SPIRITUALITÀ
Discepolo della divina Provvidenza. San Giovanni Crisostomo
dal Numero 3 del 22 gennaio 2017
di Padre Dominicus Re

Il grande Dottore san Giovanni Crisostomo insegna senza compromessi né ambiguità la Verità della Dottrina di Cristo, ma a caro prezzo. Se non sparge materialmente il suo sangue, fa però della sua vita un vero sacrificio.

Il 27 gennaio festeggiamo un grande Santo, nato ad Antiochia di Siria nel 349: san Giovanni soprannominato Crisostomo, cioè “Bocca d’oro” per la sua eloquenza, la quale trasparisce ancora oggi attraverso le sue opere scritte che ci sono giunte. La sua opera è colossale: 17 trattati, più di 700 omelie, i commenti a san Matteo e a san Paolo. È probabilmente il Padre greco più citato nel Breviario Romano.
Non fu un Teologo speculativo, trasmise, però, la Dottrina tradizionale e sicura della Chiesa in un’epoca di controversie teologiche suscitate soprattutto dall’arianesimo, cioè dalla negazione della divinità di Cristo.
Fu soprattutto un Pastore: Vescovo, Patriarca di Costantinopoli, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente. La sua è una teologia molto pastorale, in cui è costante la preoccupazione della coerenza tra il pensiero espresso dalla parola e il vissuto esistenziale. È questo, in particolare, il filo conduttore delle splendide catechesi con le quali egli preparava i catecumeni a ricevere il Battesimo. Il suo insegnamento è molto pratico; insegna per esempio ai genitori: «Fin dalla più tenera età premunite i bambini con armi spirituali, e insegnate loro a segnare la fronte con la mano» (Omelia 12, 7 sulla prima Lettera ai Corinzi). Agli adolescenti, insegnava a lottare contro la concupiscenza, ai coniugi, a conservare la fedeltà e lottava contro il divorzio.
Prossimo alla morte, scrisse che il valore dell’uomo sta nella «conoscenza esatta della vera dottrina e nella rettitudine della vita» (Lettera dall’esilio). Le due cose – conoscenza della verità e rettitudine di vita – vanno insieme. La volontà e l’intelligenza non devono mai essere separate.
Come Patriarca di Costantinopoli, san Giovanni ebbe molto a soffrire. Pastore della capitale dell’Impero, si trovò coinvolto spesso in questioni e intrighi politici, a motivo dei suoi continui rapporti con le autorità e le istituzioni civili.
In particolare, l’immorale Imperatrice Eudossia voleva la sua testa, perché non sopportava le sue critiche. C’era anche tutto un Clero decadente che non voleva essere riformato dal Patriarca. Due volte dovette recarsi in esilio: una volta perché fu deposto da un Sinodo, l’altra perché cacciato dall’Imperatrice. Fece ricorso al Papa Innocenzo I (si vede che, a quell’epoca, il Patriarca di Costantinopoli riconosceva il Papa di Roma come il suo superiore). Il Papa era convinto della sua innocenza, ma non aveva il potere di aiutarlo. Questo secondo esilio, in Armenia, fu per lui come una condanna a morte. Sono commoventi le numerose lettere dall’esilio, in cui Giovanni manifesta le sue preoccupazioni pastorali con accenti di partecipazione e di dolore per le persecuzioni contro i suoi.
Al termine della sua vita, dall’esilio ai confini dell’Armenia, «il luogo più remoto del mondo», san Giovanni riprese il tema a lui caro della Provvidenza, del piano che Dio persegue nei confronti dell’umanità: un piano «indicibile e incomprensibile», ma sicuramente guidato da Lui con amore. Questa è la nostra certezza: che, come scrive sant’Agostino, «Dio non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene». Anche se non possiamo decifrare i dettagli della storia personale e collettiva, sappiamo che il piano di Dio è sempre ispirato dal suo amore.
Così, nonostante le sue sofferenze, il Crisostomo riaffermava la verità che Dio ama ognuno di noi con un amore infinito, e perciò vuole la salvezza di tutti. Da parte sua, il santo Vescovo cooperò a questa salvezza generosamente, senza risparmiarsi, lungo tutta la sua vita. Considerava, infatti, ultimo fine della sua esistenza la gloria di Dio. Queste furono le sue ultime parole, il suo testamento: «Gloria a Dio per tutto!»

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