SPIRITUALITÀ
Maggio con Charles de Foucauld | Fratello di Gesù, vero figlio di Maria
dal Numero 18 del 8 maggio 2022
di Padre Ambrogio M. Canavesi

Il Cristo che attraeva san Charles era il Cristo quotidiano, il Cristo dei trent’anni di vita nascosta. In altre parole: il Cristo di Nazareth. Ma parlare di Nazareth significa parlare di Maria Santissima e porci una domanda: quale ruolo ha avuto la divina Madre nella spiritualità e nell’itinerario di santità di san Charles de Foucauld?

Con la canonizzazione di san Charles de Foucauld la Chiesa pone il suo sigillo sull’itinerario di santità dell’eremita francese, che i suoi numerosi scritti avevano già fatto conoscere al mondo e ai cristiani come una delle più grandi anime mistiche vissute a cavallo tra Ottocento e Novecento. Le sue lettere, i commenti alla Sacra Scrittura e gli altri scritti spirituali vibrano di una profonda esperienza religiosa personale condotta all’insegna dell’imitazione di Cristo. In tutta l’apparente incostanza della sua vita e delle sue scelte uno solo fu il fattore costante: imitare Cristo il più perfettamente possibile. 

Come un novello san Francesco d’Assisi, il Santo francese volle imitare Cristo non solo in maniera generica e interiore, bensì il suo desiderio di conformità si spinse fino a voler ripetere nella sua vita le stesse circostanze della vita di Cristo. Questo potrebbe risultare ancora troppo generico se non considerassimo che il Cristo che attraeva l’attenzione di san Charles non era il Cristo nei momenti fondamentali della sua vita e della Storia della salvezza, ma il Cristo quotidiano, il Cristo dei trent’anni di vita nascosta e sconosciuta. In altre parole: il Cristo di fratel Charles fu soprattutto il Cristo di Nazareth. Ma se parliamo di Nazareth, allora dobbiamo anche parlare di Maria Santissima e porci una domanda: quale ruolo ha avuto Maria Santissima nella spiritualità e nell’itinerario di santità di san Charles de Foucauld?

Nella grotta di Betlemme con Maria

Apparentemente la Madonna non compare al centro della spiritualità di san Charles de Foucauld. L’interesse dell’Eremita francese è talmente e caparbiamente incentrato sulla figura di Cristo che non sembra vi sia spazio per alcun altro nella sua vita spirituale… qualche meditazione sulla vita dei santi conquista talora un esiguo spazio tra le preponderanti meditazioni sul Vangelo e le virtù di Cristo. Certamente quando il Mistero del Verbo Incarnato si lega così inscindibilmente a quello della sua Santissima Madre, ecco che anche la figura di Maria Santissima emerge con forza. In particolare è il mistero del Natale di Nostro Signore, con tutte le sue circostanze e contorno di povertà, abiezione e abbandono, ad essere una delle calamite della vita spirituale di san Charles de Foucauld. L’imitazione di Cristo infatti per fratel Charles fu innanzitutto l’imitazione della sua povertà, ma è proprio nella Natività del Verbo Incarnato che la povertà trionfa davanti all’umanità. L’impoverimento del Verbo, che si fa uomo scendendo dalle altezze dei Cieli, si incontra infatti con la povertà della grotta di Betlemme dove tutto parla solo di miseria e di sofferenza. Scrisse acutamente il nostro Santo relativamente al viaggio faticoso a Betlemme e all’ingloriosa nascita del Salvatore in una mangiatoia: «Quanta oscurità, quante sofferenze, quanta povertà al di fuori, all’apparenza! Ma quale abisso di felicità, di gloria, di luce al di dentro, nelle anime di Maria e di Giuseppe e soprattutto di Gesù!». E il motivo è uno solo: la povertà, la sofferenza e il rigetto degli uomini non è affatto un ostacolo a raggiungere la felicità, anzi è l’unico modo per raggiungere la Felicità incarnata, Cristo nostro Dio, fattosi povero per noi. I primi chiamati alla grotta di Betlemme non furono infatti i ricchi e i potenti ma i poveri e deboli: «Gesù sceglie lui stesso i suoi adoratori... Attrae a sé con la voce degli angeli i pastori, che per primi vuole vederseli intorno, dopo Maria e Giuseppe. Per genitori ha scelto due poveri operai; per primi adoratori, sceglie poveri pastori… Sempre la stessa abiezione, sempre lo stesso amore della povertà e dei poveri[...]. Che balsamo hai messo sino alla fine dei secoli nel cuore dei poveri, dei piccoli, dei disprezzati dal mondo, mostrando loro già dalla tua nascita ch’essi sono i tuoi privilegiati, i tuoi favoriti, i primi chiamati». 

Ma la povertà è solo la condizione per essere chiamati da Gesù, perché con la Madonna e san Giuseppe davanti a Gesù Bambino bisogna condividere il loro atteggiamento contemplativo che sgorga da una fede viva e incrollabile: «Che cosa fate, in questo momento, tutti e due? Voi adorate, raccolti, silenziosi, vi perdete in una contemplazione senza fine, coprendo, baciando con lo sguardo colui che avete, poco fa, adorato […]. O santi genitori! La vostra notte e ormai tutta la vostra vita sono divise in due occupazioni, l’adorazione immobile e silenziosa, e le carezze, le cure sollecite e devote e tenerissime… […]. Fate che la mia vita si conformi alla vostra, o genitori benedetti, che trascorra come la vostra ad adorare Gesù o ad agire per Lui, sempre sprofondati nel suo amore in Lui, con Lui e per Lui».

Madre e patrona della congregazione

Adorare Gesù e lavorare incessantemente per Lui: ecco l’ideale di san Charles de Foucauld espresso in poche parole. E la sua vita non fu altro che un continuo, incessante e sempre più perfettivo tentativo di realizzare nella pratica questo suo ideale. Un ideale che nell’intimità della famiglia di Nazareth trovò un modello di confronto continuo: là, nel segreto della casetta galilea, san Giuseppe ogni giorno lavorava fianco a fianco al divin Figliuolo, trovando la presenza divina nei lavori più faticosi, mentre la Madre Santissima si prodigava nel ricoprirli di attenzioni e cure materne, assistendo con umiltà nei lavori più servili il Dio fatto uomo. Ma alla famiglia di Nazareth apparentemente manca un fattore che per il nostro Santo era fondamentale: l’apostolato. Per questo quando si trattò di mettere per iscritto i progetti della sua fraternità dedicata al Sacro Cuore di Gesù, da una parte continuò a sostenere che il modello doveva essere Nazareth e dall’altra indicò nella Vergine Santa – soprattutto sotto il titolo di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso – la «patrona e madre di tutta questa piccola congregazione». Nelle case della progettata fraternità una particolare devozione doveva essere rivolta al Santo Rosario, recitato in comune ogni sera. Infine anche il colore bianco dell’abito – su cui spiccava vivacemente il Sacro Cuore rosso – era una scelta in onore della Vergine Santa. 

Tutto questo per esprimere bene il sentimento mariano che animava la fraternità. Chi sceglie di vivere nella casetta di Nazareth allo stesso tempo sceglie espressamente di avere Maria come sua madre, e non come una madre lontana, bensì come una madre vicina, presente sotto lo stesso tetto. Non a caso in una bella meditazione sul Vangelo di Giovanni – in particolare sulle parole “Ecco tua madre – Ecco tuo figlio” pronunciate da Gesù sulla croce – il nostro Santo scrisse: «Maria ha compiuto e continuerà, durante l’eternità, a compiere con una perfezione incomparabile quest’ordine di Dio. Siamo dunque assolutamente sicuri ch’ella ha per ogni essere umano un cuore materno, e rivolgiamoci a questa madre diletta e onnipotente in tutte le nostre necessità».

Visitazione di Maria

è particolarmente significativo che tra le feste mariane la devozione della fraternità progettata da san Charles dovesse rivolgersi soprattutto alla festa della Visitazione di Maria Santissima a santa Elisabetta. Perché questa scelta? Perché tra i misteri della vita della Madonna questo agli occhi di fratel Charles sembrava meglio rappresentare quelle due tensioni di amore che sempre sperimentò nella sua vita, ovvero da una parte verso Gesù, il Verbo Incarnato, e dall’altra parte verso i fratelli, da amare con “amore divino”. Il Sacro Cuore di Gesù pulsa infatti di amore divino, ma questo amore divino nella sua sovrabbondanza si riversa sugli uomini, da bagnare con il Sangue della Redenzione, il che è il vero obiettivo di ogni apostolato cattolico. E questo non è altro che l’imitazione stessa dell’amore del Cuore di Gesù, tanto umano da potersi rivolgere a Dio in adorazione amorosa e tanto divino da potersi rivolgere ai fratelli con compassione comprensiva. Come è ben noto, il progetto religioso di san Charles era dirigersi nelle terre più isolate e tra i popoli più lontani dal Cristianesimo per realizzare due obiettivi: permettere che anche lì, in quelle terre lontane dalla Croce di Cristo, ci fosse qualcuno che adorasse il Santissimo Sacramento e portare tra i popoli infedeli la luce e l’amore del Cuore di Gesù. Ora entrambi questi obiettivi furono anche quelli della prima missione che l’Altissimo affidò alla divina Madre quando le ispirò di recarsi dalla cugina sant’Elisabetta, e questa missione Maria Santissima si è degnata “condividerla con noi”. E questa missione consiste in ciò: «Portare fedelmente in mezzo a queste povere anime sprofondate nell’ombra della morte il divino Gesù, sia recando in mezzo ad esse la santa Eucaristia e il suo culto, sia mostrando loro la vita di Gesù nella nostra». Ma proprio questo realizzò perfettamente l’Immacolata Vergine nella Visitazione. Come Maria portò Gesù nella casa di Zaccaria, così san Charles desiderava che i suoi “missionari” portassero con loro Gesù, ricevuto nella santa Comunione, agli uomini lontani dalla vera fede… ma per far sì che la loro missione fosse efficace come quella della Vergine Maria era necessario prolungare la presenza eucaristica di Gesù nell’anima: «Insegnaci – scrive in una sua meditazione – a portarLo col tuo stesso amore, col tuo raccoglimento, con la tua contemplazione, con la tua adorazione continua, onorandoLo con quella corona di tutte le virtù con la quale tu gli fai come un letto di fiori nella tua anima». Gesù fissato nel cuore tramite la santa Comunione e occhi della contemplazione fissi su Gesù eucaristico, per non disperdersi nelle cose del mondo, ma per giovare al mondo e agli uomini con la propria carità soprannaturale. Infatti nota lo stesso fratel Charles: «Quando partì Maria? “Maria partì in fretta per la montagna”. Quando si è pieni di Gesù, si è pieni di Carità…».

Consacrarsi a Maria…

Charles de Foucauld visse a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento nell’ambiente francese, un ambiente culturale ancora percorso dai fremiti della Rivoluzione e dall’aria soffocante del liberalismo anticlericale, ma anche protagonista di una rinascita cattolica. Per quanto breve sia stata la sua militanza cattolica nel mondo, sicuramente il nostro Santo assorbì dall’atmosfera cattolica dell’epoca il culto del Sacro Cuore di Gesù, popolarissimo in Francia come emblema controrivoluzionario (già presente sui petti dei contadini vandeani che militavano contro i rivoluzionari), che raggiunse il culmine con il “voto nazionale” e la costruzione della Basilica di Montmartre a Parigi. Dallo stesso milieu – per dirlo alla francese – deve aver attinto la tematica della Consacrazione a Maria, ben nota dopo la riscoperta miracolosa del Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi Grignion de Montfort, scritto un secolo prima ma trovato in una soffitta solo nel 1842. Non è strano dunque trovare tra le meditazioni del Santo eremita un proposito sicuramente ispirato dal Trattato del Montfort: «Io mi propongo di custodire in me la volontà di dare a Maria tutte le mie azioni, tutte le mie preghiere, tutte le mie sofferenze, tutte le mie ore soddisfattorie, tutta la mia vita spirituale, affinché Ella offra e dia tutto a Gesù». E ancora: «Io mi propongo di custodire in me la volontà di fare e offrire tutte le cose con Maria, mediante Maria e in Maria». 

Il nostro novello santo però andò ben oltre la superficie di queste parole, scoprendo motivi più convincenti per porre in atto queste risoluzioni, e anzi per ritenerle doverose nel contesto della sua ricerca spirituale. Non dobbiamo dimenticarci infatti che san Charles de Foucauld in tutta la sua vita fu mosso a ricercare di imitare il più perfettamente possibile – persino nei particolari più piccoli – la vita di Gesù. Imitare la vita di Gesù è infatti l’essenza della santità. Se si vuole imitare Gesù, però, non ci si deve dimenticare di imitare Gesù anche nel suo essere figlio di Maria: «È evidente – scrive – che noi, che aspiriamo ad essere i fratelli di Gesù, non possiamo diventarlo se non a condizione di mostrarci e di essere veramente figli di Maria: per essere fratelli di Gesù è assolutamente necessario essere figli di Maria». Dunque consacrarsi a Maria – consacrare tutto il nostro essere e il nostro operare all’Immacolata – è anzitutto un dovere di imitazione, ma anche un dovere di obbedienza verso Gesù. «Dall’alto stesso della croce Gesù ci comanda formalmente e solennemente di essere suoi figli» e, dunque, in quanto figli «dobbiamo adempiere verso di Lei i doveri che un buon figlio ha verso un’ottima madre: affetto, onore, servizio, fiducia, in una parola tutto ciò che Nostro Signore stesso tributava alla Santissima Vergine». Anzi per andare ancor più nello specifico: «Amiamola, onoriamola, facciamole corona intrattenendoci con Lei nella preghiera, serviamola collaborando nel miglior modo che ci è possibile a tutte le opere che Ella favorisce, a tutte quelle che vengono intraprese in suo onore. Abbiamo verso di Lei una fiducia assoluta e invochiamola, senza esitare, con questa stessa fiducia, in tutte le nostre necessità, in tutti i nostri desideri, in tutte le nostre azioni. In breve, facciamo per Lei tutto ciò che faceva Nostro Signore quando era in questo mondo». Consacrarsi a Maria, quindi, per essere in tutto simili a Gesù di Nazareth che nella sua casetta chiamava “mamma” la Madonna. 

…anzi trasformarsi in Lei

Consacrazione, però, nella pratica quotidiana significa unione e imitazione di Maria. Già nelle sue meditazioni sulla Visitazione, era chiaro che per san Charles la perfezione della vita religiosa – e in particolare della sua vita religiosa – si ha nell’unione con Maria e nell’imitazione della sua vita, al contempo piena di contemplazione di Gesù e di attenzione amorosa ai fratelli. Per questo il Santo negli esercizi spirituali si proponeva «di custodire in me la volontà di essere unito in tutta la mia vita spirituale e in tutto il mio apostolato con Maria, tutta intera, con tutta la sua vita interiore e con tutta la sua opera». L’amore filiale a Maria Santissima si esprime innanzitutto nella consacrazione a Lei, come esito dell’obbedienza alla parola di Gesù (“Ecco tua madre”) e dell’imitazione della sua stessa vita. Ma la “vita di Nazareth” progettata e vissuta dal Santo eremita francese significava proprio provare a vivere come la Santa Famiglia e alla presenza della Santa Famiglia, e dunque anche unire tutte le proprie azioni a quelle della divina Madre. 

L’esito intuito da san Charles de Foucauld supera però anche gli orizzonti spirituali intravisti da san Luigi M. Grignion de Montfort e anzi anticipa certe intuizioni mistiche di san Massimiliano M. Kolbe: lo scopo della consacrazione a Maria e della vita di unione con Maria non è semplicemente una statica imitazione delle sue virtù, bensì una fusione in Lei, una vera e propria trasformazione in Maria Santissima. Scrive con trasporto spirituale e con intuizione profondissima san Charles de Foucauld: «Io mi propongo di custodire in me la volontà di lavorare per trasformarmi in Maria, allo scopo di diventare un’altra Maria vivente ed operante, di trasformare in Lei e mediante Lei i miei pensieri, i miei desideri, le mie parole, le mie azioni, le mie preghiere, le mie sofferenze, tutta la mia vita e la mia morte». Il vertice della spiritualità di Nazareth non è altro dunque che la “trasformazione in Maria” – quella che san Massimiliano avrebbe definito la “transustanziazione in Maria” – perché chi si sforza seriamente di imitare Cristo, modello sublime ma irraggiungibile, alla fine non potrà fare altro che assomigliare a Maria o, meglio, trasformarsi misticamente in Maria.

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