schiavitù di Satana, il “divoratore”. 

E questo non è altro che il dogma dell’Immacolata Concezione per cui la Madonna, in virtù del suo privilegio di esenzione dal peccato originale, non deve essere liberata dal peccato ma collabora con Gesù alla Redenzione. 

D’altronde non sembra in torto chi vi vede una chiara allusione negativa alla religione azteca: i culti dei popoli precolombiani – almeno poco prima dell’arrivo degli spagnoli – erano culti idolatrici e sanguinari che prevedevano il sacrificio umano, in proporzioni talvolta straordinarie, fino a uccidere decine di migliaia di uomini alla volta. La Madonna allora è Colei che ha liberato il Continente americano da questa piaga del sacrificio umano, per cui gli uomini venivano sacrificati al “divoratore”. Tale allusione è ancora più evidente se si tiene presente che nella religione azteca uno degli dèi più importanti – e a cui venivano indirizzati molti sacrifici – era Quetzalcoatl, il serpente piumato. Dunque la Vergine di Guadalupe è Colei che schiaccia la testa al demonio ma anche ai tanti idoli che – come il serpente piumato – erano divoratori di vite umane nella logica di un’idolatria disumana.

 

I Francescani, l’Immacolata, Guadalupe

Se molti seguono l’ipotesi del fraintendimento tra Juan Bernardino e l’interprete, va detto che alcuni studiosi sostengono che non sia del tutto improbabile che veramente la Madonna abbia voluto presentarsi sotto il titolo di Vergine di Guadalupe. Il santuario e il culto della Madonna di Guadalupe in Spagna – o più precisamente in Extremadura – è legato a un avvenimento prodigioso del XIV secolo: a un pastore di Caceres, Gil Cordero, apparve la Vergine Santa che ne indirizzò i passi verso il fiume Guadalupe, e gli chiese di scavare in quel luogo. Dallo scavo del pastore riemerse una statua legata alla millenaria storia di fede della penisola iberica: secondo la tradizione infatti questa statua della Madonna sarebbe stata opera di san Luca stesso e venerata per lungo tempo a Bisanzio. Papa Gregorio Magno – e qui siamo già nella storia più accertata – la donò a Leandro, arcivescovo di Siviglia, proprio nel periodo in cui i visigoti si convertivano al Cattolicesimo dall’arianesimo. Durante l’invasione musulmana dell’VIII secolo i cristiani, impauriti che potesse essere distrutto questo prezioso manufatto, lo nascosero sotto terra nei pressi del fiume Guadalupe, dove il nostro buon pastore la ritrovò. 

Il culto della Madonna di Guadalupe diventò il culto nazionale spagnolo dopo la battaglia di Rio Salado del 1340, quando Alfonso XI di Castiglia riuscì a sconfiggere le truppe musulmane facendo voto proprio alla Vergine di Guadalupe. Dopo questo evento venne costruito un santuario spettacolare, accostato da un monastero di monaci geronimiani, che ne ebbero cura fino al XIX secolo. Perché però questo culto avrebbe dovuto essere “importato” in America? 

Perché in realtà la Vergine di Guadalupe non è estranea alla scoperta del Nuovo Continente: è noto infatti che Cristoforo Colombo, di ritorno dal primo viaggio in America, volle recarsi proprio a Guadalupe per sciogliere il voto fatto alla Vergine dal suo equipaggio durante una terribile tempesta. 

In quanto culto nazionale spagnolo poi non è per nulla impossibile che i missionari francescani spagnoli diffondessero questa devozione nel Nuovo Continente, cosa che sarebbe testimoniata anche da diverse statue diffuse in Messico. Ad ogni modo sia che la Vergine del Tepeyac abbia voluto presentarsi direttamente come “Vergine di Guadalupe”, sia che in questo modo abbia voluto farsi intendere dal traduttore spagnolo tramite una parola indigena somigliante, ciò lega in maniera inscindibile i due culti dalle due parti dell’Oceano Atlantico. Non va poi dimenticato che i Francescani in quei secoli erano proprio noti come i “difensori dell’Immacolata Concezione” e che nei giorni a cavallo dell’8 dicembre, non avranno mancato di predicare anche ai nativi indiani su quella eccelsa verità... e nemmeno va dimenticato che Cristoforo Colombo, terziario francescano, aveva dedicato una delle sue tre caravelle a quell’insigne mistero mariano, chiamandola “Santa Maria dell’Immacolata Concezione”.

 

La missione dell’Immacolata nei due continenti: Madre, Mediatrice, Ausiliatrice

Impressionante è notare, in conclusione, come la vicenda della Guadalupe spagnola e della Guadalupe messicana dimostri in maniera straordinaria l’azione materna dell’Immacolata Concezione. Il riflesso pratico del dogma dell’immacolato concepimento di Maria è che la Madonna è costituita come principale nemico e oppositore dell’opera di Satana nel mondo, come collaboratrice di Cristo – l’Agnello Immacolato – nella Redenzione e come difensore del popolo cristiano di fronte alle tentazioni e agli assalti delle forze del male. 

E tutto ciò senza che la Vergine Maria perda quella nota di Maternità universale che rende dolce e gradito tutto ciò che compie. In questo modo anche a Città del Messico volle legare insieme con il suo amore materno due popoli, fino ad allora ancora distinti: 

non a caso si fa spesso notare come la “morenita” – così viene chiamata la Vergine di Guadalupe – non abbia una carnagione europea e nemmeno da nativa indiana, bensì da meticcio. La cosa straordinaria però è che all’epoca – una quarantina d’anni dopo la scoperta dell’America – non c’erano casi di matrimoni misti tra spagnoli e indigeni, e quindi la carnagione della Vergine precede di diverse decine di anni l’effettiva realizzazione di un meticciato tra spagnoli e nativi indiani. 

C’è poi da sottolineare il fatto che la Madonna sappia presentarsi in maniera comprensibile sia agli aztechi che agli spagnoli: agli uni si rivela con un significativo nome nahuatl, ma al contempo fa sì che gli altri la associno al notissimo santuario di Guadalupe, quasi come a farli sentire a casa, nonostante stessero a decine di migliaia di chilometri di distanza. Agli indios aztechi insegna a guardarsi dagli antichi culti pagani e dai terribili sacrifici umani che li contraddistinguevano, e a riconoscere nel serpente piumato Quetzalcoatl – divinità assetata di sangue umano – una delle tante facce con cui il “serpente antico” si presenta per ingannare gli uomini e deviarli dal culto del vero Dio. Agli spagnoli invece ricorda la loro responsabilità nel far fruttare in senso cristiano la loro presenza sul suolo messicano: così come la Vergine spagnola di Guadalupe aveva interceduto per la conversione dei visigoti di Spagna dall’arianesimo, così ora invita i popoli nativi del Messico alla conversione, ricordando anche agli spagnoli che la scoperta del Nuovo Continente era stata favorita dalla “miracolosa” salvezza delle caravelle di Colombo da una tempesta atlantica. Invita i nativi indigeni a guardare alla tradizione cattolica dell’Europa, come a una fonte a cui attingere per rinnovare spiritualmente e umanamente quella terra, mentre agli spagnoli insegna silenziosamente a capire quale forza possa essere per l’umanità e anche per il loro paese una tale conversione di popoli, propiziata dalla loro presenza. 

E non a caso i frutti non si fecero attendere... mentre fino ad allora l’evangelizzazione del Nuovo Continente procedeva a passi lenti, dopo le apparizioni di Guadalupe i successi e la penetrazione missionaria risultò travolgente. Ma anche il Vecchio Continente – e in particolar modo la Spagna – non tardò a riceverne benefici. Così come la “vecchia” Vergine di Guadalupe aveva salvato la Spagna dall’invasione musulmana al Rio Salado, così la “nuova” intervenne nel celebre conflitto navale di Lepanto del 1571 contro le flotte ottomane. Sulla galea del genovese Andrea Doria – alleato degli spagnoli e membro insigne della Lega santa cristiana –, infatti, un quadro della “perfetta Vergine di Guadalupe” (ora conservato a Santo Stefano d’Aveto) fu affisso e ad esso i marinai e i soldati si affidarono e consacrarono... Anche dal lontano Messico così la Vergine venne in aiuto della flotta cristiana, meritando il titolo di “Ausilio dei cristiani”.

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