I FIORETTI
Un parlare cristallino
dal Numero 29 del 21 luglio 2013

Padre Pio era attento nel mettere in guardia i suoi figli spirituali dai peccati che si possono commettere con la lingua. Soleva ripetere: «La lingua è un fuoco che brucia una foresta». E ricordava ai suoi figli spirituali quello che dice il Vangelo: «Dovrete rendere conto anche di una sola parola oziosa, vana e cattiva», cioè carica di malizia (cf. Mt 12,36). Il Catechismo ci ricorda: «L’ottavo comandamento proibisce di falsare la verità nelle relazioni con gli altri» (n. 2464). Il santo Confessore non tollerava questo peccato, anche quando veniva commesso in forma veniale [...].
Padre Atanasio Lonardo da Teano, cappuccino, che è stato per alcuni anni vicino a Padre Pio, ha lasciato questa testimonianza sull’obbedienza che Enrico Medi prestava al suo Padre spirituale.
«Premetto che il grande scienziato annoverava tra i giorni più belli della sua vita quelli che trascorreva accanto a Padre Pio, soprattutto se poteva servirgli la Santa Messa. Era edificante vederlo, in ginocchio, con le mani giunte come un devoto chierichetto, attendere al suo compito. Naturalmente, non mancava mai alla mezz’oretta di conversazione che il Padre aveva con pochi intimi nel tardo pomeriggio sul terrazzino o in giardino. Ricordo un episodio di cui il Professore fu attore.
Un giorno il discorso era caduto sul peccato veniale e, precisamente, sulla bugia. Padre Pio sosteneva che, siccome di sua natura è peccato, non è mai lecito dirla, sia pure in forma leggera. Medi, che in quel tempo era anche parlamentare, eletto con grande affermazione che gli avrebbe potuto prospettare una lusinghiera carriera politica, un po’ ingenuamente rivolse a Padre Pio questa domanda: “Padre, neanche a noi parlamentari è mai lecito dire bugie?”. Il Padre che non risparmiava a nessuno, e tanto meno ai figli spirituali che avevano scelto di seguirlo per la via retta del Vangelo, subito rispose: “Proprio tu me lo domandi?”. Ci fu un attimo di completo silenzio, mentre gli occhi di tutti si appuntarono sul Professore, il cui volto era diventato mesto e mortificato per l’affettuosa lezioncina del Padre. “Allora, Padre, non mi resta che rinunciare alla carriera politica!”, disse Enrico. “E a chi aspetti?”, replicò il Padre. Medi, senza alcuna remora, pochi giorni dopo presentò le dimissioni di parlamentare; ed allora soltanto riapparve sulla scena politica, quando per le elezioni comunali di Roma fu pregato dalle più alte autorità, e forse, anche dallo stesso Padre Pio, a ripresentarsi, perché la Dc aveva bisogno di un nome pulito e prestigioso come il suo».
Umberto Di Girolamo lavorava nelle organizzazioni sindacali. Qualcuno gli fece la proposta di mettersi in politica. Essendo figlio spirituale del Padre, volle prima sentire il parere del Santo. Gliene parlò e poi concluse: «Padre in siciliano si dice: Se lei m’ammatta [mi spinge], io mi tuffo». E Padre Pio rispose: «Giovino’, la politica insegna a ladroneggiare».

Cf. Padre Marcellino IasenzaNiro,
“Il Padre”. San Pio da Pietrelcina.
La missione di salvare le anima.
Testimonianze, pp. 177-181, 220

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