SPIRITUALITÀ
La pedagogia della Croce
dal Numero 12 del 25 marzo 2018
di Fra Candido Nepote

La “pedagogia” di Gesù è quella della croce, che esercita su tutte le generazioni una potente attrazione di amore. Una pedagogia che non teme confronti con le pedagogie contemporanee fondate da Rousseau, e che è l’unica capace di redimere, salvare ed elevare all’altezza di Dio.

Da decenni, viviamo in un mondo incredulo e indifferente spesso nemico dichiarato di Gesù e della sua Chiesa. Capita di parlare con ragazzi di 12/13 anni, che sì vanno al catechismo per la Cresima, ma che, interrogati, dicono apertamente: «Io sono ateo». «Io non credo né in Dio tanto meno nella Chiesa». «Mi godo la mia giovane età, in tutti i modi, perché la vita passa in fretta e dovrò marcire come tutti nella tomba». «Il Paradiso, l’inferno? Ma non farmi ridere! Che tu ci credi?». Risposte, sentite con le mie orecchie, soprattutto da ragazze.

«Attirerò tutti a me!»

Eppure Gesù, con lo sguardo rivolto a tutti i secoli della storia, anche al nostro XXI secolo, sino alla fine dei tempi, ha promesso con parola infallibile: «Quando sarò innalzato da terra [sulla croce], attirerò tutti a me. Questo diceva per indicare di quale morte stava per morire» (Gv 12,32).
«Attirerò tutti a me» è la divina “pedagogia” del Crocifisso, la sua affascinante attrazione di amore. Noi, anche oggi, siamo ancora nell’orbita di questa mirabile attrazione di Gesù: «Io sono con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Quali i tratti di questa “pedagogia”?
- Prima di tutto, dobbiamo conservare senza pecche e senza compromessi la fede nella potenza della Croce di Cristo, la potenza (“l’onnipotenza”) di Gesù crocifisso, unica Sorgente di salvezza, di vita, di rinnovamento, di vita eterna, di vita oltre la morte. Occorre non ripiegare né cedere come fa il mondo – e tanti anche tra quanti si dicono credenti – alla ricerca di mezzi umani per un apostolato che si pretenderebbe più efficace. Proprio oggi occorre affermare con forza e fierezza che soltanto Gesù può tutto, che noi siamo suoi, che il mondo intero gli è stato dato in eredità, che Egli lo sta facendo suo con la forza invincibile della Verità e dell’amore: «Io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). «Mi è stata data ogni potestà in cielo e sulla terra: andate e fate miei discepoli tutti i popoli» (Mt 28,18-19).
- Occorre scuotere questo mondo e proporre con autorevolezza le ragioni fondamentali per credere, a partire dall’inizio, dalle fondamenta. Da un punto si deve partire: ogni uomo è un cercatore del senso della vita, del dolore e della morte. Anche quando è sazio e disperato, anche quando sembra aver messo a tacere ogni domanda profonda, ritenendola priva di ogni risposta possibile, tuttavia anche l’uomo “tecnologicus” del Terzo Millennio, nel suo intimo, continua a interrogarsi.
- Partendo dall’uomo che si interroga ed è una grande questione per se stesso («Magna quaestio factus sum mihi», aveva scritto sant’Agostino d’Ippona, ed è sempre vero), dobbiamo condurre ogni uomo che incontriamo a incontrare Gesù Cristo, il Dio incarnato, maestro e amico, sofferente, morto sulla croce e risorto, redentore dal peccato e dalla morte, datore della vita nuova della Grazia santificante, come la risposta adeguata e definitiva a ogni problema dell’uomo, della società e del mondo: «Solutio omnium difficultatum est Christus», la soluzione di ogni difficoltà, di tutti i problemi è Cristo, come scrisse Tertulliano.

Gesù, senso della vita

Con linguaggio semplice e denso, occorre imparare a richiamare l’uomo di oggi, il ragazzo di oggi a pensare e a chiedersi: «Ma tu da dove vieni? Tu chi sei? Tu dove vai? Perché vivere? Perché soffrire, perché morire?». E ancora: «Dove sta il bene, il male, dove sta la gioia, dove sta la vita vera?».
- Noi credenti in Gesù e nella sua Chiesa, dobbiamo domandare in modo accorato ai nostri fratelli che sono indifferenti, che negano, che bestemmiano Dio: «O uomini del nostro tempo, o fratelli, qui si tratta della vostra esistenza, della vostra vita. Ma potete voi dire che non vi interessa la vostra vita, che volete buttare via la vita, l’unica vita che avete? Ma come potete pensare che la vita dell’uomo termina consumata dai vermi nel sepolcro? Come potete rassegnarvi a godere soltanto dei piccoli piaceri, che passano subito, come una sigaretta fumata, come una tazzina di caffé bevuta? Come non potete cercare la gioia, la vita che la Chiesa vi annuncia come eterna e totale? E se fosse vero che quel Cristo che noi annunciamo da più di duemila anni, è Lui l’unico salvatore del mondo, l’unico salvatore dell’uomo, l’unico datore di senso, di gioia e di vita?».
Non dobbiamo rendere antipatico Gesù né con la nostra parola, tanto meno con la nostra vita, diversa dalla sua, ma presentare Gesù quale Egli è, vero, bello, affascinante, innamorato e appassionato della salvezza di ogni uomo, più esigente degli uomini comuni, ma più comprensivo di loro, Gesù grande e sublime, la Realtà più alta che esiste sulla terra e nei cieli.
- Dobbiamo parlare di Gesù non come si narra una favola ai bambini buoni – la fabula Christi! –, non come chi presenta un Gesù da nanerottoli – ma come chi sa di aver a che fare con uno che è vero, profondamente vero, vero come non lo è alcun altro. Vero che i “pubblici ministeri” più agguerriti non lo potranno mai scalfire nella sua realtà, nella sua esistenza, nella sua dottrina, nella sua Legge, nelle sue azioni umane-divine, nella sua Persona che è il Figlio di Dio fatto uomo, vissuto e immolato per la nostra salvezza, il vivente nei secoli e nell’eternità!
Così vero, Gesù, che, arrabattati finché vuoi per trovare altro diverso o più valido di Lui, infine rimarrà Lui la Verità assoluta ed eterna. Arrabattati finché vuoi, ma la Verità che tutto risolve e tutto spiega, è Gesù solo! Ad un giovane, che diceva di voler trovare qualcosa di meglio di Gesù, anni orsono, risposi, come rispose Napoleone a un filosofo che voleva superare Gesù: «Giovanotto, oggi è venerdì, il giorno giusto: io ti faccio fucilare e seppellire. Tu domenica mattina, risorgi e vieni a trovarmi: allora discuterò sul serio con te».

Testimoni di Gesù

- Ma occorre dare testimonianza per essere credibili. Noi, apostoli di Gesù, nel nostro pauroso tempo, non abbiamo fatto voto di perpetuo abbattimento, né vogliamo dare l’impressione che quando viviamo e parliamo da cattolici, abbiamo mal di pancia. Abbiamo il coraggio della nostra fede, e quando parliamo di Gesù, dobbiamo far sentire in modo sensibile che con Lui intratteniamo un rapporto vivo e tenerissimo, ché anzi gli diamo del tu (siamo dei “tutoyeurs de Dieu”) e che Gesù ci ispira e ci guida a conquistare le anime a Lui. I piccoli e gli umili ci devono capire, i grandi e i potenti e i dotti con un fondo di onestà, devono poter stare ad ascoltarci da ogni angolo della terra.
A Gesù dobbiamo saper portare gli intellettuali come Nicodemo (quello che era andato di notte da Gesù, Gv 3,1-21) e i ricchi come Lazzaro, che provino, nonostante i loro capitali, a dover riconoscere che Gesù solo è la Risurrezione e la Vita e chi va a Lui non muore in eterno (Gv 11,1-44).
In una parola, essere discepoli di prima mano, come Giovanni e Giacomo, Simone e Andrea, per esseri apostoli appassionati che vogliono convertire e portare le anime a Gesù, più che limitarci a dialogare. Se di dialogo si vuol parlare, sia come quello di Socrate con i suoi allievi (che voleva far “partorire” la Verità), meglio ancora come quello di Gesù con la samaritana, alla quale Egli portò l’acqua viva della sua Vita divina (Gv 4,1-42).
Volete scommettere che riusciremo a strappare molti fratelli dalla sudditanza alle tenebre che dura da decenni? Se saremo così, come lo sono stati i santi, giungerà notizia che anche uomini di potere e di cultura si renderanno attenti al nostro annuncio così umano e divino del Cristo, quali ce lo ispira la “pedagogia” del Crocifisso, che non teme confronti con le pedagogie contemporanee originate dall’empio Rousseau. Gesù solo, il Crocifisso vivente, è il vero Maestro, capace della pedagogia, che unica al mondo, redime e salva ed eleva all’altezza di Dio.
Alla fine, non sarà merito nostro, ma perché in questa “pedagogia”, come il divino Maestro Gesù, dovremo dire: «È la Madonna che compie tutto. La nostra forza è il santo Sacrificio della Messa e il Rosario a Lei». Andiamo avanti senza paura, con la pedagogia che Gesù ci insegna e ci dona. I secoli, l’umanità, l’eternità sono nostri, perché Cristo vi è entrato e non ci lascia, ed essi sono suoi.

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