FEDE E RAGIONE
Le stelle simbolo dei santi
dal Numero 44 del 10 novembre 2013
di Antonio Farina

Dietro il notturno scintillio del cielo stellato vi è una realtà impensata: la continua genesi, sviluppo e fine di miriadi di stelle. Tutto ciò oltre a inabissarci nel pensiero del Creatore, ci ricorda la presenza dei Santi, di coloro che ci hanno preceduto e brilleranno per sempre nel firmamento del Paradiso.

Molti si domandano per quale motivo il Signore ha creato un Universo così immenso e disseminato di miriadi e miriadi di stelle, oltre al nostro Sole, anche se noi non le potremo mai raggiungere . Don Dolindo Ruotolo si interrogava a tal proposito e ne proponeva una soluzione: «Alcuni si stupiscono che Dio abbia potuto creare tanti innumerevoli corpi celesti per la terra che è uno dei più piccoli pianeti [...]. Ma è chiaro che Dio parla degli astri in ordine alla terra e per quello che sono per la terra; ora il sole e la luna sono veramente, per la terra, gli astri più grandi, e le stelle del cielo sono veramente per la terra l’ornato del suo cielo [...]. Del resto non potrebbe stupire che Dio avesse creato tanti corpi immensi per la terra, giacché Egli non lavora di più a formare gli elettroni di un atomo di quello che lavori a formare gli astri [...]. Innanzi a Dio è immensamente piccolo il cielo con i suoi corpi colossali, come è ugualmente importante l’atomo con le sue particelle imponderabili. Dio solo è grande, e innanzi a Lui tutte le cose sono un nulla» . Poco più avanti egli precisa il senso delle sue parole: «Il Signore può avere un fine grandioso nella creazione dei corpi celesti, certamente ce l’ha, ma questo non esclude che Egli abbia voluto darci, nell’armonia dei cieli, l’idea più accessibile a noi della sua Onnipotenza, della sua Sapienza e del suo Amore [...]. La terra è figura della Chiesa che emerge dalle sue penose prove, ed ha sempre il suo Sole luminoso, Gesù Cristo, la sua luce perfetta, la Vergine Immacolata, e le sue stelle fulgenti, i Santi, paragonati da san Paolo alle stelle del firmamento (1Cor 15,41)».
In molte parti della Sacra Scrittura si allude alle stelle come al simbolo dei santi cioè dei cristiani perfetti che scintillano della santità di Dio glorificandolo nei Cieli. Il profeta Daniele afferma: «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» (Dn 12,3). Altrove si paragonano i “giusti” a scintille guizzanti di un fuoco, ma il senso è il medesimo: i santi sono portatori e testimoni di una frazione infinitesima delle Virtù di Dio ma questo è quanto basta per rallegrare il mondo con la loro presenza. In effetti gli astri notturni avvolgono la Terra di uno spettacolo magnifico ed incomparabilmente variegato perché, esattamente come i santi, non ci sono due stelle perfettamente uguali. Sappiamo questo attraverso lo strumento detto “spettrografo” che scompone la luce stellare in tutte le sue componenti di colore: ogni stella ha una sua “impronta” particolare e viene catalogata in base a questa sua peculiarità . Le stelle nascono e “muoiono” come i santi anche se la durata della loro vita è strabiliantemente più lunga: si parla di milioni e/o di miliardi di anni!
Come nasce una stella? E come termina il suo ciclo vitale? è una domanda interessante che trova una risposta non perché si è potuto osservare una stella dalla sua formazione al suo declino (visto che noi osserviamo strumentalmente il cielo solo dal 1600 e non da miliardi di anni), ma perché nella nostra galassia (la Via Lattea) “abitano” circa 150 miliardi di stelle e quindi c’è quella che nasce e quella che muore. La formazione di una stella ha inizio quando una nube molecolare comincia a presentare fenomeni di instabilità gravitazionale cioè la pressione interna del gas (idrogeno) non riesce a contrastare la forza di attrazione tra le molecole che le spinge ad ammucchiarsi l’una sull’altra. Cosicché si generano i cosiddetti globuli di Bok, densi agglomerati di gas e polveri oscure che arrivano a contenere una quantità di materia pari a 50 masse solari. La temperatura comincia a salire, la materia “collassa” verso il centro di gravità e si forma una protostella a forma di disco appiattito. Dopo un periodo variabile tra qualche centinaio di migliaio di anni a 10-15 milioni di anni si innescano le reazioni di fusione dell’idrogeno in elio e la protostella si “accende” e diventa una brillantissima neo-stella entrando col suo splendore a far parte dell’immenso firmamento.
È inutile dire che le cose sono molto più complicate di quanto sembra perché anche in questa fase di formazione molto dipende dalla massa del gas primordiale, dalla sua composizione, dalla presenza di onde d’urto dovute alla esplosione di stelle vicine e così via, tuttavia l’esito del “parto” è certo: nasce una nuova stella. Dice il Salmista: «Egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome» (Sal 147). Anche noi abbiamo identificato le stelle più brillanti del cielo notturno con dei nomi particolari e poetici. Gli astronomi egiziani, arabi e greci si sono sbizzarriti nel trovare appellativi curiosi legati alla civiltà agricola e contadina di quei tempi, come ci ricorda Tolomeo nella sua opera Almagesto. Spesso il nome è collegato alla posizione della stella nella sua costellazione: Deneb significa “la coda del cigno”, Fomalhaut significa “bocca del pesce” oppure al piede del Centauro troviamo Rigil, e ancora Scheab “la spalla di Pegaso”. Capella, nella costellazione dell’Auriga significa “capretta” (ed è luminosissima), perché gli antichi identificavano questo asterismo come un cocchiere che portava in spalla appunto una capretta per nutrire Giove infante... e così via. Ci si perde nel dominio sconfinato del cielo notturno e si possono passare ore e ore a trovare, osservare e ammirare le stelle più lucenti. Ma le stelle anch’esse muoiono come tutte le cose di questo mondo soggetto alla corruzione ed alla morte. Quelle con massa compresa tra 1 e 8 masse solari prima si dilatano diventando “gigante rossa” e poi dopo circa un miliardo di anni esplodono trasformandosi in “nana bianca”. Si tratta di eventi altamente catastrofici cui non sfuggirà neanche il nostro Sole (e neanche la Terra che verrà spazzata via nello spazio come un granello di sabbia). Niente però in confronto al destino delle stelle più “massive”: esse vanno incontro ad un improvviso e irreversibile “collasso” cui segue un’espansione violentissima o meglio un’esplosione immane durante la quale la stella emette tanta energia quanto un miliardo di stelle normali e raggiunge una luminosità che supera quella di tutte le stelle della galassia messe insieme. è un evento apocalittico che letteralmente semina morte e distruzione a distanza di migliaia di anni-luce... è lo spettacolo delle “supernovae”. Se una supernova dovesse esplodere in vicinanza della Terra sarebbero immediatamente distrutti il Sole con tutto il sistema solare. Nel 1054 gli astronomi cinesi annotarono l’apparizione nel cielo di una luminosissima stella nella costellazione del Toro che illuminava quasi a giorno la notte. Era una potentissima supernova che per fortuna distava da noi 6.000 anni luce (quindi in realtà era esplosa 6.000 anni prima ma solo nel 1054 arrivarono da noi i suoi effetti). Ce la siamo cavata! Se fosse stata più vicina le cose sarebbero andate molto diversamente... ma naturalmente ciò non rientrava nei piani di Dio sull’umanità.
Per le stelle più grandi di 10 o 20 volte il Sole si ipotizza addirittura la formazione di un buco nero.
Oggi, chi dirige un telescopio amatoriale verso il Toro trova una flebile ed opalescente nebulosa (M1), vestigia consunta di quell’immane catastrofe cosmica. Questa è la vita nel cielo, anzi il ciclo della vita e della morte delle stelle nel cielo: noi la chiamiamo morte ma in realtà è solo una trasformazione da un oggetto fisico ad un altro. Somiglia ancora in modo impressionante al destino degli uomini che dopo aver trascorso un effimero sprazzo di vita sulla terra si ritrovano trasformati e trasfigurati nella Vita eterna: «Ecco io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; suonerà infatti la tromba e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. è necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità» (1Cor 15,51ss).
Possiamo così ipotizzare che Dio abbia creato le sterminate schiere di stelle nel firmamento per ricordare a noi suoi figli pellegrini nel mondo il fulgido destino dei santi. Con questa certezza attendiamo fidenti lo squillo dell’ultima tromba.

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