I FIORETTI
Il Sacerdozio di Padre Pio: l’altare e il confessionale
dal Numero 12 del 20 marzo 2022

L’aspetto principale del ministero sacerdotale che occupa, o dovrebbe occupare, larga parte dell’opera di un sacerdote è l’amministrazione dei sacramenti, specie dell’Eucaristia e della Penitenza. Il Sacerdote è soprattutto l’uomo che Dio sceglie e consacra perché possa essere lo strumento attraverso il quale giunga ai fedeli la grazia sacramentale, frutto della Redenzione. Ogni altra attività, alla quale pure egli è chiamato, ha un valore secondario e subordinato a questo compito primario, che può essere attuato solo dal ministro consacrato e che realizza nella maniera più efficace la salvezza e la santificazione del popolo di Dio: «Il Presbitero raggiunge nell’Eucaristia l’apice del ministero quando pronuncia le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo... Questo è il calice del mio sangue...”. In tali parole si concretizza il massimo esercizio di quel potere che rende il Sacerdote idoneo a render presente l’offerta di Cristo. Allora veramente si ottiene – per via sacramentale, e quindi con divina efficacia – l’edificazione e lo sviluppo della comunità» (San Giovanni Paolo II, Udienza, 12 maggio 1993).

Nell’ambito dei sacramenti il sacerdote non ha un mezzo più potente della celebrazione della Messa per espletare il suo ministero a favore delle anime; egli deve essere prima di tutto l’uomo dell’Eucaristia: «Ribadisco lo stretto legame tra il sacerdozio e l’Eucaristia, come la Chiesa ci insegna, e riaffermo con convinzione, ed anche con intima gioia dell’anima, che il Presbitero è soprattutto l’uomo dell’Eucaristia: servo e ministro di Cristo in questo sacramento, nel quale – secondo il Concilio, che riassume la dottrina degli antichi Padri e Dottori – “è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa” (Presbyterorum ordinis, n. 5); servo e ministro, ogni Presbitero, a qualsiasi livello, in qualsiasi campo di lavoro, del mistero pasquale compiuto sulla Croce e rivissuto sull’altare per la Redenzione del mondo» (ibidem).

In san Pio da Pietrelcina vediamo realizzate magnificamente queste parole del Santo Padre. Egli realizzò la sua grande missione a favore delle anime principalmente attraverso l’intima unione con Gesù Eucaristia nella celebrazione quotidiana della Messa, straordinario “servo e ministro” del mistero pasquale rivissuto sull’altare. Per padre Pio la Messa era tutto! Tutto si giocava e si costruiva su quell’altare dove egli offriva il Sacrificio di Cristo, immolandosi con Lui… Il resto non era che una conseguenza di queste ore mattutine segnate dal mistero della Messa.

La “clientela mondiale” che giungeva numerosa a San Giovanni Rotondo da ogni dove, si radunava e si compattava intorno all’altare del Santo, in una apoteosi di fede, di amore, di dolore; era conquistata dall’atmosfera unica, pregna di soprannaturale, che si viveva in quella Messa nella quale si entrava davvero nella dimensione sacrificale del Sacramento.

Nella missione sacerdotale di padre Pio tutto faceva capo all’Eucaristia, proprio come deve essere per ogni sacerdote: «Tutto farà capo all’Eucaristia, nella quale è il principio vitale dell’animazione pastorale» (ibidem), insegna san Giovanni Paolo II ai presbiteri. 

L’attività pastorale di padre Pio era tutta qui, o meglio, iniziava qui e si completava poi con l’amministrazione del sacramento della Penitenza al quale il Santo consacrava, salvo le ore dedicate alla preghiera e ad alcuni atti comuni, tutto il resto del suo tempo. 

«In lui – affermò san Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale a San Giovanni Rotondo – trovarono una particolare accoglienza e risonanza spirituale i due aspetti che caratterizzano il sacerdozio cattolico: la facoltà di consacrare il corpo e il sangue del Signore e quella di rimettere i peccati. Non furono forse l’altare e il confessionale i due poli della sua vita?».

Tutta la giornata di san Pio ruotava intorno a questi due poli. La prima parte della giornata era dedicata alla celebrazione della Messa, con una lunga preparazione e poi un intenso ringraziamento. Essa iniziava molto presto perché circa alle 2.00 padre Pio si alzava per potersi immergere in una lunga preghiera presso il Tabernacolo che lo preparava ad ascendere all’altare per la Messa, celebrata sempre prestissimo, sia per una sua esigenza personale sia per le disposizioni che si ricevevano dal Sant’Uffizio.

Un desiderio ardente contrassegnava l’attesa della celebrazione, come attestano i suoi confratelli. Padre Raffaele D’Addario scrive al riguardo: «Andava a letto quasi a mezzanotte, ed intorno alle 2.00-3.00 già la sua sveglia suonava per la preparazione alla Santa Messa, che in quel periodo celebrava intorno alle 6.00. Più volte gli dissi di levarsi un tantino più tardi; ma egli sempre mi rispondeva: “Se fosse in mio potere, andrei a dire la Messa subito dopo mezzanotte”. Egli anelava l’ora della Santa Messa, quasi cervo sitibondo in cerca della fonte».

Padre Eusebio Notte invece ci lascia questa testimonianza: «Più di una volta il desiderio era tanto grande che mi ha supplicato, perché lo accompagnassi all’altare prima dell’ora stabilita. E, quando gli facevo notare che non era quello l’orario fissato per la celebrazione della Messa, mi pregava che lo accompagnassi almeno in sacrestia: la vicinanza con Gesù sacramentato calmava la sua ansia».

Padre Carmelo Di Donato invece attesta: «Padre Pio si svegliava prestissimo, alle 2.00, per prepararsi alla Santa Messa. Una sera ero presente nella sua camera, quando padre Eusebio Notte, che era addetto alla sua assistenza, gli disse in modo scherzoso che era troppo presto alzarsi a quell’ora, per prepararsi alla Santa Messa che doveva celebrare alle 5.00. Egli si fece serio e rispose: “Figlio mio, non è mai troppo per prepararsi alla Santa Messa”».

 

di Suor M. Gabriella Iannelli, Il Settimanale di Padre Pio, N. 12/2022

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