I FIORETTI
Quei giorni... pieni di tristezza
dal Numero 41 del 18 ottobre 2015

Nel 1968 appartenevo alla religiosa famiglia Cappuccina di Isernia. Un giorno, mentre ero intento, nelle prime ore del mattino, a sfaccendare in cucina, ebbi un presentimento, accompagnato quasi da una voce che, internamente, mi sussurrò: «Presto il Signore chiamerà a sé Padre Pio e i Frati rimarranno con un pugno di mosche tra le mani».
Fui assalito da una sorta di turbamento cui seguì uno stato di angoscia. Amavo tanto il mio Padre spirituale, il mio grande benefattore!
[...] Il 25 maggio 1968, un amico di Padre Tarcisio si offrì per accompagnarci a San Giovanni Rotondo. Fu un viaggio molto penoso! L’ansia di arrivare presto dal Padre, di baciare ancora le sue mani piagate, di stringerlo al cuore, mi attanagliava. Fui perfino colto da malessere. Le mie dita si agitavano facendo scorrere in continuazione i grani della corona del Rosario. Pregavo e chiedevo alla Madonna di conservare ancora in vita il caro Padre Pio. Avevo però un brutto presentimento!...
Finalmente arrivammo alla meta. Corsi dal Padre, emozionato e commosso. Lo vidi da lontano e mi arrestai. L’uomo del dolore, col viso pallido e spaurito, faceva fatica a muoversi. I suoi occhi, grandi e luminosi, rivelavano però che il suo spirito era fortemente assorto in Dio.
Aspettai il suo rientro in cella. Quando fui alla sua presenza mi sentii ricolmo di gioia.
Mentre lo contemplavo, egli mi disse: «Guaglio’, vieni qua. Sai cosa mi è successo stamattina? Mentre andavo a confessare le donne, mi si è avvicinata una vecchietta. Le ho chiesto di pregare il Signore affinché mi chiami a sé perché sono tanto stanco e non gliela faccio più. Questa mi ha risposto: “Padre mio, tu devi campare altri cent’anni. Come faremmo senza di te?!”. Al che le ho aggiunto: “Non ti basta quanto ho sofferto? Mi auguri altre sofferenze invece di augurarmi di andarmene a Dio?”».
[...] Mi fermai a San Giovanni Rotondo due giorni e mi sembrò di stare in un angolo di Paradiso. [...].
Nel pomeriggio del 26 maggio 1968, prima di ripartire, andai a salutare Padre Pio. Lo abbracciai. Baciai le sue guance, poi la sua mano.
Non saprò mai descrivere ciò che provai. Quando mi inginocchiai davanti al Padre per ricevere la sua benedizione, i nostri occhi si incontrarono.
Ci guardammo a lungo senza parlare. Invece delle labbra, commossi, parlavano i cuori.
Feci ritorno ad Isernia dove i giorni passarono nella più assoluta normalità fino a quando, il 15 settembre, avvertii nuovamente la stessa locuzione interna che mi preannunziava prossima la fine di Padre Pio.
Confidai il tutto a Padre Tarcisio facendogli presente l’opportunità di ritornare a San Giovanni Rotondo. Il buon Padre condivise il mio desiderio e in breve fummo pronti per la partenza.
Durante il tragitto nessuno dei due disse una parola! Le nostre menti riandavano ai momenti che avevano resi indelebili nella memoria gli incontri avuti con Padre Pio.
Arrivammo in Convento la sera del 19 settembre. Trovammo una folla immensa che, ansiosamente, aspettava di vedere il Padre. Il giorno successivo cadeva l’anniversario delle stimmate e, per l’occasione, era stato organizzato il Convegno dei Gruppi di preghiera. Vidi la chiesa tutta addobbata di rose rosse!
L’indomani assistetti ad un tripudio di luci e fiori. C’era aria di festa ma, nel mio cuore, c’era aria di sofferenza, di dolore!
Ero convinto che stavo vivendo la vigilia di un evento luttuoso.
Vidi all’altare maggiore Padre Pio. Mentre celebrava, sembrava volesse elevare al Cielo il suo ultimo grido d’amore. Il suo viso era pallidissimo. Gli occhi erano pieni di lagrime. Faceva fatica anche a sollevare il Calice o la Patena.
Alla Consacrazione fissò a lungo l’Ostia. Pensai che in quel momento stesse affidando al Signore tutti i suoi figli spirituali, in un modo molto particolare. E un nodo mi serrò la gola, ricordando il presentimento che avevo per ben due volte avuto sulla prossima fine del mio Padre spirituale.
Mi sentii confuso tra la gente. La chiesa, grande, era divenuta piccola per la folla che continuava a crescere.
Dopo la Santa Messa e le Confessioni, finalmente incontrai Padre Pio nella sua cella. Lo guardai e rimasi in silenzio.
Egli, in un primo momento, neppure si accorse di me tanto era assorto in Dio. La sua espressione di dolore mi trattenne dal chiedergli la mano da baciare. Avevo timore di fargli male.
Il Padre rimase per un po’ sulla poltrona, nella sua cella. Poi si fece accompagnare sulla veranda per prendere una boccata d’aria.
Si avvicinarono a lui e a me Padre Tarcisio da Cervinara e Padre Mariano da Santa Croce di Magliano. Ci trattenemmo col Padre per circa un’ora, seguendo mentalmente la sua preghiera che intuivamo dal movimento delle sue labbra.
[...] Alle 16:30 del pomeriggio, prima di ripartire per Isernia, mi inginocchiai davanti al Padre per ricevere la sua benedizione. Pensai che quella era l’ultima, come ultimo era l’abbraccio con cui ci salutammo, con gli occhi gonfi di lagrime. Entrambi sapevamo che era l’addio di un Padre che stava per lasciare il figlio e l’addio di un figlio che non avrebbe mai più rivisto, vivo, suo Padre.
Chi è genitore ed è stato figlio può capire ciò che i nostri cuori provarono in quel momento.
Quando giunsi nel Convento di Isernia non feci altro che pensare a Padre Pio
Il 23 settembre, mentre stavo servendo la Messa, mi si avvicinò Vincenzo, un uomo di fiducia dei Frati, il quale mi sussurrò all’orecchio: «Fra Modestino, è morto Padre Pio!».
«Quale Padre Pio?!» chiesi sperando l’insperabile.
«Quello di Pietrelcina!» confermò Vincenzo.
Ebbi la sensazione di stare sotto una doccia fredda ed avvertii una fitta al cuore. Avrei preferito morire io al posto del Padre...
Al termine della Messa partecipai la brutta notizia a Padre Tarcisio e subito riprendemmo la via per San Giovanni Rotondo.
Anche questa volta, durante il viaggio, nessuno aprì bocca. Avrei voluto versare lagrime copiose, ma i miei occhi non ebbero neppure la consolazione del pianto.
Ripensavo agli altri viaggi fatti alla volta di San Giovanni Rotondo. Rivivevo gli incontri avuti col Padre, irripetibili, indimenticabili. [...] Se mi vedeva triste, subito m’incoraggiava alla serenità dicendo: «Facciamo tutto per amore di Dio!».
Mi vennero alla mente tutti i suoi insegnamenti. Finalmente giungemmo al Santuario di Santa Maria delle Grazie. Era gremito!
[...] Quando ebbero inizio i funerali mi accorsi di essere nella impossibilità di seguire il corteo perché gli arti inferiori mi si erano paurosamente gonfiati.
Intanto giunse il momento di deporre l’urna in cripta, per la sepoltura. Non riuscii a presenziare a quella scena che pur immaginai mentre raggiungevo il coro. Mi sprofondai nella preghiera, di suffragio per l’anima benedetta dell’amato Padre, di ringraziamento al Signore che mi aveva concesso il privilegio di avere Padre Pio come guida spirituale, come sostegno morale, come maestro di vita e, da quel momento in poi, come potente intercessore presso il suo Trono divino.

Fra Modestino da Pietrelcina,
Io... testimone del Padre, pp. 87-93

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