IL MEDICO
A proposito della relatività del tempo
dal Numero 16 del 21 aprile 2013
a cura del dott. Giuseppe Errichiello

È notorio che la sensazione del trascorrere del tempo è percepita diversamente a seconda dell’età del soggetto, infatti per le persone meno giovani sembra che il tempo vada più in fretta, per cui sarebbe il caso di chiedere ai nostri neuroni (le cellule che compongono il nostro cervello) perché ciò accada e come mai più si cresce con l’età, più gli anni corrono. Inoltre per quale motivo in caso di attacco febbrile i minuti non passano mai? Probabilmente è tutta “colpa” della nostra attività cerebrale e dell’energia che consuma.
Claudia Hammond, psicologa, autrice di Il mistero della percezione del tempo (Einaudi) invita ad una riflessione: quando ci viene proposto un impegno più in là nel tempo, noi prima di accettare ci pensiamo: “Forse per la prossima settimana, quasi quasi ce la farei”. Avendo, poi, accettato, dopo una breve e superficiale considerazione, tendiamo a pensare che un compito, se ci toccherà nel futuro e non nell’immediato, richiederà meno tempo di quello che poi servirà davvero per portarlo a termine, alla fine ci ritroviamo sempre ad andare di corsa per ottemperare all’impegno. Inoltre la Hammond nel suo saggio ci mostra come la percezione del tempo sia una costruzione mentale, e come tale spesso ci inganni. Bisogna considerare che i fattori in gioco sono diversi. Anzitutto le emozioni: infatti per gli impulsivi il tempo passa più in fretta, e ci sono anche influenze più sorprendenti, come verificò Hudson Hoagland nel 1935, per la temperatura corporea. Nell’esperimento della Hammond, infatti, i soggetti con la febbre a 39 percepivano il trascorrere del tempo velocemente: 34 secondi davano loro la sensazione di un minuto trascorso.
Ma la percezione della dimensione del trascorrere del tempo dipende anche da ciò che viviamo al momento. Il neuroscienziato americano David Eagleman sostiene che di fronte alle esperienze nuove, l’attività dei neuroni aumenta e il cervello, consumando più energia, dà la sensazione che un’esperienza sia durata di più. Esempio: in un viaggio verso un posto mai visto prima, l’andata ci sembrerà prendere più tempo del ritorno. Questo fattore-novità potrebbe spiegare anche il perché più si invecchia e più il tempo sembra volare. Infatti, quando pensiamo ad esperienze del passato tendiamo a stimarne la durata dal numero di ricordi che ci sono rimasti impressi (i più vividi sono quelli tra i 15 e i 25 anni) per cui ci sembra che oggi un anno duri molto di meno.
Pertanto quando si percepisce il passare del tempo come più rapido (“il tempo vola”), significa che la durata sembra inferiore a quanto è in realtà; al contrario accade che si percepisca il passare del tempo come più lento (“non finisce mai”). Il primo caso viene associato a situazioni piacevoli, o di grande occupazione, mentre il secondo si applica a situazioni meno interessanti o di attesa (noia). Inoltre sembra che il tempo passi più in fretta quando si dorme. Il problema della percezione del tempo si trova in stretta correlazione con i problemi relativi al funzionamento ed alla fisiologia del cervello. Un esempio di ciò è la cronostasi o arresto del tempo, un’illusione che sembra far durare più di quanto realmente è avvenuta un’immagine che precede un rapido movimento dell’occhio (fenomeno sfruttato anche per la cinematografia). La versione più nota è l’illusione dell’orologio fermo, nella quale il primo spostamento della lancetta dei secondi di un orologio analogico, dopo che l’osservatore ha iniziato a guardare l’orologio, sembra richiedere più tempo dei successivi.
Un altro grande progresso del pensiero è stato la formulazione della teoria della relatività di Einstein, secondo la quale il tempo non è assoluto, ma dipende dalla velocità della luce e dal riferimento spaziale che si prende in considerazione, da cui l’esempio del paradosso dei due gemelli (esistono due gemelli, di cui uno parte per un viaggio interstellare con un’astronave capace di andare a una velocità prossima a quella della luce, mentre l’altro rimane sulla Terra. Secondo le naturali conseguenze della relatività, il primo gemello, al suo ritorno sulla Terra, sarà più giovane del fratello gemello rimasto), ma la teoria della relatività di Einstein è un altro discorso molto più impegnativo, magari da trattare a parte in altra rubrica.

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