SPIRITUALITÀ
La missione della donna alla luce di Maria
dal Numero 14 del 8 aprile 2018
di Padre Luca M. Genovese

La missione della donna riceve dalla figura di Maria Santissima la sua luce più autentica e più bella. Proponiamo un interessante articolo che delinea la missione della donna nella società a partire dalla prospettiva biblica della figura di Maria Santissima e sulla base delle riflessioni dei Santi Padri.

Molti antichi Padri in tutti i secoli cristiani hanno fatto l’elogio sublime di Maria Santissima in virtù della sua missione sociale in relazione alla salvezza dell’uomo, ad esempio sant’Ireneo di Lione, sant’Efrem Siro, san Bernardo, san Bonaventura e molti altri.
Il 15 agosto di 30 anni fa, in occasione dell’Anno Mariano, nel 1988, il Santo Padre Giovanni Paolo II volle onorare la figura della donna inserendola nella luce di grazia e di fede della Vergine Maria.
Con la lettera apostolica Mulieris dignitatem, cercò nel contesto culturale attuale, tutto volto all’emancipazione femminile, di mostrare la grandezza della donna nella dimensione della Rivelazione e dell’esempio costante della Vergine e Madre di Dio in tutti i secoli cristiani.
Il pensiero della Vergine permea gli scritti cristiani sin dal primo libro della Bibbia, la Genesi, ove si parla della “donna che sarà nemica del serpente”, causa della tentazione e della caduta dell’uomo (cf. Gen 3,15).
È la donna e non l’uomo la prescelta per la lotta escatologica contro il male. L’uomo, benché creato prima nell’ordine della creazione, secondo la tradizione Jahvista, sarà secondo nella redenzione.
Vogliamo ripercorre i punti fondamentali di questo documento per vivere alla luce della fede la missione universale che la donna nel mondo ha ricevuto dalle mani del suo Creatore.
«Si tratta di comprendere la ragione e le conseguenze della decisione del Creatore che l’essere umano esista sempre e solo come femmina e come maschio. Solo partendo da questi fondamenti, che consentono di cogliere la profondità della dignità e della vocazione della donna, è possibile parlare della sua presenza attiva nella Chiesa e nella società» (MD 1).
«Maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). Non c’è antagonismo tra uomo e donna come vorrebbe la lotta di classe delle filosofie moderne applicate alle relazioni tra uomo e donna, ma vera comunione, voluta da Dio. La Vergine, nel dichiararsi “Ancella del Signore”, davanti al piano divino, si sottomette alla visione primigenia voluta da Dio nelle relazioni uomo-donna, una relazione di comunione e non di giustapposizione: «Maschio e femmina li creò».
Purtroppo l’identità femminile sembra essere diventata oggi un assoluto autonomo nell’ottica dei movimenti femministi per via del ripudio della rivelazione e dell’immagine di Maria santissima che dal primo istante dell’Incarnazione si è presentata come “donna perfetta”, «piena di grazia» e quindi stracolma di ogni virtù, inarrivabile per qualsiasi altra creatura, a servizio però della comunione di tutti nella grazia di Cristo e secondo il piano di Dio all’origine della creazione.
La Vergine è tale in relazione a Dio. L’umanità trova la sua identità in relazione alla vicinanza o meno alla Vergine Maria, che è l’unione totale con Dio, la Sposa di Dio, la Madre di Dio.
Perché questa relazione intima con Dio? Evidentemente la donna è stata scelta da Dio stesso per questa unione alla quale nessuna altra creatura poteva mai arrivare: una creatura capace di Dio, “capace di diventare Dio” e che dà a tutti la possibilità di fare lo stesso.

Donna madre dell’uomo e madre di Dio

La lettera ai Galati ci parla di Gesù “nato da donna” (4,4). San Paolo nelle sue lettere non parla di madre ma di donna, mettendo l’accento più sul genere che sulla missione compiuta dalla Madre di Dio.
Dai più moderni studi scientifici, sappiamo che la donna, il corpo della donna, contiene in sé una disposizione naturale alla maternità (cf. MD 18). Ma non si deve ridurre la maternità a questo. Anche la struttura psicologica della donna si protende verso la maternità: «La maternità è legata alla struttura personale dell’essere donna e con la dimensione personale del dono» (ibidem). Nella Genesi la prima madre, Eva, dice: «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gen 4,1). Corrisponde a ciò che dice Maria nell’Annunciazione: «Avvenga di me quello che hai detto». La maternità è un’opera più divina che umana per il mistero che racchiude di dover dare la vita ad un altro e soprattutto di custodire ed accrescere la vita di un altro essere umano.
«Nella maternità della donna si riflette l’eterno mistero del generare che è in Dio stesso» (ibidem). Nel caso unico della Vergine Maria è Dio stesso che si fa carne in Lei. Analogamente in tutte le donne si compie un mistero di incarnazione: la nuova venuta di un uomo sulla terra!
La donna compie la parte più impegnativa dell’essere genitori. L’essere genitori si realizza molto più nella donna, specialmente nel periodo prenatale, ma anche nel periodo della crescita e formazione del fanciullo. È la donna a pagare di più questo periodo, che letteralmente assorbe le energie del suo corpo e della sua anima.
Sappiamo che il parto, anche nel migliore dei casi, è un’esperienza personale molto travagliata per la donna. Anche per questo il periodo del parto è detto “travaglio”, cioè “lavoro”, “fatica”.
Cosa significa ciò? La Sacra Scrittura attribuisce ciò al peccato originale; il santo papa Giovanni Paolo II vi vede l’applicazione del mistero pasquale: «La donna quando partorisce è afflitta perché è giunta la sua ora... [l’ora di Gesù nella Passione]. Ma quando ha partorito non si ricorda più del dolore per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16,21).
Cristo, l’uomo nuovo, il Risorto, è stato partorito dal sepolcro dopo la sua morte cruenta. Ogni vita umana viene donata al mondo per la sofferenza e lo spargimento di sangue di una madre.
La Vergine ha vissuto e sublimato il grande ideale della maternità. Non solo l’ha accolta ma le ha dato il valore eterno di generatrice di Dio per il mondo. La fabbrica della santità, il “laboratorio della fede”, direbbe san Giovanni Paolo II, passa per il grembo di Maria. Ci sono anche aberrazioni della maternità: la maternità surrogata, abortita, mercanteggiata, negata. Sono queste le sfide che il mondo moderno pone davanti al dono divino della maternità.


Verginità per il Regno

Nella visione di Cristo la verginità appare unità alla maternità ma anche disgiunta.
  «Vi sono alcuni che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli» (Mt 19,12), dice il Signore. Si tratta di un celibato libero, fatto per il Regno dei cieli, in una visione escatologica della realtà. Qui si entra nel campo della fede. Se la maternità può essere un concetto condiviso anche dagli atei, quello della verginità no. Chi vive la verginità per il Regno è solo chi si è donato interamente a Cristo. È Cristo la causa, il mezzo ed il fine della verginità. Senza Cristo non vi è vera verginità. Essa è il matrimonio con Cristo, l’unione sponsale che la parte più spirituale di noi vive con il suo Signore. La bestemmia della vita che esclude totalmente la parte spirituale ed ancor più il suo Autore, nega la verginità, nega ogni senso a questo stato sublime. Solo la Santa Vergine è stata la prima e più capace realizzatrice di questo nuovo stato di vita, per cui chi è chiamato a viverlo deve guardare solamente a Lei.
La verginità fu vituperata da tutto il pensiero moderno per il suo progressivo distacco dal trascendente e dall’accoglienza della rivelazione cristiana. Aborto, divorzio, unioni alternative e a tempo, senza legami con il sacro o valori tradizionali, sono l’indice dello scollamento della dignità sacra della donna dalla sua prospettiva spirituale ed escatologica.

La maternità spirituale

«Figlioli miei che io di nuovo partorisco nel dolore» (Gal 4,19): è la metafora paolina che ci fa pensare che la vita spirituale se è veramente tale è sempre feconda di nuovi figli, anche se generati nel dolore, una maternità spirituale che genera nel dolore figli spirituali.
Maria, Vergine e Madre di Cristo, dal Concilio ci viene presentata anche come “Madre della Chiesa” perché «coopera alla rigenerazione e formazione dei fedeli con amore di Madre» (Lumen gentium, n. 63).
Maria infatti ha sofferto il parto doloroso non nella nascita di Cristo ma nella nascita della Chiesa dal suo grembo trafitto dalla spada del dolore sul Calvario. Molti parlano di Lei come la Corredentrice del genere umano perché ha aiutato con tutto il suo Cuore materno il suo Figlio Gesù a generare la Chiesa dal suo dolore.
Anche la Chiesa, come Maria, anzi immagine di Maria, è Madre perché rigenera i fedeli per mezzo della grazia alla Vita eterna ed alla santità, anche questo non senza dolore: il dolore dei martiri, dei missionari, delle persone impegnate nell’evangelizzazione con i loro sacrifici ed i loro fallimenti...
Abbiamo esempi di sante religiose e di sante madri che hanno vissuto principalmente la maternità spirituale verso i poveri, i peccatori, gli ultimi, i bisognosi.
Come non pensare a Madre Teresa di Calcutta nei nostri tempi, veramente madre di una moltitudine di figli, pur non avendo generato nel matrimonio!
Come non pensare alle grandi maestre storiche di santità come santa Caterina da Siena, santa Teresa d’Avila, santa Veronica Giuliani che hanno ispirato con i loro scritti intere generazioni di figli spirituali?
Come non pensare a santa Gianna Beretta Molla che volle offrire tutta la sua vita per dare alla luce della vita e della grazia la sua quarta bambina? È uno dei casi più alti di maternità fisica e spirituale insieme.
La maternità spirituale è la continuazione della maternità divina vissuta nella verginità per il Regno dei cieli, una verginità feconda ed apostolica. Una verginità che partorisce «più della donna che ha marito» (Is 54,1).
Abbiamo però anche esempi deplorevoli di devianza della maternità spirituale, quando essa diventa solo un’assolutizzazione dell’universo psichico della madre (Roberta Vinerba, in Noi famiglia e vita, XII, 226, febbraio 2018, p. 39), per cui i figli sono indotti ad un eccessivo protezionismo e auto narcisismo.

La dignità della donna permea tutto lo sviluppo del ciclo umano sulla terra. «La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nella storia in mezzo a tutti i popoli e nazioni e ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del popolo di Dio, per tutte le vittorie che essa deve alla loro fede, speranza e carità, ringrazia per tutti i loro frutti di santità» (MD 31).

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