SPIRITUALITÀ
Tra tante strade, l’unica Via
dal Numero 28 del 17 luglio 2016
di Paolo Risso

Storie di eclatanti conversioni del nostro secolo, dei nostri giorni, indicano quale, tra tutte quelle proposte, sia la strada maestra, l’unica reale e affascinante via capace di portare l’uomo, qualsiasi uomo, alla felicità da sempre tacitamente bramata. Seguiamone le orme.

Certi signori d’oggi hanno fatto di tutto per detronizzare Gesù. Lo hanno messo a fianco di budda, di Maometto e di quanti altri cosiddetti leader religiosi. Qualcuno l’ha anche cacciato dai libri di Teologia e non pronuncia più il suo Nome, per piacere al mondo.
Nel lontano 1968, un Sacerdote lucido di mente e ardente di cuore, diceva a un gruppo di ragazzi: «Attenzione! Guardate di non impoverire Gesù Cristo, di non emarginare Gesù Cristo. Alla fine, andando di questo passo, sarà Gesù il vero Emarginato». Brutto affare quando Gesù è l’Emarginato della vita perché allora non resta che la disperazione.
Ma Gesù è Dio e non si lascia né detronizzare né emarginare. Anche oggi, nello sfacelo generale di questo mondo, Gesù cammina – Lui il Vivente – per le strade del mondo e si cerca i suoi amici, li riserva per Sé. Ed è una meraviglia, così che ti chiedi: “Ma questi da dove vengono?”.
Leggi questi appunti.


Gesù alla follia

Nel 2011 il Padre Etienne Goutagny, dell’Abbazia di Citeaux, ha pubblicato il bel libro Un moine le regard de Dieu. Souvenirs sur dom Godefroid Bélorgey (1880-1964), presso le edizioni Traditions monastiques dell’Abbazia Saint-Joseph de Clairval (Francia).
Dom Bélorgey fa parte della lunga serie di convertiti tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo. Nato in una famiglia cattolica della Borgogna, si allontana da ogni pratica religiosa durante i suoi studi alla scuola di veterinaria di Lione, dove l’ambiente scientista e materialista predomina, sotto l’influsso attivo della Massoneria.
Dopo gli studi, entra alla scuola militare di Saumur, poi è arruolato ai Corazzieri di Cambrai, dove si dedica alla sua passione per i cavalli. Tutto brillante esteriormente, ma l’ufficiale presto sente in sé il vuoto della sua vita mondana. In mezzo alla sua indifferenza religiosa, ha conservato, in spirito di fedeltà a una promessa della sua fanciullezza, l’uso di dire ogni giorno una preghiera alla Madonna e a San Giuseppe, suo castissimo Sposo.
Ed è così che Dio lo attende. Grazie all’influsso benefico di un compagno d’armi, fa conoscenza con il Cappellano militare, che è un Prete retto e colto, che crede davvero in Gesù Cristo. Si confessa, ritorna alla Santa Messa e alla Comunione. Gesù comincia a penetrarlo tutto. Allora decide di consacrarsi a Lui nella vita austera dei Monaci trappisti, senza conoscere ancora alcun Monastero.
Nonostante le risate di scherno dei suoi commilitoni e l’opposizione della sua famiglia, nel 1910 entra nell’Abbazia di Scourmont, in Belgio. Lì Dio forgia l’anima del giovane Ufficiale, ora Novizio, attraverso una dura prova della Fede che gli permetterà più tardi di saper aiutare quelli che si imbattono nei dubbi di fede.
Fra’ Godefroid ha la grazia di beneficare di un Maestro di Noviziato che lo orienta verso una vita di intimità con Gesù dove l’orazione ha il suo posto essenziale. Ecco, è così anche oggi: nella vita cristiana, nella vita sacerdotale e religiosa, non basta fermarsi alla superficie: occorre entrare e salire nell’intimità con Gesù, la “familiaritas stupenda nimis” di cui parla l’Imitazione di Cristo.
Monaco, Sacerdote, uomo tutto di Dio, amabile e forte, Dom Godefroid Bélorgey è chiamato presto a diventare Maestro dei Novizi, poi Priore della sua Abbazia. Nel 1932 è nominato Abate di Citeaux, l’Abbazia-madre di tutte le Abbazie cistercensi. Averlo portato là, è provvidenziale per il suo Ordine, perché lui ha già iniziato il suo “certamen”, la buona battaglia per dare tutto il suo posto alla preghiera nella vita monastica.
Al posto di vertice che ora occupa può esercitare tutta la sua influenza: da subito aiuta i trappisti a rivitalizzare la loro vita di canto corale e di lavoro (“Ora et labora” di San Benedetto) per una vita di orazione e di intimità con Dio, animata dalla carità teologale.
In realtà c’è sempre la tentazione di incentrarsi più su ciò che uno fa esteriormente, sul lavoro o sulle osservanze piuttosto che su Gesù, lo Sposo divino che deve animare e vivificare tutte le nostre azioni. Questa tendenza prendeva certi Monaci, stornandoli da ciò che essi, con una certa diffidenza, chiamavano “la mistica”. Ma è proprio questa la vita del Monaco e lo deve essere di ogni Cristiano-Cattolico, naturalmente al suo posto: Gesù Cristo, ideale, vita, gioia del Monaco, e di ogni credente in Lui.
L’eredità di questo illustre figlio di San Benedetto perdura attraverso i suoi scritti, che il Padre Goutagny raccoglie in questo libro con il suo bel profilo di uomo di Dio; il quale era solito dire: «Cercate Gesù alla follia perché Lui vi cerca alla follia» (p. 195); «Il nostro ideale cistercense: aver come modello la vita della Santissima Trinità». Ma questo è pure l’ideale di ogni Cristiano-Cattolico: «Non basta andare per il mondo, è indispensabile salire alle altezze di Dio».


“Convertito dall’ebraismo”

Gesù – dicevamo – continua a camminare anche oggi per le strade del mondo e si riserva i suoi amici. Ebbene, Egli continua a suscitare delle conversioni straordinarie per svegliarci nella Fede. Nonostante la confusione, si moltiplicano le conversioni al Cattolicesimo. Jean-Marie Elie Setbon viene dal giudaismo e la sua conversione rivela il fascino con cui continua ad attirare Gesù, fascino che passa attraverso il mistero della Croce.
Capita così che un piccolo ragazzo ebreo, che ignorava di essere ebreo, riceve 30 anni dopo il Battesimo nella Chiesa Cattolica. Nato da genitori ebrei non praticanti, Elia sarà mandato a frequentare una scuola ebraica dove sceglie di conformarsi ai precetti dell’ebraismo: «Io porto la kippa (lo “zucchetto” sul capo, proprio degli ebrei) e mangio a parte» – dirà Elia.
Ciò crea delle tensioni nella sua famiglia che lui lascia a 18 anni per recarsi in Israele dove si aggrega a una scuola di sionisti religiosi. La Torah e il Talmud non hanno segreti per lui... Di ritorno in Francia, si sposa con una ragazza che condivide le sue idee. Gli nascono sette figli, ma la prova si abbatte sulla sua famiglia: la sua sposa muore di cancro.
Dentro di sé aveva sempre provato una segreta attrazione verso Gesù: è giunto ora il momento in cui Gesù si manifesta a lui a più riprese: una volta a Trouville, vedendo un monumentale monte Calvario con il Crocifisso, per diverse notti di seguito si sveglia con addosso dei brividi e con la certezza che Gesù è presente nella sua camera.
Compra, legge e medita le Opere di San Giovanni della Croce, poi comincia un percorso doloroso verso la Chiesa Cattolica: riceve il Battesimo il 14 settembre 2008, festa dell’Esaltazione della Croce.
Un’altra storia di conversione? Sì, ma questa è dei giorni nostri e ci permette di comprendere meglio le affermazioni di San Paolo sulla “novità” cristiana, la libertà vera che Gesù ci ha portato e la necessaria indispensabile conversione per tutti – ebrei o pagani – per rivestire il Cristo, “Uomo nuovo”. Su questo punto, Elia, diventato al Battesimo Jean-Marie, prende le distanze dal Card. Lustiger, pur lui ebreo convertito (vedi p. 146, del libro che fra poco citeremo).
L’ultimo capitolo appunto intitolato Da la Torah alla Croce, è molto illuminante sulle differenze tra giudaismo e Cattolicesimo: la Fede cattolica porta a compimento la fede dei Profeti, ma proprio in Cristo segna la rottura con Israele che rifiuta il Cristo promesso. Il protagonista di questa singolare “avventura” fa vedere come è più facile nel nostro mondo contemporaneo essere ebreo che Cattolico e soprattutto che essere un ebreo convertito al Cristo!
Jean-Marie Elia Setbon racconta con semplicità ciò che ha vissuto, come un inno a Cristo che opera sempre nelle anime, anche le più lontane, attraendo e sconvolgendo vite intere a riconoscere e celebrare la sua gloria, come narra nel suo libro De la Kippa a la Croix. Conversion d’un juif au Catholicisme (Paris, Salvator, 2013), un libro pieno di speranza.


“Solo Gesù fa felici”

Nel 2012, Annie Laurent, esperta della questione religiosa e politica del Medioriente, ha pubblicato presso Artège, un piccolo libro intitolato L’islam peut-il rendre l’homme heureux? (L’islam può rendere l’uomo felice?).
L’Autrice cerca di esporre in breve la visione islamica dell’uomo, della sua vocazione e del suo destino. Ella presenta con oggettività la posizione dell’islam, ponendola a confronto con il Cristianesimo. Si constata allora, su temi fondamentali come Dio, la paternità divina, la persona umana e la sua dignità, inconciliabili divergenze.
La vita eterna, in cui si realizza pienamente la felicità dell’uomo, punto centrale dell’opera, finisce per dirimere la questione posta dal titolo. Essere felice per un musulmano è ricevere la felicità soltanto naturale, umana, che la sua “religione” gli promette, quaggiù e nell’aldilà, ciò che non è affatto la stessa cosa per il Cristiano.
A coloro che parlano spesso di “vie parallele” tra islamismo e Cristianesimo, di valori comuni a tutti i costi e che si augurano frutti spirituali dalle celebrazioni dell’islam, ecc... confondendo le anime, occorre ricordare e affermare che il Cristiano, il Cattolico vero trova la sua felicità soltanto in Dio, nella partecipazione soprannaturale all’Essere divino, alla Vita divina, che Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo ci ha meritato con il suo Sacrificio sulla croce.
Vero come è vero, che, come scrisse Blaise Pascal, «l’uomo supera infinitamente l’uomo», la risposta al problema “uomo”, può venire solo da Dio che lo chiama alla Vita divina con Lui in Gesù Cristo, come i tralci inseriti alla vite. L’islam dunque, con la sua materialità, la sua carnalità, non può far felice nessuno.
L’autrice Annie Laurent termina qui il suo lavoro, lasciando un’altra questione di cui già suggerisce la risposta: «L’islam può essere vera religione, quando non porta alcuna vera felicità all’uomo?». La risposta è già implicita nella domanda: soltanto Gesù Cristo rende felici, soltanto Gesù Cristo è la Verità assoluta ed eterna e fuori di Lui non c’è salvezza.
Per questo, oggi comincia a diventare più documentabile il fatto che dei musulmani diventano Cristiani-Cattolici, proprio per quella sete di senso, di significato, di felicità e di gioia, che alberga nel cuore umano e che è tacita ma assillante aspirazione a Gesù Cristo, fino a che non lo abbia trovato.
Ma questo occorre dirlo a tutti – gridarlo sui tetti – ai piani alti e ai piani bassi del mondo di oggi, affinché le anime non vadano in perdizione.

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