FEDE E CULTURA
Il mondo è retto da Dio, non da Nerone
dal Numero 44 del 13 novembre 2016
di Giuseppe Butrimo

È la morale – sempre vera – che emerge e permea il famoso romanzo “Quo vadis” dello scrittore polacco Sienkiewicz, nel quale risplende “la bellezza della Fede cristiana, accanto alla decadenza della Roma pagana dei tempi di Nerone”. Un romanzo davvero formativo, per i suoi tempi e... per i nostri.

L’autore di Quo Vadis

Un secolo fa, il 15 novembre 1916, moriva in Svizzera il famoso romanziere polacco Henryk Sienkiewicz. Lo Scrittore famoso in tutto il mondo soprattutto per il romanzo Quo vadis, ottenne anche, proprio grazie a questo, il premio Nobel nel 1905. Il romanzo, scritto nell’ultimo decennio del XIX secolo, continua le grandi tradizioni delle opere letterarie storico-apologetiche di simile tematica, iniziate dal grande romantico francese Chateaubriand, col suo romanzo-epopea I Martiri (1809) e continuato, ad esempio, dai Cardinali inglesi N. Wiseman (Fabiola, 1854) e dal beato John H. Newman (Callista, 1855). Quo vadis è un romanzo fortemente apologetico e profondamente cattolico. La Fede cristiana attira e trasforma i protagonisti: nei dialoghi e nei comportamenti dei personaggi si vede la bellezza della Fede cristiana, accanto alla decadenza morale della Roma pagana dei tempi di Nerone. La morale dell’intero romanzo letto in questa prospettiva è, si potrebbe dire, che il mondo è retto da Dio, non da Nerone. Allo stesso tempo, però, il libro vuole presentare allegoricamente anche la sorte e il destino della Polonia: la Principessa Licia, insieme al suo fedele servo Ursus, raffigura appunto l’amata Patria dello Scrittore. L’idea morale trionfa sulla forza bruta degli oppressori e delle bestie e la protagonista diventa libera, conducendo pure alla vera Fede Vinicio...

La trilogia di Sienkiewicz

Se Quo vadis diede a Sienkiewicz fama mondiale e il premio Nobel – anche se l’ebbe per i meriti nella letteratura epica in generale – per i polacchi senza dubbio la più importante opera dello Scrittore è la trilogia di romanzi storici: Col ferro e col fuoco, Il diluvio, Il Signor Wo?odyjowski, ambientati nella Polonia seicentesca. Interessante è sapere che questi romanzi furono i libri preferiti del giovane Angelo Roncalli (il futuro Papa Giovanni XXIII), per il quale Wo?odyjowski rimase un modello di cavaliere senza macchia. I romanzi furono scritti – come diceva lo stesso Autore – per rinforzare i cuori, soprattutto quelli polacchi, nelle tristi e difficili vicende contemporanee. Sienkiewicz, morendo, disse: «Allora, non vedrò la Polonia libera». Mancavano in effetti due anni perché la Polonia divenisse di nuovo libera, dopo 123 anni, ma fu appunto lo Scrittore a preparare intere generazioni di compatrioti ad amare e difendere la Patria libera. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’esercito clandestino polacco – formato dai resistenti all’invasione nazista – fu pieno di giovani soldati che usavano gli pseudonimi presi dai nomi dei protagonisti di Sienkiewicz. Lo stesso, benché in maniera minore, si può dire dell’opposizione anticomunista nel secondo Dopoguerra, continuatrice del sogno di una Polonia libera.

Due illustri lettori

Ancora prima di questa posterità la trilogia di Sienkiewicz rinforzò i cuori dei polacchi, tanto che a soli quattro anni dalla morte possiamo scovarne un bell’esempio. Padre Bochenski, famoso logico e filosofo domenicano, da giovane partecipando alla guerra contro l’invasione bolscevica nel 1920 racconta: «Portai sul fronte Il signor Wo?odyjowski. Leggevamo questo libro nella luce dei focolai negli accampamenti in Ucraina. Fino ad oggi sono impressionato dal fascino col quale i miei compagni ulani [la cavalleria polacca], i ragazzi dalle campagne, ascoltavano l’epopea di Sienkiewicz. Egli creò la nostra cavalleria». Quella cavalleria che sulla Vistola salvò in quell’anno 1920 l’Europa dall’invasione barbarica dall’esercito comunista che non si sarebbe altrimenti fermato prima di giungere a Parigi. Anche san Massimiliano M. Kolbe, studente a Roma, si radunava con i confratelli polacchi per leggere insieme la trilogia di Sienkiewicz, togliendo solo dal romanzo alcuni paragrafi che «non servono a niente per noi Frati». Tuttavia Sienkiewicz è uno scrittore non solo rispettoso del decoro, ma anzi disprezzatore di ogni impudicizia che già ai suoi tempi iniziava a invadere i libri e gli spettacoli. «Gli istinti sensuali – egli scriveva – non dominano nemmeno la vita degli animali bruti, imponendosi su di loro solo per un breve periodo nell’anno. Quanto meno la vita umana! Tanto più vergognoso è che tutto il repertorio del teatro moderno è costituito da istinti e lussuria».

Fede e amore alla Patria

Se, come abbiamo visto, anche in un romanzo religioso – come Quo vadis – Sienkiewicz mise il suo amore per la Patria, ancor più vediamo la ricchezza della sua fede nei suoi romanzi patriottici. Il già citato Padre Bochenski dedicò uno studio alla Religiosità nella trilogia. «Sienkiewicz – scriveva – creò non solo la cavalleria polacca [del 1920], ma influenzò potentemente tutta la cultura polacca e – tra l’altro – anche la religiosità polacca». I cavalieri polacchi, protagonisti della trilogia, possono esser dei modelli della devozione profonda a Nostro Signore, e in particolare alla sua Passione (i cavalieri prima d’intraprendere qualcosa d’importante solevano abbracciare i piedi trafitti del Crocifisso), e alla Madonna. In particolare indicativo è il traditore convertito, Kmicic, un protagonista molto sui generis e tanto importante per le successive generazioni polacche. Kmicic, difendendo Jasna Góra (il Santuario della Madonna Nera a Cz?stochowa) pronunzia in un certo momento le parole: «Io per la Vergine Santissima... La morte, le sofferenze... Niente! Non so proprio che cosa farei per poter solo servirLa!». Il romanzo storico era, secondo Sienkiewicz, uno strumento didattico; uno strumento potente e forse l’unico strumento di cui potevano abbastanza facilmente far uso i polacchi, trovandosi sotto la triplice occupazione tedesco-russo-austriaca. Si doveva, certamente, utilizzare qualche giochetto di parole per sfuggire alla censura (del resto non molto rigorosa nella Polonia d’allora), ma grazie a questo... si potevano trascinare i giovani, indicare loro i grandi ideali dell’amore alla Patria, a Dio, all’obbedienza eroica ai propri doveri nei confronti appunto di Dio e della Patria. Perciò Sienkiewicz educò intere generazioni; perciò rinforzò – e continua a rinforzare – i cuori. Perciò anche è tanto disprezzato e odiato da chi invece vorrebbe veder i suoi compaesani (e non solo loro) seguaci ciechi delle empie mode odierne. Mode che hanno già parecchio superato la perversità di Nerone e della sua corte.
Comunque, è sempre Dio – e non Nerone – a reggere il mondo.

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