I FIORETTI
Padre Pio e una vocazione sconosciuta
dal Numero 22 del 1 giugno 2014

Ho avuto sempre [è Padre Antonio Gambale che parla], sin da ragazzo la vocazione missionaria, coltivata durante lo studentato, e quando mi trovai a Pietrelcina, parlo del 1964, cercai di farmi inviare in Africa. La provincia monastica dei Cappuccini di Foggia non aveva una propria missione, ma alcuni frati si erano aggregati ai Padri milanesi attivi in quel Continente e soprattutto in Eritrea. E proprio a Milano presi contatto con un Padre per andare in questo lontano Paese. Così un bel giorno del 1966 decisi di mettere al corrente Padre Pio di questo mio progetto e andai a San Giovanni Rotondo [...].
Quella volta, però, era in preghiera sulla veranda della sua stanza e attesi che restasse solo. Raccolto in preghiera, rimasi lì in silenzio e Padre Pio continuò a pregare; all’improvviso alzò lo sguardo e disse: «Guagliò! Cosa mi dici?». E io: «Padre Pio, tanti saluti dal dottor Cardone, da zio Antonio...», e nominai altri suoi coetanei di Pietrelcina. E lui, con aria sorniona: «Ma sei venuto solo per questo?». «No, padre, ti devo domandare un consiglio». Altre volte mi aveva sempre risposto lì sulla veranda, ma quella volta disse: «Guagliò, è meglio che entriamo dentro. Vieni con me nella mia stanza». Ricordo che entrammo dentro la sua cella e si mise seduto a tavolino. Aveva il mantello sulle spalle (era il mese di marzo); mi sedetti al suo fianco e dissi: «Padre Pio, sin da ragazzo ho avuto la vocazione missionaria, poi l’ho coltivata durante il liceo, durante il corso di Teologia, e mi sono messo in contatto con un Padre che sta in Eritrea. Vorrei anche io andare in Africa». Padre Pio non rispose. All’improvviso cominciò a singhiozzare, a piangere. Ricordo che le lacrime gli scendevano e cadevano addirittura sul tavolino. Pensai: “Ma perché piange Padre Pio?”, e dopo qualche minuto, sempre piangendo, disse: «Figlio mio tu sei più buono di me!». Io rimasi quasi interdetto e ricordo che tirandogli il mantello replicai: «Padre Pio ma perché dici così? Io sono mortificato, come posso essere più bravo di te?». «Sì, figlio mio, perché a te il Signore ha concesso la grazia di andare in Africa e io non sono stato degno di andare in missione. Quando ero giovane come te, ho supplicato, ho pianto, ho pregato e il mio superiore non mi ha ritenuto degno di un simile compito». E rivolgendosi verso di me: «Non ti preoccupare, tu andrai in missione».
Di questa mancata vocazione missionaria di Padre Pio non se ne sapeva nulla.
A Pietrelcina, dopo un mese, venne il Padre provinciale e mi disse che la Provincia monastica dei Cappuccini di Foggia aveva aperto una casa nel centro Africa, precisamente nel Ciad, dove dopo qualche mese mi recai.
Quando nel marzo 1967 mi recai a San Giovanni Rotondo per i voti missionari e la consegna del crocifisso, salutando Padre Pio dissi: «Fai una preghiera per me». E lui rispose: «Figlio mio, se non prego per te, per chi devo pregare?». E con aria mesta aggiunse: «Guagliò, chissà se ci rivedremo più?». Era una predizione: non ho più rivisto il mio mancato fratello missionario.

Antonio Pandiscia,
Il mio Padre Pio,
pp. 105-107

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