I FIORETTI
Don Domenico Labellarte, “seme di santità” nel solco di un secolo
dal Numero 45 del 5 dicembre 2021

L’11 novembre 2021, all’età di 100 anni, don Domenico Labellarte ha lasciato questa terra per andare a ricevere in Cielo il premio della sua lunga, operosa e virtuosa vita. Egli era un affezionato e fedele figlio spirituale di san Pio da Pietrelcina che, guidato dal Santo, ha accolto e attuato nella sua vita sacerdotale un grande progetto di Dio quale era quello di dare vita all’“Opera a servizio della Divina Misericordia”.

Nato a Valenzano il 17 maggio 1921, fin da piccolo ha avvertito la chiamata di Dio e il desiderio di diventare sacerdote. A 15 anni è già seminarista a Bari e a 20 anni viene accolto nel collegio Capranica di Roma per completare la sua formazione al Sacerdozio, ma la sua malferma salute sembra infrangere del tutto il suo sogno. Viene infatti rimandato a casa perché ritenuto non idoneo al Sacerdozio. Profondamente addolorato e come “sconfitto”, nel viaggio di ritorno verso casa, alla stazione di Benevento (nella cui cattedrale il Santo di Pietrelcina fu ordinato sacerdote), si ricorda di un certo padre Pio di cui aveva sentito parlare in famiglia, e si sente fortemente spinto a deviare il suo viaggio e a salire a San Giovanni Rotondo per incontrare l’uomo di Dio. Riesce a confessarsi con lui il 2 febbraio del 1943, ricevendo da lui l’assicurazione che il suo “sogno” si realizzerà: sarà sacerdote e missionario.

Le parole del Santo non saranno smentite. Dopo due mesi a casa, «senza medici, né medicine, ma solo aria di campagna e frutta», secondo quanto il Santo aveva consigliato, don Domenico si sente ristabilito e può riprendere a Roma il suo percorso di formazione che lo porterà all’ordinazione sacerdotale, poi sarà anche missionario. Dopo aver visto la svolta che padre Pio aveva dato alla sua vita, egli non lascerà più quel “padre” che gli aveva restituito salute e coraggio per andare avanti, dicendo a se stesso: «Ma chi lascerà più questo uomo! Non si può lasciarlo!». Da quel momento il Santo divenne il suo costante e insostituibile punto di riferimento, soprattutto nel percorso di fondazione della sua opera. Don Domenico stesso racconta in breve questo percorso.

«Il Buon Dio mi aveva dato delle ispirazioni nel collegio Capranica dove mi trovavo in Roma tra il 15 e il 17 maggio (1943) di quell’anno, però ero giovane, ero studente di filosofia e non stavo bene di salute, per cui mi vergognavo di parlare circa tale esperienza interiore. Pensavo che fossero sogni o altro, eppure ero ad occhi aperti, era verso il mezzogiorno, ero lì, dinanzi al tabernacolo, dinanzi all’immagine della Madonna, di sant’Agnese. Ciò che il Signore mi faceva percepire, per me, era qualcosa, diciamo, da mettere da parte. Avevo altri problemi da portare avanti. Ma il piano di Dio, evidentemente, era diverso; infatti il 22 agosto del 1943 padre Pio mi chiama in disparte in una saletta, e mi fa parlare per un’ora e mezzo circa. Io mi vergognavo, mi facevo rosso e il Padre: “Devi parlare”. “Ma mi sono confessato questa mattina...!”. “Ti ho detto, mi devi parlare”.

Mi mette le mani sulle spalle e, quando finisco di parlare: “Non è roba tua, viene da Dio”. Mi tranquillizzai in parte. “Guagliò, datti da fare...”. Dentro di me dissi: “Comincia la responsabilità”. Cominciai a tremare veramente. “Ma, Padre, cosa posso fare io? Lei vede come sono...”. Il Padre replicava: “E io che sto a fare?”. “Mi dica lei, allora, cosa devo fare...!”. Con pazienza, mi presenta il programma in tutti i dettagli. “Padre, allora comincerò quando diventerò sacerdote...”. Ed egli: “No, subito oggi”. “Ma dove, Padre?”. Ed egli: “Dove ti trovi, nel collegio”.

Avete ben capito che si tratta di una “fondazione” che il Signore mi chiedeva. Padre Pio mi fa subito cominciare con la “Lega della Fraternità”. “Padre, mi assista”, dico io. Mi fa inginocchiare e mi benedice; e così, da quel momento, diciamo che è stato un cammino insieme. Senza di lui non avrei potuto far niente.

Muore padre Pio il 23 settembre del 1968, resto molto sereno; ormai era stato avviato l’Istituto Secolare Femminile (le Ancelle della Divina Misericordiaed era in via di approvazione; come anche la Famiglia Secolare Maschile. Tuttavia, dinanzi alla bara di padre Pio, trasportata dalla cella in chiesa, sento un’ispirazione fortissima, per mezz’ora, dalle otto alle otto e mezzo: completare l’opera con Famiglie Religiose, ossia: “Metti in pratica l’amore al sacerdote, l’amore alla preghiera, l’amore alla sofferenza, l’amore al sollievo della sofferenza. Questo hai imparato da me per ventisei anni – è padre Pio che parla –. Devi dare ‘organizzazione’ a tutto questo.

Ho avvertito qualcosa veramente di forte, come le “chiamate” tra il 15/17 maggio del 1943. Si trattava di mettere su e, diciamo, di integrare i due misteri: quello dell’Incarnazione nelle due Famiglie Secolari; quello della Redenzione (sollievo della sofferenza, soprattutto) nelle due Famiglie Religiose» (1).

Don Domenico non lasciò cadere nel vuoto alcuna delle ispirazioni ricevute, portò avanti la fondazione degli Istituti secolari e poi quella degli Istituti religiosi, ai quali affiancò anche i laici. Oggi l’Opera a servizio della Divina Misericordia comprende infatti oltre ai due Istituti secolari femminile e maschile anche due Istituti religiosi: gli Apostoli e le Apostole di Gesù Crocifisso, e si è arricchita anche di due Associazioni per laici: il Movimento Apostolato della Divina Misericordia, e Famiglie in Comunione di Vita e di Azione.

Chi ha conosciuto e ha frequentato assiduamente don Domenico può tratteggiare un ricco profilo di lui, della sua vita, della sua personalità e della sua santità. Madre Saveria Palmisano, Madre generale delle Apostole di Gesù Crocifisso, scrive: «Nei ventisei anni di direzione spirituale e guida, tante volte padre Pio, chiamandolo amorevolmente “Domenicuccio delle belle arti”, alludendo al cognome Labellarte, intendeva renderlo consapevole dei suoi molteplici talenti: “Quanti doni il Signore ha posto nelle tue mani!”, perché li mettesse tutti e generosamente al servizio di Dio nella Chiesa. E così è stato o ha cercato di fare: niente per sé, tutto per Dio e per le anime da condurre a Dio! [...].

Ma come formarsi e formare, nutrirsi e nutrire? “Lascia tutto e prendi la Bibbia!” fu il primo categorico appello seguito dall’altro concreto consiglio: “Quello che mangi tu, dallo da mangiare ai tuoi figli!”. Il padre don Domenico ha portato avanti la sua missione animato dalla fede e dall’amore per il Signore e per le anime. Ha vissuto e gustato la contemplazione nella preghiera sin dalle prime ore dell’alba e di buon mattino era al lavoro nella “vigna del Signore”.

Il suo zelo apostolico trovò terreno fertile nel suo cuore. Nulla rimase intentato per portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio. Nelle toccanti omelie o nelle predicazioni, missioni al popolo, esercizi spirituali mensili, meditazioni, catechesi e nell’attivazione della “Radio al servizio della Divina Misericordia”, nella mensa dei poveri. In tutto il suo lavoro pastorale traspirava il suo: “Charitas Christi urget nos! (2Cor 5,14). Il suo apostolato aveva lo scopo di formare sacerdoti e laici, consacrati e sposati, alla vera santità, affinché fossimo tutti per Dio “un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es 19,6), quella stirpe eletta che proclami le Sue opere meravigliose (cf. 1Pt 2,9), che risplendono “come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita” (Fil 2,15-16). [...].

Quale tenacia ha mostrato nel mantenere regolarmente per anni l’impegno degli Esercizi spirituali aperti a tutti, il Ritiro spirituale ogni 13 del mese, le meditazioni quotidiane, la formazione quindicinale del gruppo di preghiera di Casa Sollievo della Sofferenza, la direzione spirituale, le missioni in Italia e all’estero, senza trascurare la sua parrocchia o i membri degli Istituti..., facendo sue le parole di san Paolo: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9,16)» (2).

Padre Tommaso Pio Fatone, degli Apostoli di Gesù Crocifisso, offre anche egli la sua testimonianza: «Io conobbi il Padre (così lo chiamiamo) nel 1993, quand’ero da tempo in ricerca vocazionale; e anch’io, quindi, posso dire di aver trovato a mia volta un padre che mi ha salvato e forgiato nella vocazione, così come è stato per tanti giovani, provenienti da tante parti del mondo, attirati dal suo straordinario carisma. Il Padre è stato uno dei testimoni e divulgatori più autentici della spiritualità di san Pio da Pietrelcina, tanto da indicarlo come modello nelle Costituzioni dei due Istituti religiosi, gli Apostoli e le Apostole di Gesù Crocifisso da lui fondati. L’amore alla preghiera e al sacrificio che furono dello stimmatizzato del Gargano, sono diventati quella ragione di vita del Padre e che, grazie ai suoi insegnamenti prima e la preghiera condita dall’offerta della sua sofferenza adesso, noi, suoi figli spirituali, vogliamo diffondere per il bene nostro e di tutta la Chiesa».

Il cappuccino padre Roberto Sardu che ha conosciuto don Domenico a San Giovanni Rotondo, dove questi sempre risiedeva, racconta come don Domenico divenne anche per lui un padre, una presenza viva di san Pio da Pietrelcina nel suo cammino di sacerdote: «Mi ha seguito per ben 20 anni. Come un padre amoroso che segue i suoi figliuoli. Mi ha fatto camminare sulla strada della vita cristiana e religiosa vera. Quanto mi mancano le sue carezze e i suoi rimproveri! Mi ha fatto amare padre Pio, la Madonna. Mi ha insegnato ad amare l’Epistolario di padre Pio e la Bibbia, che conosceva a memoria. Per me è stata una grazia conoscere don Domenico Labellarte. Mi ha seguito come un figlio, anzi più di un figlio. Si preoccupava di tutto, mi chiedeva se avessi mangiato, e se mi nutrivo bene. Era di una affabilità unica [...]. Andavo a San Giovanni Rotondo una volta al mese col permesso dei miei superiori; sostavo in preghiera sulla tomba di padre Pio e poi passavo da don Domenico. Quando rientravo ero contento, sereno e ricaricato. Che bei ricordi, mi sembrava di stare con padre Pio! Io che non l’ho mai incontrato di persona, ma don Domenico mi faceva sperimentare la sua presenza».

Anche il dottor Gennaro Cera, dirigente medico e responsabile del gruppo di preghiera di Casa Sollievo della sofferenza, che ha potuto beneficiare della presenza e della guida spirituale del Labellarte, scrive: «Non è facile esprimere in poche parole la ricchezza del dono che don Domenico ha rappresentato per me e per tutti noi. La sua guida illuminata e sapiente, la sua solida e profonda spiritualità formatasi alla scuola di padre Pio, la sua totale, generosa ed instancabile dedizione alle anime a lui affidate e alla loro crescita spirituale, la sua dolcezza, la sua tenerezza e la disponibilità senza limiti nei confronti di chiunque ricorresse a lui per qualsivoglia problema, ne fanno, a mio parere, un modello altissimo di guida e di paternità spirituale, particolarmente per i sacerdoti del nostro tempo, oltre che un modello di santità per tutti». 

La risposta generosa di san Pio a quell’invito che un giorno il Signore gli rivolse: «Santificati e santifica» continua a portare i suoi frutti di santità, come una luce che irradia attorno a sé il suo bagliore. Don Domenico Labellarte è uno di questi frutti, è una irradiazione di questa luce, è un bagliore vivo della santità del suo grande Padre spirituale che, a sua volta, continua a portare frutti di santità per l’edificazione della Chiesa: «Siate seme di santità gettato a piene mani nei solchi della storia» (Don Domenico ai membri dell’Opera al servizio della Divina Misericordia).   

 

di Suor M. Gabriella Iannelli, FI, su Il Settimanale di Padre Pio, N. 45/2021

 

Note

1) Testimonianza tratta dal sito ufficiale delle Ancelle della Divina Misericordia.

2) Tutte le testimonianze riportate di seguito sono tratte dal bollettino online dell’Opera al Servizio della Divina Misericordia con lo Speciale per i 100 anni di don Domenico Labellarte, maggio 2021.

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