SPIRITUALITÀ
Tempo d’Avvento, tempo nuovo
dal Numero 48 del 10 dicembre 2017
di Paolo Risso

L’Avvento celebra l’attesa della venuta di Gesù Cristo, il Salvatore, nella storia degli uomini e nel nostro tempo. In questo tempo liturgico i cristiani sono chiamati a comprendere quale significato abbia per la Chiesa e per ognuno questa venuta sacramentale di Cristo, e quali nuove disposizioni e atteggiamenti sono richiesti.

Con la mente e il cuore, andiamo al tempo in cui Gesù sta per venire in questo mondo. Ma non c’è neppure bisogno di questo sforzo, perché Egli, nato tra noi poco più di duemila anni fa, essendo il Figlio di Dio è sempre presente, il nostro Contemporaneo, uno del nostro tempo, diventato il suo tempo. Non pensiamo mai a Gesù come uno del passato, come un assente che ricordiamo, ma solo come il Presente, l’eternamente Presente. Così il suo ingresso nel mondo; Egli è contemporaneo a noi e chiede di fare ingresso nella nostra vita. Se non accogli Gesù, in te, è come se Egli non fosse mai nato. Ma è tempo d’Avvento, Lui viene. Oggi.

Alle porte

La nostra vigilia si fa ansiosa, febbrile, che già sentiamo il rumore dei suoi passi. Non è solo un sapiente, ma il Giusto e il Santo di Dio; non un condottiero, come quelli dei popoli antichi e di Roma, conquistatori del mondo, ma il Pastore, il buon Pastore; non è avido di denaro, di terre e di gloria, ma è il Re mite e il Principe della pace. È l’Eletto, meglio, il Figlio di Dio, il quale si è compiaciuto in Lui e vi ha riversato il suo Spirito.
Ecco, Gesù esporrà la Legge definitiva alle genti, più di Mosè e al popolo di Mosè, antecedente e superiore, infinitamente superiore a ogni legislatore. Ma per questo non griderà, né farà sentire la voce altisonante per le vie. Non spezzerà la canna incrinata né spegnerà la fiammella che vacilla. Il Signore Dio gli darà un linguaggio penetrante affinché sappia parlare ai piccoli e ai deboli, come e più che ai potenti.
Dio gli ha espresso il suo volere e Lui l’ha accolto. Non indietreggerà ma presenterà il suo dorso alle percosse, le sue guance agli insulti; non nasconderà la faccia ai dileggi e agli sputi. Dio lo sosterrà; il suo Volto bellissimo sarà impassibile come selce, certo di non restare confuso. Giudicato, sarà il Giudice, calpestato dalle autorità di Giudea e di Roma, sarà ancora più autorevole.
Da Gesù, la dottrina mai sentita; la sua Legge sarà luce per i popoli. Imminente è la sua salvezza. Il suo braccio governerà le genti. In Lui confideranno le nazioni. Inizia un tempo nuovo.
Matura una diversa alleanza per l’umanità: non il primato politico di Israele ma il Regno dello spirito, della libertà, dell’amore, della Vita divina, la sua Grazia; il nuovo Culto, dove il Dio d’Abramo e di Mosè si rivela come il Padre, placato da Gesù, Vittima che espia ogni colpa e merita l’intimità con Lui.

Verbo fatto carne

Poi il sole si leva e si innalza. Gesù, la Luce e la Vita degli uomini, splende nella notte, ma le tenebre non l’hanno accolto. Il mondo che per mezzo del Verbo fu creato, non l’ha compreso. È venuto nella sua casa, ma i suoi non l’hanno voluto.
Tutto, Gesù sa fin dal seno materno. Il rito della sua offerta si apre nel buio dell’ignoranza, nell’amarezza dell’isolamento, nella pena del ripudio.
Non c’è che Maria, sua Madre, e Giuseppe, custode di Maria e del divino Bambino che nasce, a essere coscienti del suo mistero, come ultimo anello di una millenaria tradizione di attesa e di speranza.
Gesù, nato a soffrire, già intercede per noi, concepiti nella colpa d’origine. In ogni istante, Gesù già si presenta al Padre sotto le sembianze del Servo, avviato al sacrificio che ci libera e ci salva.
Sembra che il “caso” concorra ad avverare le profezie dei vati dell’Antico Testamento: l’editto di Augusto sul censimento obbliga Gesù a nascere a Betlemme, dove da secoli si attende il Figlio e l’erede di Davide.
La folla che gremisce gli alberghi costringe Maria Santissima a generarlo nella grotta. Non c’è posto più adatto alla maestà del Figlio di Dio, perché non ce ne è altro che possa accoglierlo: solo il nulla delle umane grandezze può ricevere il Tutto che è il dono infinito di Dio.
I pastori, che vegliano il loro gregge, avvertiti dall’angelo che annuncia la più grande gioia (gaudium magnum!) non hanno segno più certo per riconoscere il Salvatore che la singolare abiezione del luogo che sente i suoi primi vagiti.
Non c’è altro miracolo che li induce a credere e ad accorrere, adorare e gioire, per lo straordinario Bambino: il Salvatore del mondo non può né vuole offrirsi sotto altre spoglie. La sua sublime povertà che lo seguirà sino alla Croce, ci libera dalla nostra spaventosa miseria.

Segno di contraddizione

Poi dalle carni del piccolo Gesù circonciso stilla il sangue: è la sua prima “veste battesimale” che lo associa ai figli della promessa, salda l’antica con la nuova Alleanza.
Alla sua presentazione al Tempio, il vecchio Simeone esulta: i suoi occhi contemplano in Gesù il Salvatore, la Luce delle genti, la Gloria d’Israele. In Gesù scorge il segno di contraddizione, segno di inestinguibile odio da parte di chi lo rifiuta, e di indomabile amore per chi lo accoglie e gli consacra la vita, spada di dolore per la Vergine sua Madre, già partecipe, fin dall’inizio, della sua tragedia.
Erode, carico di anni e di delitti, vuole toglierlo di mezzo, perché teme di essere spodestato da questo nuovo Nato, di cui hanno parlato i profeti di questo “strano” popolo. Erode sogna sangue e per la contrada di Betlemme scorre il sangue degli innocenti, mentre Gesù non ha altro scampo che la fuga.
Di notte, si precipita in esilio, senza casa, incontro all’ignoto, preda braccata dai potenti e colma di angoscia, Figlio di Dio da tutta l’eternità, venuto in questo mondo per essere, fin da piccino, figlio della tribolazione.
Poi quando il tiranno muore Gesù, nato a Betlemme, vive a Nazareth, malfamato paese della Galilea. Figlio di Dio, resta e appare come figlio di Maria, la sposa di Giuseppe, il carpentiere. Nessuno sa e dice altro di Gesù, là dove gli anni passano eguali, grigi, avulsi dalla illustre storia che si snoda nei fascinosi centri della politica e della cultura della Grecia e di Roma, delle genti del Mediterraneo.
Gesù obbedisce e tace. Ma la sua obbedienza è vigile e cosciente dei suoi motivi. Figlio di Dio, dipende da Dio prima che da ogni altro, perché venuto al mondo solo per compiere la sua Volontà.
A dodici anni, andato al Tempio, come “figlio della Legge”, Gesù rimane nel Tempio per tre giorni a discutere, Lui, la divina Sapienza, con i sapienti di Israele, che restano stupiti e sgomenti che un adolescente sappia parlare con risposte che solo Lui sa dare.
Maria e Giuseppe lo credono smarrito, ma Gesù rivela loro il mistero della sua intimità con il Padre, il suo destino di Passione e di Gloria. E ritorna a Nazareth e sta loro sottomesso.
Gesù, io ti cerco, ma non posso trovarti che nella grotta di Betlemme, nel silenzio di Nazareth, nel Tempio come Ragazzo umile e straordinario, sempre intento a compiere la volontà del Padre, mentre già rivendichi l’autonomia e il distacco da tutti, per la tua consacrazione di Vittima riservata all’olocausto che salva l’umanità.
È Avvento, Gesù. Io, come l’uomo di oggi, ti attendo, nella tua Verità.

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