SPIRITUALITÀ
La donna e il suo posto nella Mente di Dio
dal Numero 17 del 30 aprile 2017
di Claudia Del Valle

La “cultura del profitto” oggi dominante rischia di “derubare” la donna delle sue più alte e sublimi prerogative. Al contrario, la fede e la cultura cristiana le conservano un posto di privilegio, quello stesso voluto da Dio nel crearla a immagine di Maria Santissima.

Sull’importanza e l’influsso soprannaturale che la Vergine Maria ha avuto ed ha nella vita d’ogni donna, il pensiero della santa martire Edith Stein, Carmelitana e patrona d’Europa, sembra di particolare intensità ed attualità. La donna – scrive – «nella sua maternità naturale e soprannaturale, e nella sua sponsalità verso Dio, continua in una certa misura la maternità e la sponsalità della Virgo-Mater. E come il cuore di una donna nutre e sorregge i suoi organi corporei nelle loro funzioni, così possiamo credere che vi sia la cooperazione di Maria ovunque una donna adempie la sua missione femminile, proprio come è presente la collaborazione di Maria in tutta l’attività della Chiesa. Ma come la grazia non può compiere la propria azione nelle anime se esse non le si aprono con tutta libertà, così anche Maria non può realizzare in pieno la sua maternità, se gli uomini non si abbandonano a Lei. Le donne che desiderano corrispondere in pieno alla loro vocazione femminile, nei diversi modi possibili, raggiungeranno nel modo più sicuro il loro fine se non solo terranno davanti agli occhi l’immagine viva della Virgo-Mater e cercheranno di imitarla nel lavoro della loro formazione, ma si affideranno alla sua direzione, si porranno tutte sotto la sua guida. Ella può formare a propria immagine coloro che le appartengono. Ecco segnati i gradini che conducono la donna al suo posto, voluto da Dio, nel corpo della Chiesa: esser figlia di Dio, essere organo della Chiesa per maternità naturale e soprannaturale, simbolo ecclesiale, e soprattutto figlia di Maria».
Parlando della questione femminile in generale, l’allora Cardinale Ratzinger, in un’intervista rilasciata a Vittorio Messori nel 1985 e poi resa pubblica nel libro Rapporto sulla fede, ha affermato: «È la donna che sconta più duramente le conseguenze della confusione, della superficialità di una cultura frutto di menti maschili, di ideologie maschiliste che ingannano la donna, la scardinano nel profondo, dicendo che in realtà vogliono liberarla».
Anche a proposito delle reiterate richieste del Sacerdozio alle donne, ha affermato: «[...] questo tipo di emancipazione della donna non è affatto nuovo. Si dimentica che nel mondo antico tutte le religioni avevano anche delle sacerdotesse. Tutte tranne una: quella ebraica. Il Cristianesimo, anche qui sull’esempio scandalosamente originale di Gesù, apre alle donne una situazione nuova, dà loro un posto che rappresenta uno degli elementi di novità rispetto all’ebraismo. Ma di questo conserva il Sacerdozio solo maschile. Evidentemente, l’intuizione cristiana ha compreso che la questione non era secondaria, che difendere la Scrittura (la quale né nell’Antico né nel Nuovo Testamento conosce donne-sacerdote) significava ancora una volta difendere la persona umana. A cominciare, si intende, da quella di sesso femminile».
E quasi riprendendo idealmente il pensiero di Edith Stein, sostiene: «Sì, è la donna che paga di più. Maternità e verginità (i due valori altissimi in cui realizzava la sua vocazione più profonda) sono diventati valori opposti a quelli dominanti. La donna, creatrice per eccellenza dando la vita, non “produce” però in quel senso tecnico che è il solo valorizzato da una società più maschile che mai nel suo culto dell’efficienza. La si convince che si vuole liberarla, emanciparla, inducendola a mascolinizzarsi e rendendola così omogenea alla cultura della produzione, facendola rientrare sotto il controllo della società maschile dei tecnici, dei venditori, dei politici che cercano profitto e potere, tutto organizzando, tutto vendendo, tutto strumentalizzando per i loro fini. Affermando che lo specifico sessuale è in realtà secondario [...], la donna è derubata non solo della maternità, ma anche della libera scelta della verginità».
Alla crisi della donna, ma anche alla crisi dell’idea di Chiesa e di -morale, Benedetto XVI propose un rimedio che – dice – ha mostrato concretamente la sua efficacia lungo tutti i secoli cristiani. Un rimedio il cui prestigio sembra oggi essersi oscurato presso alcuni Cattolici, ma che è più che mai attuale. È il rimedio che indica con un breve nome: Maria.
Le donne “sante” che hanno segnato due millenni di agiografia cristiana sono le più autentiche testimoni della validità di questo rimedio che, in realtà, non è esattamente un rimedio, ma corrisponde al disegno eterno di Dio che ha creato ogni uomo e ogni donna sulla coppia prevista ab aeterno: Cristo-Maria.

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