FEDE E CULTURA
Mons. Umberto Benigni (1862-1934), un capofila dell’antimodernismo
dal Numero 26 del 29 giugno 2014
di Fabrizio Cannone

Ecco in breve tratteggiata la vita e le meritorie opere di mons. Umberto Benigni in favore della Santa Chiesa Romana che il Prelato difendeva a spada tratta, soprattutto con la penna e con la fondazione di un’associazione cattolica volta a colpire il modernismo teologico, politico e sociale.

Moriva a Roma 80 anni fa, nel più grande isolamento, mons. Umberto Benigni, capofila dell’antimodernismo cattolico sotto papa san Pio X (1903-1914). Ripercorrerne per sommi capi la figura appare sempre più necessario in un periodo storico come il nostro, caratterizzato senza dubbio da una nuova esplosione delle tendenze e degli errori combattuti da Benigni un secolo fa. Attendendo una biografia storica che faccia piena luce sulla figura del Prelato romano, è quanto mai opportuno fornire ai lettori alcune notizie su di un raro rappresentante del clero cattolico, d’ordinario aspramente criticato sia dagli storici laici che dagli stessi storici cattolici e moderati, ma di fatti ben poco conosciuto. La stessa autorevole Enciclopedia Cattolica, nella breve voce dedicata al Sacerdote, conclude così: «Resta, tuttavia, ancora prematuro e difficile dare un giudizio equanime e definitivo su parecchi atteggiamenti della sua vita e della multiforme, e talvolta, non chiara sua attività» (EC, vol. II, col. 1347).
In occasione della beatificazione (1951) e della canonizzazione (1954) di san Pio X, fortemente voluta da Pio XII, emersero delle critiche verso il Pontefice veneto, specie per il suo modo di condurre la lotta al modernismo. La Sacra Congregazione dei Riti, in seguito divenuta Congregazione per le cause dei santi, incaricò il francescano Ferdinando Antonelli, futuro cardinale, di fare chiarezza sull’attività “repressiva” di papa Sarto e soprattutto sull’operato di mons. Benigni e del suo Sodalitium Pianuum (SP), una associazione cattolica di sostegno alla Santa Sede nella lotta al modernismo teologico, politico e sociale. Dallo studio di padre Antonelli, noto agli specialisti come Disquisitio e interno ai volumi della Positio di Pio X, traiamo le informazioni rilevanti circa la vita e le opere di mons. Umberto Benigni.
Benigni nasce a Perugia il 30 marzo del 1862. Vescovo della città era in quel frangente mons. Gioacchino Pecci divenuto, nel 1878, Leone XIII. Il futuro Pontefice ebbe sempre in grande stima il Sacerdote perugino, tanto che dopo la sua Ordinazione (1884), ricevuta a soli 22 anni, lo volle come suo segretario. Don Benigni, fin da giovanissimo, presenta una personalità veramente poliedrica ed eccezionale. Anzitutto è ben noto il Benigni giornalista e uomo di penna. Dopo varie attività locali, nel 1892 fondò il primo settimanale di sociologia cattolica, con il titolo di Rassegna sociale (in seguito chiamato Biblioteca periodica), ispirato al magistero dei Papi, dal Sillabo alla Rerum novarum. Nel 1893 entrò nella redazione dell’Eco d’Italia di Genova.
Si recò poi a Roma, sempre per volontà di Leone XIII. Dopo un periodo di studi e ricerche in Germania (Benigni era poliglotta e seguiva la stampa di mezza Europa), divenne nella Capitale del Cattolicesimo redattore capo della Voce della Verità, uno dei più noti quotidiani di taglio papista e “reazionario”. Dal 1902 al 1907 pubblicò una rivista storica di livello universitario chiamata Miscellanea di Storia ecclesiastica. A partire dal 1906 fu cooptato, grazie a mons. Pietro Gasparri, nella Segretaria di Stato, con il ruolo di Sottosegretario agli Affari Ecclesiastici straordinari. Dal 1907, l’anno del Decreto Lamentabili che per la prima volta usò il termine “modernismo”, come farà poi l’enciclica Pascendi, Benigni pubblica una rassegna stampa col nome di Corrispondenza Romana. Secondo padre Antonelli la nuova agenzia cattolica «conteneva notizie raccolte in tutto il mondo, per mezzo di vari corrispondenti ed amici del Benigni, per seguire da vicino i movimenti ideologici, politici, sociali che potevano interessare la Chiesa e la sua attività».
Ma oltre all’impegno febbrile di giornalista, mons. Benigni ebbe anche altre due passioni, sempre e ugualmente al servizio della Verità e della Chiesa. Quella della docenza e della ricerca storico-teologica, e quella, più delicata e complessa, del suo Sodalitium Pianuum, che fu definita dai malevoli come uno “spionaggio” o un “controspionaggio” al servizio della Santa Sede.
Per quanto concerne la ricerca e l’insegnamento, basta citare il fatto che Benigni, nonostante la lotta incessante contro i nemici della Chiesa, anche se mascherati da falsi fratelli, fu un docente universitario di lungo corso presso varie università romane, come l’Apollinare, il Collegio Urbano (poi Urbaniana), il Seminario Vaticano maggiore e l’Accademia dei Nobili ecclesiastici. Tra i suoi studenti, ci furono personalità diverse come il modernista Buonaiuti e i futuri Pontefici Giovanni XXIII e Pio XII. Le sue pubblicazioni, di carattere storico, non sono di minor pregio. Si pensi alla Historiae ecclesiasticae prolegomeni (1900), alla Historiae ecclesiasticae repertorium (1902) e alla Historiae ecclesiasticae propedeutica (1905), tre manuali molto letti nella Roma dotta del tempo. Si pensi però, soprattutto, alla magnifica Storia sociale della Chiesa, in 7 poderosi volumi (il primo del 1907 e l’ultimo del 1933, un anno prima della morte). Si tratta di un’opera sistematica, sullo stile di quelle del Pastor (1854-1928) e del card. Hergenrother (1824-1890), purtroppo incompleta a causa della morte dell’Autore. Il Benigni vi si mostra storico scientifico e pienamente informato, in grado di offrire sintesi originali e stimolanti, seppur con un brio ed un linguaggio speciale, a volte intriso di forte polemica, a volte ricolmo di humour ironico e tagliente.
La dimensione della sua attività che lo rese avversario di molti, esterni ed anche interni alla Chiesa, è però collegata con l’attività del Sodalitium Pianuum. Il Sodalizio sorse nel 1909 e fu definitivamente soppresso nel 1921, in seguito ad una informativa del card. Sbarretti, Prefetto della Sacra Congregazione del Concilio, sotto Benedetto XV. Detto Cardinale scrisse al Benigni una missiva il 10 novembre 1921 per informarsi sull’esistenza e sull’operato, già assai malvisto, del SP, creduto da molti come una sorta di «massoneria cattolica». Dalla lunga e articolata risposta di Benigni, inserita nella Disquisitio, sappiamo al meglio di cosa si trattava. Anzitutto il SP fu fondato «per la difesa religiosa contro i nemici specialmente interni (Modernismo, ecc.) con la piena approvazione, per non dire dalle mani stesse, di Pio X». Risultano agli atti in effetti, vari rescritti di papa Sarto e dalla Congregazione Concistoriale, diretta dal cardinal De Lai, di approvazione del SP e Pio X in persona fece avere ogni anno a mons. Benigni 1.000 lire per le sue azioni di contro-informazione. Il SP secondo l’intuizione di Benigni avrebbe dovuto diventare una sorta di istituto secolare, al servizio del Papa e della Santa Sede, per combattere le influenze perniciose del Modernismo e della Massoneria nella società e nella cultura, e soprattutto l’influenza di queste sette all’interno del mondo cattolico. Esso prevedeva una Dieta o consiglio, a Roma, presieduto da Benigni, con l’ausilio di altri sacerdoti e dei gruppi sparsi federati (le Conferenze san Pietro). Il SP ebbe nel suo decennio di vita al massimo un centinaio di collaboratori tra sacerdoti e laici, collocati in vari Paesi d’Europa e divenne la bestia nera dei modernisti come Loisy e Murri, e soprattutto dei semi-modernisti, come lo erano vari prelati cattolici. Ebbe però il sostegno di san Pio X e dei cardinali De Lai, Merry del Val, Gotti, Van Rossum e altri.
Lo spirito del SP è espresso nel Programma dello stesso redatto nel 1911 in 18 paragrafi. Al n. 1 si afferma: «Noi siamo Cattolici-Romani integrali. Come l’indica questa parola, il Cattolico-Romano integrale accetta integralmente la dottrina, la disciplina, le direzioni della Santa Sede e tutte le legittime conseguenze per l’individuo e la società. Esso è papalino, clericale, antimodernista, antiliberale, antisettario. Egli è dunque integralmente contro-rivoluzionario, perché avversario non solamente della Rivoluzione giacobina e del Radicalismo settario, ma ugualmente del liberalismo religioso e sociale».

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