PASQUA
La Vita che risorgeva
dal Numero 16 del 20 aprile 2014
di Don Dolindo Ruotolo

In questa pagina dedicata alla Risurrezione traspare l’esuberanza di una ricostruzione nella fede che vede la grandiosità del fatto al di là della cronaca dell’Evangelista. Contempliamo anche noi il nostro Redentore riprendere vita!

La preghiera di Maria affrettò la Risurrezione

Il momento fu solenne, e nessuno all’infuori degli Angeli ne fu spettatore. Crediamo fermamente che ne fu spettatrice anche Maria Santissima; benché lontana col corpo, l’anima sua era rimasta come chiusa nella tomba, in profonda adorazione. Era mesta, profondamente mesta, ed a Lei che apprezzava più d’ogni creatura Colui che era la Vita, doveva fare immenso dolore pensare che era stato ghermito dalla morte. Sapeva che doveva risorgere, lo credeva, lo sperava, ed affrettava quel momento con la sua preghiera. Essa sapeva che con la sua preghiera aveva affrettato il momento dell’Incarnazione, sapeva che il Figlio suo nulla le negava, e pregava. Si può dire che Gesù non volle ritornare alla vita senza Maria, per un atto di divina deferenza, poiché Maria gli aveva dato la vita temporale. Attese il comando del Padre, alla cui Volontà era tutto dedicato, ed attese il comando supplichevole della Madre, alla cui volontà era stato sempre sottomesso. Non aveva mutato nulla in questa provvidenza di sottomessa obbedienza.
Maria pregava, pregava; avrebbe quasi voluto raccogliere nel suo Seno benedetto quel Corpo piagato ed inerte, e ridargli la vita; sentiva ancora in sé, come grazia sovrabbondante, quella virtù dello Spirito Santo che l’aveva resa Madre nel verginale candore, ed avrebbe voluto per la seconda volta circondare l’uomo e vivificarlo.
Maria pregava. La sua onnipotenza era la preghiera, lo sapeva per esperienza, e, benché fosse immersa nelle tenebre del dolore, sperava la luce immortale e pregava.
Maria sentiva l’anelante desiderio di veder rivivere il Figlio, e l’Anima divina di Gesù bramava rompere i vincoli della morte del corpo che le apparteneva. La divina Persona terminava l’Anima ed il Corpo, ed era come forza che non poteva disgiungerli; per morire, quel Corpo dovette fare uno sforzo sovrumano, e per questo Gesù dette un grande grido nello spirare; dovette ricacciare l’Anima, emisit spiritum, quando essa gli era congiunta perché la divina Persona l’aveva terminata, come aveva terminato il suo Corpo. Si direbbe che si disgiunsero per forza di amore, come si allontanano i due estremi di un elastico che pur tendono a ricongiungersi.
L’Anima era discesa nel Limbo, aveva vagato trionfante, fulgente di luce divina, e il Corpo era rimasto inerte, dissanguato, fasciato, chiuso, pur stando ipostaticamente unito con la vita infinita. Anelava perciò all’Anima, come l’Anima anelava ad esso, ma non poteva riprenderla ed esserne ripreso perché era morto; veramente morto, non aveva più Sangue ed aveva il Cuore squarciato. L’Anima lo vide, e non poteva riaccendergli la vita senza ricomporne le potenze atte alla vita, poiché l’anima non può vivificare le vene vuote, il cuore infranto e le membra inerti perché non hanno più potenza nei centri di trasmissione delle loro attività.

Gesù risorge da morte!

Maria pregava, e l’Anima divina di Gesù, allo scoccare del momento stabilito da Dio, affrettato dalla preghiera fino al semplice apparire del terzo giorno, andò veloce come scoccar di folgore al sepolcro, e ripassando per i luoghi della Passione, riaccolse il Sangue che v’era sparso. Anche quel Sangue era divino, e sentì l’attrazione della divina virtù che lo chiamava, perché fosse tornato vivificato nelle vuote vene del Corpo divino. Fu un momento, un grandioso momento, poiché la divina onnipotenza non ha bisogno di tempo per agire: l’Anima penetrò nella tomba, rivide il Corpo che le apparteneva con tanto diritto, l’amò, l’amò con fiamma infinita, perché l’amò con l’infinito vivificante Amore. L’amò e nell’amarlo lo ricompose per la divina virtù che era in Lei. In un attimo le membra martoriate si ricomposero, il Sangue ripigliò il suo posto, ed il Cuore, pur squarciato, diventò atto alla vita.
Gli Angeli tremanti di gioia adoravano.
La tomba era avvolta dal brumoso silenzio dell’alba, vigilata dall’annoiata presenza della guardia stupita di dover custodire un morto, ignara di custodire come picchetto d’onore la Vita che risorgeva. La terra sembrava cantare in sordina essa pure un inno di vita, poiché silenziosamente erompevano qua e là dai rami ancora stecchiti le gemme novelle, ombra di risurrezione, stentata risurrezione dopo l’inerzia invernale.
L’Anima di Gesù s’avvicinò al Corpo, e quasi nube lucente, sparì penetrando le funebri bende.
Fu un momento.
Si animò il cerebro, pulsò il Cuore, quasi affannando d’amore per l’aperta ferita, rigurgitò il Sangue nelle vene, deviando alle ferite delle mani e dei piedi, che rimasero come gemme gloriose del trionfo sul peccato. I nervi, come percossi da una corrente potente, si ridestarono riunendo i muscoli; la pelle si ricompose rosea e fresca, profumata non di mirra e di aloe, ma di balsamico amore. Quel Corpo era vivo, più vivo di prima, senza il peso inceppante della materia, vero corpo ma fluido quasi come luce, come fuoco, come onda d’amore. Gli occhi splendenti s’aprirono alla Luce eterna, e quella vita mirabile fu tutta un inno di adorazione e di ringraziamento al Padre, fu tutta una freschezza di gioia, di giovinezza novella, di pace.
Il Corpo divino sgusciò dalle bende senza bisogno di svolgerle, s’alzò bellissimo, vestito di splendore, attraversò il masso, uscì alla luce, riguardò la caverna ancora chiusa dai suggelli, sorrise trionfante, poiché aveva dissigillata per sempre la morte e l’aveva vinta.
Camminò perché era veramente vivo, svoltò, e i primi raggi del sole, innanzi a Lui, quasi fiocchi di tenebre, si umiliarono. Egli era la Luce. Com’era bello! Io lo vedo e mi trema il cuore d’amore: la sua chioma è splendida come regale paludamento del capo glorioso; gli occhi placidissimi rifulgono d’amore e di bontà; grandi, cerulei, più belli della distesa dei cieli, guardano i secoli, dominano gli spazi, penetrano l’Eternità. Il suo Corpo è pieno di maestà, bellissimo nelle sue membra, spirante bellezza divina. Che gioia al suo passaggio! Egli è la Verità, Egli è la Vita, Egli è la Pace! Lo adoro, ma adorandolo lo amo, e mi sento fuso al suo Cuore ch’è tutto una fiamma d’amore e rifulge dall’aperta ferita. Mi guarda. Egli è la santità ed io il peccato; ma il suo sguardo è misericordia e m’avvolge di perdono e di pace, ed io piango, cantando con gli Angeli: «Victimae pascali laudes immolent Christiani. Agnus redemit oves, Christus innocens Patri reconciliavit peccatores». E il peccatore sono io, mi sento tale io solo, riconciliato dalla misericordia del mio Redentore!
Sosto ancora un momento, impallidisco, tremo. In questo momento medesimo gli Angeli rovesciano il masso del sepolcro, perché non sia più chiusa la tomba gloriosa del Risorto; la terra trema, le guardie del sepolcro cadono tramortite per lo spavento.
La Verità ha trionfato della menzogna. E gli Angeli cantano assisi sul masso rivoltato: Alleluia, alleluia, alleluia. O figli e figlie degli uomini, il Re celeste, il Re della gloria è oggi risorto da morte. Alleluia! Alleluia la pietra è rovesciata, i suggelli sono rotti, spezzato è il vincolo della morte. Alleluia!... Ed io prostrato faccio eco al loro inno trionfale esclamando: È risorto Gesù mia speranza, Egli mi precede nel Cielo. O Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Alleluia!

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