I FIORETTI
Farsi pane e vino per i fratelli
dal Numero 38 del 29 settembre 2013

Passati alcuni attimi molto imbarazzanti per me e forse molto penosi per lui, finalmente [Padre Pio] aprì bocca per espormi in due parole la situazione e disse con la sua solita franchezza: «Tu vuoi proprio vedere Gesù faccia a faccia, vero? E allore adda deventà pure tu cumme a Gesù Criste: pane profumate p’i dente de tutte quante e vine frische p’i cannarine d’amice e de nemice! (E allora devi diventare pure tu come Gesù Cristo: pane profumato per i denti di tutti e vino fresco per la gola degli amici e dei nemici)». Con queste due parole mi aveva comunicato il prezzo necessario per le visioni; io però andavo in cerca di visioni senza spesa. Dopo una brevissima pausa, senza darmi il tempo di mettermi in atteggiamento difensivo, alzò il dito accusatore verso di me dicendo: «Tu mi hai criticato!». Divenni un lampo di fuoco per la vergogna. Egli proprio in quei giorni aveva detto a una persona una espressione del seguente tenore: «Io sono Gesù». E, dopo averla sentita ripetere quella stessa mattina, io, il solito sciocco che capisce le cose a metà, lo avevo criticato [...].
«Tu mi hai criticato», con un tono di voce molto dolce e con un certo indefinibile sorriso sulle labbra: sembrava che, invece di mollarmi un ceffone meritatissimo per l’abbaglio preso, volesse accarezzarmi e dirmi: “Quanto sei bello! Quanto sei grazioso!”. E sembrava anche che si sarebbe molto divertito, se, lì, su due piedi, si fosse sentito ripetere direttamente le accuse e le critiche da me fatte in sua assenza. Per poco non mi prese un colpo apoplettico. Continuò: «Eppure tutti dovremmo dire: “Io voglio essere e sono Gesù”; tutti dovremmo ripetere con Gesù: “Questo è il mio corpo, mangiate fratelli; questo è il mio sangue, bevete fratelli”; e tutti dovremmo offrire davvero la nostra carne e il nostro sangue come pane e vino sull’altare di Dio e sulla mensa dei fratelli. Soltanto così Gesù si manifesta a noi. Hai capito, cucciolone?». Più che una tesi dommatica, mi offrì con queste parole un po’ del suo intimo come radiografo e me lo offrì con una semplicità e una fiducia, di cui avrei dovuto e dovrei fare tesoro. Tacque e tornò in Chiesa.
Lo riaccompagnai e m’inginocchiai a fianco a lui; ero febbricitante come un cercatore d’oro, sempre pezzente però, sempre disperato. Pensavo al giorno della mia morte come a un giorno di vittoria, in cui avrei potuto vedere Gesù faccia a faccia; e, nello stesso tempo, un po’ invidioso, pensavo che lì, a fianco a me, egli continuava a godersi da solo le sue visioni, protetto da un’angelica sensibilità nel compimento della Volontà di Dio e nella lotta contro le pesanti limitazioni della natura umana. Tuttavia il principio di credersi cibo e bevanda per tutti, da lui vissuto e sofferto, più che una visione fu per me la scoperta di una perla preziosa.
La sera, chiuso nella mia cella, mi dicevo con amarezza: ora capisco perché chi lo vuol cotto e chi lo vuol crudo questo povero Padre Pio che si è fatto pane e vino per il Signore e per i fratelli; se ci provassi anch’io, non farei mica male; ma temo di essere troppo indigesto per i fratelli e poco gradito al Signore.
Quello stesso giorno cessò il mio tentativo ci contrabbandare le visioni con il mio incorruttibile confratello; ma nei giorni, nei mesi, negli anni successivi non cessò il mio spionaggio nei suoi confronti: ho continuato a sperare sempre che un bel giorno, appresso a lui, avrei buttato giù tutto il sipario del Paradiso.

Padre Pellegrino Funicelli,
Padre Pio tra sandali e cappuccio,
pp. 87-89

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