SPIRITUALITÀ
Ciò che non è eterno, è nulla
dal Numero 9 del 1 marzo 2015
di Paolo Risso

Dalla coscienza del nostro essere polvere fino al raggiungimento delle più alte vette della vita divina cui Dio ha destinato ognuno di noi. Ecco l’impegno della nostra vita cristiano-cattolica da riscoprire e intensificare in questa Quaresima.

È iniziata la Quaresima, in preparazione alla Pasqua 2015. Lo scorso 18 febbraio, mercoledì, il credente ha partecipato alla Messa con il rito austero dell’imposizione delle ceneri sulla fronte. Ha sentito le parole ammonitrici: «Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai».

“Ruit hora”

Parole terribili e vere. Scuotono sino all’ultima fibra. Richiamano alla fugacità del tempo, alla caducità dell’esistenza: «Come delle foglie in autunno, così è la sorte degli umani», scriveva già Omero nell’Illiade, cui fa eco Orazio nelle sue odi: «Fugaces labuntur anni». Fugaci scorrono gli anni. Davvero se pensiamo al nostro esistere quaggiù, riconosciamo con un groppo di pianto in gola: “Ruit hora”. “Ruit”, cioè non solo scorre, ma precipita l’ora del nostro passaggio sulla terra.
Egregiamente fa la Liturgia a ricordarlo, a noi, uomini dalla labile memoria, inclini come siamo al divertissement, come annotava Pascal nei suoi Pensieri, per distoglierci (di-vertere) dalle realtà essenziali. Questo pensiero – che è quello dei Novissimi dell’antico e sempre valido Catechismo di San Pio X – unito alla grazia di Dio, ha convertito i peccatori dalle peggiori vie alla vita di Gesù Cristo, e ha fatto i santi, sempre memori, come Luigi Gonzaga, che «quoad aeternum non est, nihili est». Ciò che non è eterno, è nulla.
Oggi che non si predicano più i Novissimi, le cose ultime della vita, morte, giudizio, inferno, Paradiso, il peccato dilaga come un diluvio melmoso che non risparmia neppure più l’innocenza dei piccoli, mentre invece tutti noi dobbiamo essere consapevoli del precetto: «Novissima meditare et in aeternum non peccabis». Medita i Novissimi e non peccherai in eterno.
Un gran bene che la Quaresima ogni anno cominci così, con il richiamo all’essere più vero dell’uomo: “homo humus, fama fumus, finis cinis”. L’uomo è terra, la fama è fumo, la fine è cenere. Ma ciò è vero solo a metà, solo provvisoriamente. Il destino ultimo dell’uomo non è la terra, da cui siamo stati impastati, ma il Cielo di Dio, cui siamo diretti.

Il destino è Dio

Il ricordarci del nostro essere polvere non è che il primo passo per prendere coscienza della nostra più alta vocazione, per cui dobbiamo anche poter sentirci dire: “Ricordati, uomo, che sì sei polvere, ma ti trasfigurerai in Cristo”.
Se lo vuoi, se ti impegni, con la grazia di Dio. Come scrive san Paolo ai Romani: «Quelli che Dio ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo affinché Egli sia il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29).
Ecco l’impegno della nostra vita cristiano-cattolica, da riscoprire e intensificare in questa Quaresima in cui ci giungono dalla Liturgia e dai Santi tante voci autorevoli e forti a incontrarci in Gesù Cristo, unica Via, unica Verità, unica Vita, unico Salvatore. Noi vogliamo essere innanzitutto affascinati e chiamati a Gesù Cristo: Gesù nel Vangelo, Gesù nella Santa Messa e nel Tabernacolo, Gesù nella Tradizione e nel Magistero di sempre della Chiesa, Gesù nei fratelli, Gesù da annunciare e radicare nella società. Trasfigurarci in Lui, rendere le anime, a cominciare dalla nostra, e il mondo conformi a Lui. Consacrare il mondo a Lui.
Ecco, «nunc intelligo me non solum emendari, sed transfigurari». In chi? «In Jesum». Ora comprendo che non solo devo emendarmi, ma trasfigurarmi in Gesù.
Oggi, però c’è un attacco, una congiura senza limiti, mai visti prima, contro Gesù. Tutti gli errori e le eresie, emersi e combattuti in 20 secoli, dall’antico agnosticismo all’arianesimo al pelagianesimo, sotto forme diverse, si sono concentrati insieme oggi e spesso fatti passare come novità che darebbero un volto nuovo, più aggiornato e accettabile alla Fede. Il card. Giuseppe Siri (1906-1989) ha parlato di “teologia senza Cristo”. Il disastro che ne è venuto alle anime è immane.

Radicati in Gesù

Gli errori vanno smascherati e confutati e la Verità deve risaltare in tutto il suo splendore e conquistare o riconquistare le anime, dei dotti e dei semplici. Ma la risposta più forte che noi possiamo e dobbiamo dare è radicarci più che mai in Gesù Cristo, in Lui tutto intero, nella Verità e nella Luce, nella carità teologale che sfida e vince tutto.
    Gesù solo è “plenitudo doctrinae”, “plenitudo legis”, “plenitudo fidei”, “plenitudo religionis” e pertanto “plenitudo hominis”. Gesù solo è la pienezza della dottrina, della legge, della fede, la pienezza della religione (la religione assoluta), e così è la pienezza dell’uomo, perché dell’uomo è la divinizzazione.
         Come all’inizio del mondo contemporaneo, intuendo con sguardo d’aquila ciò che sarebbe avvenuto, ha scritto una donna singolare, Maria Deluil-Martiny (1841-1884) che, vergine e martire, il papa Giovanni Paolo II ha beatificato: «Lo scopo di satana, l’ideale del mondo è di scacciare Gesù Cristo, di abolire persino la memoria della sua dottrina e di strappargli le anime: dobbiamo dunque amare Gesù Cristo, unirci a Gesù Cristo, imitare Gesù Cristo, conquistare anime a Gesù Cristo. Dobbiamo esaltare Gesù con l’adorazione, con lo splendore del Culto, con immenso rispetto, con fede vivissima e la virtù della Religione, portata al suo massimo grado, che attinta in Gesù, risale dalle anime nostre a Lui, e per Lui, all’adorabile Trinità».
E ancora: «Il mondo non vuol più saperne di Gesù Cristo, arrossisce di Lui, lo odia, lo disprezza, strappandolo dai cuori e dalla società. A queste empietà sataniche, noi rispondiamo con aperta fermezza: “Gesù deve regnare” (1Cor 15,25). “A Lui appartiene il dominio dei secoli e tutte le nazioni gli sono date in eredità” (1Pt 4,11).

“Cristo-teocentrici”

Dobbiamo radicarci in Gesù. Egli ha detto: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna. Chi non crede nel Figlio, non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di Lui» (Gv 3,35).
Ecco perché i semplici, i puri di cuore, secondo la beatitudine evangelica, da sempre hanno incentrato fede, preghiera, devozione, culto, amore, offerta... tutto in Gesù, perché chi ha Lui ha tutto e poi provvede Lui a dare la nostra fede, la nostra preghiera, la nostra devozione, il culto, l’amore, l’offerta... la nostra vita, tutto a Dio. Noi siamo cristo-teocentrici.
Basta dire – e viverlo soprattutto – «Gesù, sii per me Gesù»; «Gesù, ti amo, trasfigurami in Te»; «Gesù, io ti amo, attira tutti a Te», e tutto è compiuto nella nostra vita. Un pensiero solo, un’idea sola, un amore solo: Gesù.

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