SPIRITUALITÀ
30 minuti con se stessi | Il creato, una scuola di preghiera
dal Numero 24 del 26 giugno 2022
di Don Mario Proietti

“Come parte di una creazione sublime, cogli i segreti che il Creatore ha nascosto in essa e lasciati istruire da chi, inferiore a te, fa spontaneamente quello che a te costa sacrificio, sudore e fatica. Se vuoi che il tuo corpo, che è ciò che ti lega alla creazione, viva di questa preghiera che il creato esprime, apprendi da esso come pregare”

Anima cristiana, pensi che il Signore non abbia già detto come ci si deve rivolgere a Lui? Tutta la creazione è lode al Creatore ed essa eleva una preghiera gradita e incessante al suo Signore. Certamente alla creazione mancherà la coscienza di questo, ma tu che sei superiore alla creazione puoi leggere, comprendere, intuire cose che un animale non potrà mai fare. L’animale non ha bisogno di sentirsi vivo, semplicemente vive senza sapersi vivo. 

Quanto diversa è la tua situazione! Tu ogni giorno hai bisogno di sentirti vivo e di dare significato al tuo vivere. Hai pretese che gli animali e le piante non hanno, come puoi considerarti come loro?

Seppur superiore nella creazione, tu sei immerso in essa a pieno titolo, la puoi governare, la puoi dominare, la puoi rispettare, la puoi salvare. Sei parte delle sue leggi, partecipe dei suoi istinti ma ti è dato di modificarne gli aspetti e le regole e questo solo tu puoi farlo.

Dunque come parte bella di una creazione sublime, cogli i segreti che il Creatore ha nascosto in essa e lasciati istruire da chi, inferiore a te, fa spontaneamente quello che a te costa sacrificio, sudore e fatica. Se vuoi che il tuo corpo, che è ciò che ti lega alla creazione, viva di questa preghiera che il creato esprime, apprendi da esso come pregare.

 

La creazione ti dice che pregare è esserci

Anima che ami di essere istruita dal Signore, osserva l’imponente elevarsi delle montagne. Guarda come si ergono silenziose e maestose verso le azzurre altezze del cielo. Passa il vagare dell’uomo e delle stagioni ed esse restano immobili al loro posto, senza lasciarsi trasportare da alcuna frenesia. Dolcemente e pazientemente sopportano l’avvicendarsi delle stagioni, docili si lasciano ricoprire da manti erbosi e umili se ne lasciano spogliare. Non si lamentano del caldo bacio del sole estivo e non temono il rumoroso fischiare dei gelidi freddi. Ricoperte di neve o spogliate dall’arsura, bagnate dalle piogge o circondate dalla nebbia, minacciate dal fuoco o battute dalla grandine restano impassibili ad ogni evento.

Osservale riempite da echi fastidiosi di rumoroso vociare di allegre compagnie o urlanti silenzi di solitudine straziante, esse non sembrano essere per nulla disturbate. Si lasciano invadere da ogni parte, si rendono ospitali per tutti e non trattengono per sé l’asprezza delle loro irte vette. Non pongono resistenza a chi conquista la loro vetta e non si turbano con chi le sorvola, si lasciano scavare dagli uomini, tormentare dall’aria e mute non si oppongono al loro continuo sgretolarsi e rimpicciolire.

Senza orgoglio si lasciano illuminare e con altrettanta serenità si lasciano oscurare nelle profondità della notte. Non si lagnano dei molti insetti, non si gloriano dei colorati fiori e non si vantano della loro imponenza. Puoi andare lontano da esse e tornare quando ormai sarai vecchio ma esse non si spostano di un palmo dal posto che gli è stato assegnato. Saranno sempre presenti e per tutti disposte a lasciar tracciato il cammino a quanti, dopo te, lo seguiranno.

Dalla montagna impara, o anima benedetta, a vincere nel tuo corpo la frenesia del muoverti. Apprendi l’arte del saper prendere tempo, del cogliere le diverse stagioni, dell’accogliere, con pace, ogni tipo di stato.

Quando ti metti in preghiera ricorda a te stessa come vive la montagna. Quando t’immergi nella preghiera lascia che sopra di te passino, senza trattenere alcuna cosa, tutte le passioni che impetuose attraversano il cuore così come fa la montagna che non bada all’aridità, alla fioritura, al caldo, al gelo, al giorno e alla notte. Dalla montagna apprendi la bellezza di esserci. Il non fare niente della montagna è valorizzare una preghiera che è di presenza, è un dare la propria lode con il solo esistere.

È anche apprendere la gioia di vivere che oggi manca e molti comprendono la bellezza di esserci solo quando si muore. Prima di pensare alle parole da dire procura di esserci sempre, allora non parleranno le tue parole, ma lascerai che la tua presenza sia la parola più bella che, col tuo corpo, elevi al tuo Creatore.

Ci sono anime che si spaventano del silenzio di un luogo, che non fanno in tempo a mettersi sedute e subito seguono ogni parte del corpo che si ribella. Si lasciano convincere che possono pregare meglio studiando migliori posizioni. Intanto passa il tempo e si crede di aver pregato senza accorgersi che è stato solo tempo sprecato.

La creazione ti dice che pregare è un volgersi alla luce creatrice

Passeggia per i campi e soffermati a vedere la bellezza di un fiore. Guarda come rigoglioso si apre verso la luce, e altro non fa se non godere la luce e il calore che il sole trasmette. Dal fiore apprendi che pregare è il volgersi verso la luce per il solo piacere di rivolgersi a lei.

Come il fiore si flette sul suo esile stelo così la preghiera esige flessibilità dell’anima che si muove al soffio delle ispirazioni dello Spirito.

Contemplare la breve esistenza di un fiore che, nel trascorrere di un solo giorno, avvizzisce e si secca è considerare che la preghiera richiede grand’umiltà. Non si inizia a pregare solo perché si hanno delle richieste da fare, l’anima prega perché umilmente si riconosce creatura e scopre che può accedere al suo Creatore.

Dal Creatore ricevi le risposte alle più disparate domande che il cuore ti pone. È solo Lui che di te sa tutto e ti conosce fino in fondo, ricorda le parole del salmo: «Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro; i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno» (Sal 139,15-16). 

La gioia della preghiera è la consapevole bellezza di trovarsi con Chi, da quando eri informe, ti ha amato, ti conosceva e ti ha chiamato per nome, prima ancora dei tuoi genitori. Questa voce, sussurrata nelle profondità della terra, è stata talmente soave alle orecchie dell’anima che ha lasciato in te una profonda nostalgia di Lui.

Tu provvedi, quando ti metti in preghiera, ad essere simile al fiore; ricorda la tua brevità, contempla la tua bellezza, ringrazia chi ti ha plasmato e cullati della Sua presenza. 

La creazione ti dice che pregare è un immergersi nelle profondità

Cosa significa immergerti nelle profondità e come la creazione può insegnarti tutto questo? Mettiti sulle rive del mare e contempla quello che vedi. Guarda la vastità del mare e il confondersi dolce col suo orizzonte, tutto è sempre in movimento e non sfugge il continuo suo volgersi verso la spiaggia. Anche quando sembra immobile e piatto, continua leggero a lambire la terra e spesso lo fa inghiottendo feroce la costa. Perditi in esso e un mondo impensato si aprirà ai tuoi occhi e quello che sembrava una semplice tavola d’acqua si aprirà a ripidi e non scrutabili abissi.

Considera come facilmente è mosso dai venti, come le onde, quasi impazzite, si rincorrono veloci e minacciose verso il suo argine. Chi può resistere alla sua furia? Chi può scampare dai flutti tempestosi? Eppure osserva come le sue creature, sospinte da paura e timore, veloci sprofondano nei suoi abissi. Vedi come queste creature ti aiutano a pregare! Sanno che la violenza del mare può ucciderli, per questo si nascondono nelle sue profondità perché là trovano la pace.

Il mare resta sempre calmo nelle sue profondità, e là attendono che passi la burrasca per riaffiorare tranquille una volta scampate dal pericolo.

Anche tu impara dal mare e dalle sue creature. Il suo perpetuo muoversi verso la spiaggia insegna come la preghiera è un continuo infrangersi sulla riva del Cuore di Dio senza mai stancarsi, proprio come fanno le onde.

Pregare è inabissarsi nelle profondità del cuore dove regna una quiete assoluta, è lasciare che le burrasche della vita seguano il loro tempo senza disturbare minimamente la pace dell’anima.

Quando ti accorgi che le pressioni della vita ti stringono, che le preoccupazioni ti assillano e la paura ti travolge, nasconditi anche tu, come le creature del mare, nella tua profondità e sappi attendere, al sicuro, la fine di tutte le agitazioni.

La creazione ti dice che pregare è rivolgere un grido incessante al Cuore di Dio

Mettiti in ascolto del canto della tortora. T’insegnerà a considerare la preghiera come il continuo tuo gorgheggiare alle orecchie di Dio. 

Ascolta come, nel silenzio dei boschi, si eleva l’incessante canto dell’usignolo o del fringuello. Soffermati a seguirne il ritmo, ti accorgi che esso non muta nel tempo e nella forma, è sempre uguale, sempre costante, rompe il silenzio della montagna e diventa complice di dolci vibrazioni del cuore. Anche se disturbata, la tortora si sposta ma subito riprende incurante la sua melodia. 

Pregare è porti in questo perpetuo, costante gorgheggiare verso Dio. È un restare continuamente alla porta delle orecchie di Dio fino a quando non pone attenzione al tuo lamento.

Prima di fare un passo in avanti, rifletti e rispondi alle domande che presento al tuo cuore.

Com’è la tua vita interiore? La tua preghiera quotidiana di cosa vive? Senti di appartenere a Cristo o è Cristo che appartiene a te? Leggi la tua vita nella logica della fede? Quanto la preghiera è tempo offerto e quanto un tempo sofferto? 

Sei fedele alla preghiera quotidiana? Oltre agli appuntamenti comunitari c’è spazio per la preghiera personale? 

La preghiera è monologo o dialogo? Sei frenetica nella preghiera? 

In quali occasioni sei felice di stare nella preghiera? Quanto sei perseverante nella preghiera? Quanto il Signore ascolta la tua preghiera?

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