SPIRITUALITÀ
La Trinità nella mia anima: “il Cielo anticipato”
dal Numero 06 del 6 febbraio 2022
di Suor Ostia del Cuore Immacolato

Questa giovane carmelitana ci mostra come quel mistero che ci sembra così astratto e lontano sia, invece, l’esperienza più “palpabile”, totalizzante e trasformante che il cristiano può fare, se intraprende seriamente il cammino della vita cristiana.

Davanti ai tanti pericoli che inducono a smarrire o corrompere il bene prezioso della Fede nelle anime, possiamo domandarci cosa sia necessario fare per difenderla. La prima risposta è molto semplice e immediata: dobbiamo viverla e viverla intensamente. Nel nome del pluralismo religioso e di un malinteso dialogo, infatti, si sta rischiando di oscurare contenuti fondamentali del Cattolicesimo, richiamandosi a un erroneo concetto di fratellanza capace di riunire tutti i credenti in un unico nuovo monoteismo razionale, artificiale, impersonale. Per resistere a questa seducente offerta di “pace religiosa” tra uomini, popoli e culture – molto diversa dalla vera pace a cui i popoli aspirano e a cui sono chiamati, fondata non sul compromesso ma sulla carità e sulla verità – non è sufficiente la difesa teorica, ma ci vuole l’esperienza vissuta del proprio Battesimo. Vivere il proprio Battesimo significa scoprire il Volto trinitario di Dio, come ci è stato rivelato, che è impresso nella nostra anima, quale dono inestimabile venuto dall’Alto, che siamo chiamati a conoscere e amare sulla terra per poi contemplarlo e adorarlo in pienezza per l’eternità. 

Molti battezzati non hanno tanta familiarità con il mistero della Santissima Trinità, considerandolo un mistero astratto, difficile, lontano. Esso, invece, rappresenta la vita della nostra anima. L’unica che ci può portare alla santità e alla pienezza della felicità. Il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta il mistero trinitario come mistero fondamentale della nostra fede (1). Perché? Ce lo spiega in modo molto pratico san Bonaventura: «Senza la fede nella Trinità è impossibile che qualcuno si salvi» (2), poiché «nessuno può salvarsi se in lui non abita la Trinità. Infatti, tutta la Trinità abita insieme all’uomo per mezzo della grazia; ma la Trinità abita solamente nell’uomo che crede» (3). Un mistero, quindi, cui si può accedere e che si può vivere solo permanendo nella grazia di Dio, perché solo allora la Trinità abita nella mia anima. In questo senso si realizza la promessa evangelica di Gesù riguardante l’inabitazione della Trinità nell’anima: «Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e verremo a lui, e dimoreremo in lui» (Gv 14,23).

Ad uno sguardo introspettivo non superficiale, pensando che Dio abita veramente in noi, comprendiamo tutta la verità dell’espressione paolina che descrive il cristiano come “tempio di Dio” (4), ma comprendiamo anche che non è sufficiente semplicemente essere “tempio di Dio”, perché come tempio vivo di Dio siamo chiamati a ricambiare la Sua presenza divina, e tutti i benefici che ci arreca, con amore personale, filiale, ed anche sponsale.

 

Il “Cielo anticipato”

Dire che ogni battezzato è chiamato a vivere il mistero dell’inabitazione della Trinità nella propria anima, vuol dire che egli è chiamato a trasformare la propria vita in un “Cielo anticipato”, usando una bella espressione di santa Elisabetta della Trinità. 

Questa giovane carmelitana ci mostra come quel mistero che ci sembra così astratto e lontano sia, invece, l’esperienza più “palpabile”, totalizzante e trasformante che il cristiano può fare, se intraprende seriamente il cammino della vita cristiana, l’itinerario di santificazione. Prendere coscienza che “portiamo in noi il nostro Cielo” ci spinge a coltivare la “presenza di Dio” in ogni momento della giornata, in ogni luogo, sapendo che tutto si svolge sotto il Suo amorevole sguardo, perché Dio è presente nel profondo del nostro “io”, e non ci lascia mai a meno che non siamo noi a cacciarlo con il peccato grave. 

Quand’era ancora una ragazza, a soli 20 anni, Elisabetta “viveva al di dentro”. Chi la conosceva e frequentava, diceva che “agiva come tutti gli altri, ma non nello stesso modo degli altri”, da lei infatti traspariva quella vita di Dio che attira e si irradia anche su chi sta intorno. 

Dodici giorni prima di morire, quando ormai era spiritualmente identificata al suo amato Cristo Crocifisso, scrisse che la sua missione in Cielo sarebbe stata quella di «attrarre le anime, aiutandole ad uscire da se stesse per aderire a Dio con un movimento del tutto semplice e pieno di amore, e di custodirle in quel grande silenzio interiore che permette a Dio di imprimersi in loro, e di trasformarle in Lui stesso». E non è un caso che questa giovane Santa fu particolarmente devota della Madonna, da lei invocata come “Porta del Cielo”, porta per la quale passare per vivere l’abbraccio dell’amore trinitario in noi. È proprio la devozione mariana la porta sicura che attira il Cielo nella nostra anima, che ci introduce negli abissi dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. 

Maria Santissima è quella dimora prescelta dalla Trinità fin dall’eternità e «dove entra, Ella porta con sé tutta la Santissima Trinità» (5). Se le apriremo la porta dei nostri cuori, Lei vivrà in noi e irradierà nell’anima gli stessi riflessi di vita trinitaria presenti in Lei.

Chiediamo a santa Elisabetta della Trinità di compiere anche per noi la sua missione, di “aprirci gli occhi” su questo mistero d’amore, amore “massimo” che vive in noi. La seconda Persona della Trinità, infatti, si è fatta carne proprio per portarci nel centro di questo mistero d’amore trinitario, laddove lo Spirito Santo spira puro amore, e vuole coinvolgerci in Sé donandoci già su questa terra un “Cielo anticipato”.

 

Note

1) «Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. È il mistero di Dio in se stesso. È quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina. È l’insegnamento fondamentale ed essenziale nella gerarchia delle verità di fede» (n. 234).

2) San Bonaventura da Bagnoregio, Il mistero della Trinità, I, II, n. 6.

3) Ivi, I, II, n. 5.

4) «Non sapete che voi siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio dimora in voi?» (1Cor 3,16-17); «Noi siamo il tempio del Dio vivente» (2Cor 6,16).

5) Scritti di Massimiliano Kolbe, n. 991 O.

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