I FIORETTI
“Dille che si lasciasse operare!”
dal Numero 27 del 10 luglio 2016

Eravamo ai primi di giugno 1968. La nostra benefattrice Serafina Pipoli era stata ricoverata negli Ospedali Riuniti di Foggia, per accertamenti necessari ed urgenti.
Da oltre sei mesi, infatti, soffriva molto per una iniezione venuta a suppurazione (come i medici ritenevano nei primi tempi).
A giorni alterni doveva essere controllata e medicata dal medico. Gli altri giorni, la medicava la sorella – Marietta –, aiutata da una buona Terziaria. Intanto passavano le settimane, la suppurazione continuava e le sofferenze aumentavano.
Il prof. Saverio Jorio, intimo amico di famiglia, che l’aveva visitata due o tre volte, avanzò una diagnosi che sembrò fuori posto anche al medico curante; ma che si dimostrò esatta, precisa, degna del Professore.
La diagnosi era la seguente: cioè che non si trattava di una iniezione venuta a suppurazione, ma del rene destro che dava pus e si era aperta una via di uscita, mediante una fistola. Era necessario, quindi, ricorrere, senza indugio, all’intervento.
Purtroppo, come accennavo, la diagnosi ed il suggerimento del Professore, pur tanto stimato dall’interessata e dalla sorella, non furono presi nella giusta serietà. Di conseguenza, la paziente tirò innanzi ancora due mesi con inutili medicazioni e dolori; ma poi, in seguito ad un consulto, dovette decidersi a farsi ricoverare per accertamenti.
E gli accertamenti dettero completamente ragione al prof. Jorio. La paziente, ricoverata il 28 maggio 1968, fu sottoposta all’asportazione del rene destro l’11 giugno 1968; asportazione, per la quale le fu tagliato un pezzo di osso a due costole.
Ma il caso era molto più serio di quanto può sembrare, prima perché le analisi avevano rivelato che il rene era un ammasso di marciume, e poi perché la paziente non era giovane: aveva 77 anni.
Il prof. Imperati, Primario Chirurgo, ed i suoi Assistenti erano molto dubbiosi circa l’esito dell’intervento. Difatti, il Primo Assistente, qualche giorno dopo ultimati gli accertamenti, chiese alla sorella della paziente la firma per procedere all’intervento.
Questa, Pipoli Marietta, soggiunse spaventata: «Ma allora mia sorella deve morire!». Mi fece chiamare e mi pregò di andare da Padre Pio. Tutt’e due decise a fare come avrebbe detto Padre Pio, che le conosceva, le stimava ed era stato in casa loro, quando risiedeva a Foggia.
Il Superiore mise subito a disposizione la vetturetta. Arrivai in convento alle 14,30. Padre Pio stava sulla terrazzina e, come sempre, pregava, recitando il Rosario.
M’inginocchio a baciargli la mano: «Padre!». «Come mai a quest’ora?». Io gli dico in breve il perché, senza trascurare nessun elemento importante; ma Egli mi chiede ancora qualche chiarimento.
«Ora, Padre, che risposta debbo dare a Serafina? Perché, come le ho già detto, farà come lei dirà, senza ragionarci su».
Padre Pio si raccoglie un istante. Un istante, dico. Poi mi fissa con uno sguardo umile e sicuro e mi risponde: «Dille che si lasciasse operare, in grazia di Dio!». «Grazie, Padre!». E porto, naturalmente, la Sua benedizione per tutt’e due e le assicuro della Sua preghiera.
Partii. Portai il conforto e la risposta del carissimo Padre, che arrecò fiducia e serenità.
Con quanta attenzione ed interessamento stettero a sentire, tutte le ricoverate della camerata, quello che riportavo a nome di Padre Pio, non occorre dirlo.
La paziente si fece operare.
Tutto riuscì bene e, con meraviglia dei medici e ad onta del rene disfatto e marcito e della fistola che si era formata, il 10 luglio 1968 Serafina Pipoli veniva dimessa dagli Ospedali Riuniti.
E, ad oltre tre anni da quella data, per grazia di Dio e per la intercessione di Padre Pio, continua a star bene.

Padre Costantino Capobianco,
Detti e aneddoti di Padre Pio,
pp. 111-114


Padre Pio “umile infermiere”


Mio fratello, Geremia Capobianco, era stato operato, a Benevento, di ernia con complicazione, ma io non sapevo niente.
A San Giovanni Rotondo m’incontrai con il compianto sig. Mario De Mattini, e questi, pensando che io fossi al corrente dell’intervento subìto da mio fratello, mi disse: «L’operazione a Geremia è riuscita bene».
Partito il signor De Mattini, informai del fatto il Rev.do Padre Agostino da San Marco in Lamis, che era Superiore a San Giovanni Rotondo, ed egli, sorridendo, mi rispose: «Sfido io: c’è stato “il nostro Medico” (alludendo chiaramente a Padre Pio). Mi ha scritto Tonino e mi ha informato minutamente, incaricandomi anche di ringraziare “Piuccio”».
Volevo ringraziare Padre Pio, il quale, ignorando quello che ho detto prima, mi aveva confidato, per farmi stare tranquillo: «Tuo fratello Geremia si è operato; ma è andato tutto bene. Stai tranquillo».
Ma, per quanto mi proponessi di non emozionarmi, quando ero presso la stanza di Padre Pio, mi accorgevo che non ci sarei riuscito. Così per due volte. Poi m’imposi a me stesso, mi presentai al caro Padre e gli dissi: «Padre, io debbo ringraziarla perché ha assistito mio fratello durante l’operazione», ma Padre Pio abbassò gli occhi.
Tornai una seconda volta, ripetei il ringraziamento e il Padre nuovamente abbassò gli occhi come la prima volta. Era fin troppo chiaro che non voleva dirmi “claris et apertis verbis”: “Sì, l’ho assistito io”. Ma com’era andata la faccenda?
Poco tempo dopo, recatomi a casa, mio nipote Tonino (che dimorava e dimora tuttora nella mia casa paterna) m’informò che mio fratello Geremia, dopo l’operazione, improvvisamente, ad occhi aperti e scandendo bene le parole, gridò: «Vedete Padre Pio! Vedete Padre Pio!». Un brivido corse in tutti i presenti e maggiormente in Tonino che gli stava accanto per assisterlo, per cui con sgomento gli chiese: «Padrino, ma siete sveglio, o è l’anestetico che vi fa delirare?». Ma mio fratello ribatté con forza: «Ma che anestetico! Sono sveglio! Eccolo là Padre Pio! Sta per uscire. Fermatelo!».
Lascio da parte l’accorrere dei malati, degl’infermieri e dei medici, che volevano accertarsi del caso eccezionale.
La relazione di Tonino tuttavia non mi bastò; per cui chiesi a mio fratello, il quale mi confermò tutto. Ricordava ogni cosa con chiarezza e precisione. Comunque, volevo essere sicuro su un particolare, ed insistetti con mio fratello: «Ma tu avevi invocato Padre Pio prima dell’operazione?», gli domandai e lui mi rispose: «Sì. Mentre attendevo che mi conducessero nella sala operatoria, dissi mentalmente: “Padre Pio, prega Dio per me!”».
Una invocazione meravigliosa nella sua semplicità, alla quale corrispose con meravigliosa assistenza ed apparizione Padre Pio.

Padre Costantino Capobianco,
Detti e aneddoti di Padre Pio, pp. 81-82

Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits