RECENSIONI
Messer Arcibaldo. Lettere di un esperto diavolo a un apprendista tentatore
dal Numero 44 del 28 novembre 2021
di Fabrizio Cannone

Un’efficace lettura spirituale per ogni cattolico. Basterebbe una “diabolica lettera” ogni sera, per 2 settimane, quasi una sorta di Tachipirina spirituale e il piano infernale potrebbe essere conosciuto da tutti.

Padre Serafino Lanzetta, teologo francescano e punta di diamante degli apologeti cattolici, anche grazie ad un forzato (e provvidenziale) esilio anglosassone, ha potuto approfondire la lingua, la cultura e la letteratura inglese. E in questo racconto epistolare si ispira al grande scrittore irlandese Clive Staples Lewis (1898-1963). In particolare alle ben note Lettere di Berlicche, un classico della letteratura di ispirazione religiosa, o della fiction teologica in chiave di critica alla decadenza dello Spirito, negli anni della Scienza, della Democrazia e del Progresso.

Pubblicate come libro nel 1942 le Lettere di Berlicche, che erano già uscite a puntate sul Guardian, mettono in scena due diavoli, il sapiente Berlicche e l’ingenuo Malacoda, che nell’inglese di Lewis si chiamavano però Screwtape e Wormwood. E il diavolo maggiore è lo zio del minore e lo istruisce sul modo di tentare la gente, già in vena di consumismo e di superficialità, con lo scopo di sviare l’uomo dalla verità.

Padre Serafino ci offre un’opera simile, aggiornata al presente, 80 anni dopo il romanzo di Lewis. Berlicche diventa ora Messer Arcibaldo e Malacoda si trasforma in Polliodoro. Tutto il libro è una corrispondenza, misteriosamente finita nelle mani dell’Autore, che ci svela i piani segreti dell’Inferno per «sedurre gli uomini con le loro stesse seduzioni» (p. 7).

E ciò attraverso la voce inquietante di Messer Arcibaldo che istruisce, incalza, sprona il Polliodoro, un diavoletto di fresca nomina, «mettendolo sulla buona strada nell’arte della perdizione degli uomini» (p. 8).

La differenza di fondo tra Lewis e padre Serafino sta nel fatto che il primo parlava dei cristiani in generale, i quali già negli anni ’40 del Novecento rischiavano di essere irretiti dallo spirito borghese e dal desiderio di una vita comoda e spensierata. Mentre il religioso francescano ci descrive in primis gli effetti delle tentazioni diaboliche presso la classe dirigente della Chiesa, tra sacerdoti, vescovi, cardinali, teologi e sommi pontefici.

Il libro è composto da 14 missive, 12 delle quali siglate dal precettore Arcibaldo, e 2 con le risposte del seguace Polliodoro. Si parla della vita cristiana in generale: il bene, il male, il peccato, la grazia, l’al di là, la morte, il giudizio, il Paradiso e l’Inferno, con vari chiarimenti teologici e filosofici sull’essere, il peccato, la grazia e la libertà. Sia, dell’attualità religiosa, storica e politica. Dalle riforme liturgiche del Cattolicesimo alla mitizzata pandemia, dalla sessualità all’apostasia silenziosa e inavvertita dei credenti, dall’adeguamento al mondo al dovere di resistere all’ateismo egemone, dallo svuotamento improbabile dell’Inferno alla (ormai prossima…) canonizzazione di Giuda.

Ad un certo punto dello scambio epistolare, Messer Arcibaldo svela al suo allievo lo scopo ultimo del loro lavoro, o se vogliamo il mezzo numero 1 della desertificazione del Paradiso. «Ciò che vogliamo davvero è una Chiesa confusa, in cui vince sì il più forte, chi ha più potere, ma che poi non vinca più di tanto o si affermi come vincitore. Non ci importa vincere ma lasciarli in balìa di una sfida continua, perenne, lanciata contro se stessi. Così il nostro padre delle profonde dimore può regnare indisturbato. Proveremo a insufflare nelle menti dialoganti un modello di Chiesa che si apre al mondo, che dialoga a tutto campo, senza temere più nulla, ma che si confonda altresì con il mondo. Il subbuglio, che come vento di libertà soffiamo nelle menti dei nostri alleati mondani, può così presto iniziare a soffiare anche nelle menti di esperti ecclesiastici e curiali dai colletti inamidati» (p. 55).

Insomma si tratta di un’efficace lettura spirituale che ogni cattolico degno di questo nome dovrebbe fare. Basterebbe una diabolica lettera ogni sera, per 2 settimane, quasi una sorta di Tachipirina spirituale e il piano infernale potrebbe essere conosciuto da tutti.

Anche perché, lo si chiami Berlicche o Arcibaldo, Malacoda o Polliodoro, è ormai palese che questo piano esiste e prospera nelle strutture della Santa Chiesa. Offuscandola, opprimendola, «autolimitandola», «auto-secolarizzandola» (Benedetto XVI), ma soprattutto seducendone i membri e gli esponenti. In modo da confonderli, sviarli e soprattutto illuderli che servendo il mondo e i mondani si stia edificando il regno di Dio.

L’umorismo raffinato e tagliente di padre Serafino, come quello old british del grande Lewis, è un’arma potente e necessaria oggi per resistere e non desistere. Per ridere anche in mezzo alle afflizioni, per dichiarare battaglia senza avere quei volti lugubri e spettrali, tipici dei piani di sotto, e incompatibili con la gioia esuberante di chi sa che Dio esiste.

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