I FIORETTI
Un occhio sempre vigile... anche da lontano!
dal Numero 2 del 12 gennaio 2014

Stare accanto a Padre Pio era una continua sorpresa. Accadevano in continuazione fatti che non si riusciva a spiegare con la ragione.
Una sera partii da San Giovanni Rotondo per tornare a Bolzano. Ero stanco, ma dovevo rientrare a casa. Avrei viaggiato tutta la notte. Tra Vasto e Pescara, mi addormentai alla guida. Non so quanta strada feci. A un certo momento sentii un pugno forte allo stomaco che mi tolse il respiro. Bloccai la macchina e a venti metri c’era un passaggio a livello chiuso. In quell’istante passò il treno. Se non mi fossi fermato sarebbe accaduta una tragedia. Chiesi a chi mi stava accanto perché mi avesse dato un pugno, ma il mio compagno dormiva. Girai la macchina e tornai a San Giovanni Rotondo.
La mattina andai da Padre Pio. Prima che aprissi bocca, con tono di rimprovero mi disse: «Uagliò, quando si è in quelle condizioni non si deve partire. Vuoi che ti guidi la macchina fino a casa?»... Mi aveva salvato lui!
Impossibile dirgli bugie. Avevo un grosso lavoro da finire per la sua chiesa. Mi mancavano tre pezzi ma decisi di portare ugualmente tutto il materiale a San Giovanni Rotondo. Mentre i miei operai montavano il lavoro, avrei terminato i pezzi mancanti. Così non avrei ritardato la consegna. Arrivato a San Giovanni Rotondo, andai a salutare il Padre. «Hai fatto il lavoro?». «Sì» risposi. E il Padre di rimando: «E i tre pezzi che ti mancano quando li finisci?».
Mentre ero a San Giovanni mi arrivò una lettera da una signora di Bolzano. Mandava un’offerta per Padre Pio e mi diceva di chiedere al Padre se fosse vero che una signora di Jesi, stabilitasi a Bolzano, faceva la guaritrice in nome suo. Andai in convento e volevo passare prima dal superiore per consegnargli l’offerta. Nel corridoio incontrai Padre Pio: «Dove vai così di corsa?» mi chiese. E aggiunse subito: «Cos’è quella lettera che tieni in mano?». «Andavo da padre Raffale» risposi. E lui: «Dammi quella lettera che non è per padre Raffaele ma per me». E senza aprire la lettera aggiunse: «Scrivi alla signora che io non ho dato incarichi a nessuno. E se ci sono delle testimonianze sarò io stesso a denunciare quella guaritrice».
In un’altra occasione, mentre lo salutavo per rientrare a Bolzano, lui si estraniò e con lo sguardo socchiuso, come se stesse guardando molto lontano, mormorò: «Si aggiustano la bicicletta, si fanno il portacenere, vendono il ferro e si comprano panini e vino». Frasi strane, che non capivo. Pensavo di non aver afferrato bene le parole e non ci pensai più. Arrivato a Bolzano andai in officina e vidi una bicicletta con il manubrio e i parafanghi tagliati. Mi tornarono in mente le frasi di Padre Pio. Chiamai il responsabile dei miei operai e gli chiesi se aveva fatto un portacenere, se avesse venduto del ferro e comperato vino e panini. «Sì» disse meravigliato. E aggiunse: «Ma come fa a saperlo?». Mi spiegò che era intervenuto sulla bicicletta per renderla più sprintosa, che il portacenere era venuto male, che del ferro venduto aveva preso 2.700 lire e che con quei soldi aveva comperato del vino e dei panini per tutti. Padre Pio da San Giovanni Rotondo aveva visto tutto.
Un giorno dissi al Padre che ero stanco di vivere sempre con l’affanno del lavoro, dei soldi, senza mai potermi riposare un attimo. Il Padre mi rispose: «A chi avresti venduto l’anima, se fossi stato ricco? Fai di testa tua, così pagherai di tua borsa».

cf. Renzo Allegri,
Padre Pio. Un Santo fra noi,
pp. 337-339

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