RELIGIONE
Papa Pio XII, Fatima e il “suicidio della fede”
dal Numero 44 del 27 novembre 2022
di Fra Pietro Pio M. Pedalino

Il venerabile Pio XII fece un’impressionante profezia che in parte vediamo oggi realizzata ma che, nel suo contenuto più preoccupante, si apre ad un futuro che sembra non lontano da noi. Vediamo di cosa si tratta.

Nel 1933, sedici anni dopo le apparizioni di Fatima, il futuro papa Pio XII, allora card. Eugenio Pacelli, segretario di Stato di papa Pio XI, parlando di Fatima con il suo amico il conte Enrico Pietro Galeazzi, disse che si trattava di un avvertimento contro il “suicidio” della Chiesa Cattolica che sarebbe avvenuto mediante la distruzione della liturgia e l’alterazione della fede. Una profezia che in parte vediamo realizzata ma che, nel suo contenuto più drammatico, si apre ad un futuro che del resto non sembra così remoto... La cosa che impressiona, poi, in modo particolare, è la connessione stabilita dall’allora cardinale tra il contenuto delle sue “sconcertanti previsioni” e il messaggio di Fatima.

Queste le parole del venerabile Pontefice: «Sono preoccupato per il messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima. Questo insistere da parte di Maria, sui pericoli che minacciano la Chiesa, è un avvertimento divino contro il suicidio di alterare la fede, nella sua liturgia, la sua teologia e la sua anima... Sento tutto intorno a me questi innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il suo passato storico... Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata a credere che l’uomo sia diventato Dio... Nelle nostre chiese, i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno: “Dove lo hanno portato?”» [1].

La riflessione quasi si impone. Nelle prime due parti del messaggio di Fatima è noto come non vi sia alcun avvertimento relativo al “suicidio di alterare la fede nella sua liturgia, la sua teologia e la sua anima”. Tuttavia, papa Pio XII collegò questa profezia al “messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima”. È perciò probabile che, in quanto segretario di Stato del Vaticano, il cardinal Pacelli avesse ottenuto informazioni sul terzo segreto direttamente da suor Lucia o dagli stessi archivi di Fatima.

Si tratta, senza dubbio, di rivelazioni che riguardavano la futura crisi di enormi proporzioni all’interno della Chiesa Cattolica, quella grande apostasia che avrebbe portato molti a negare il dogma della presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nella Santissima Eucaristia, nel tentativo (satanico-massonico) di protestantizzare il Cattolicesimo, riducendolo a una delle tante religioni facenti parte di un’unica religione mondiale. Raccolgo, in proposito, alcune annotazioni del vaticanista Aldo Maria Valli che, in un suo articolo su Fatima di qualche anno fa, ricordava come «il cardinale Pacelli accenna [in quel discorso con il conte, ndr] anche alle Chiese dei paesi meno sviluppati, quelle dell’Africa e dell’Asia, e dice che una possibile salvezza verrà proprio da lì, dai preti provenienti da culture meno contaminate dal modernismo [...]. Circa [...] le parole rivolte all’amico dal futuro Pio XII [...] il loro contenuto fa pensare, e qualche osservatore non esita a definirlo profetico».

Poi, in modo più che opportuno, l’articolista metteva in relazione queste parole del card. Pacelli con quanto Benedetto XVI rilasciò ai giornalisti l’11 maggio 2010 durante il volo verso Fatima, nel decimo anniversario della beatificazione dei pastorelli Giacinta e Francesco [2] e con ciò che la rivista tedesca Stimme des Glaubens pubblicò nel 1981 circa un incontro avvenuto tra Giovanni Paolo II e un gruppo di cattolici tedeschi nel novembre del 1980, durante il viaggio di Wojty?a a Fulda. Riguardo a quest’ultimo, scriveva Valli: 

«A una domanda su Fatima e sul terzo segreto, il papa fece accenno a possibili catastrofi naturali, disse che comunque la medicina contro tutti i mali è il Rosario e infine, sul futuro della Chiesa, dichiarò“Dobbiamo prepararci ad affrontare fra non molto grandi prove, le quali potranno richiedere persino il sacrificio della nostra vita e la nostra totale donazione a Cristo e per Cristo [...]. Con la vostra e la mia preghiera sarà possibile mitigare queste tribolazioni, ma non è più possibile evitarle, perché un vero rinnovamento nella Chiesa potrà avvenire solo in questo modo. Quante volte già il rinnovamento della Chiesa è scaturito dal sangue! Neppure questa volta sarà diverso. Dobbiamo essere forti e preparati, confidare in Cristo e in sua Madre, e recitare molto, molto assiduamente la preghiera del santo Rosario”».

E, dopo aver stabilito queste relazioni, così il vaticanista concludeva la sua riflessione: «Sempre a Fulda, in quel novembre del 1980, nell’omelia della Messa celebrata per i sacerdoti e i seminaristi, Giovanni Paolo II disse fra l’altro che il pastore deve vegliare e vigilare: “Il servizio dunque è questo: essere svegli per il ritorno del Signore”. Poiché “il bene che ci è affidato è infinitamente prezioso”, il dovere primario dei pastori è di “affondare sempre più le radici della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità nelle grandi opere di Dio” (At 2,11). Essere svegli per il ritorno del Signore, vegliare, vigilare, pregare, al servizio di un bene infinitamente prezioso, affondando sempre più le radici della fede nelle opere non dell’uomo, ma di Dio. Alla fin fine, questo dice Fatima. Un messaggio sempre attuale. Più che mai attuale» [3].

Ritornando al grande pontefice Pio XII è noto come, oltre allo spirito profetico, ebbe anche un’acutissima capacità di discernimento per mezzo della quale comprese in profondità la situazione del mondo e della Chiesa nella quale operava (e soffriva...) come guida della Chiesa e dell’umanità. Un solo esempio. In un memorabile discorso agli uomini dell’Azione Cattolica, il Pontefice presentava in poche battute, in modo penetrante ed efficace, il piano diabolico ideato e costruito dalle forze nemiche di Dio e della Chiesa: «Oh, non chiedeteci qual è il “nemico” né quali vesti indossi. Esso si trova dappertutto e in mezzo a tutti; sa essere violento e subdolo. In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l’autorità; talvolta l’autorità senza la libertà. È un “nemico” divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio. Il “nemico” si è adoperato e si adopera perché Cristo sia un estraneo nelle università, nella scuola, nella famiglia, nell’amministrazione della giustizia, nell’attività legislativa, nel consesso delle nazioni, là ove si determina la pace o la guerra. Esso sta corrompendo il mondo con una stampa e con spettacoli, che uccidono il pudore nei giovani e nelle fanciulle e distruggono l’amore fra gli sposi; inculca un nazionalismo che conduce alla guerra» [4].

In queste poche battute, il grande Pontefice coglieva l’essenza velenosa del processo rivoluzionario. Quell’attacco coordinato di forze avverse alla fede cristiana e alla Chiesa Cattolica a cui egli fa riferimento ha, infatti, i suoi prodromi già nel XV-XVI secolo nel fenomeno dell’Umanesimo-Rinascimento che preparò il terreno a Lutero (prima Rivoluzione), esplose gradualmente nel XIX secolo dopo la tragica esperienza della Rivoluzione anticristiana in Francia (seconda Rivoluzione) per poi inalberarsi, violento, durante il XX secolo con il comunismo prima (terza Rivoluzione) e poi, finalmente, con il Sessantotto, l’esito volgare di tutto il processo (quarta Rivoluzione) che porta alle estreme conseguenze i principi velenosi e lesivi che la Rivoluzione ha sviluppato nell’arco di sei secoli. Noi ci troviamo, attualmente, nel post-Sessantotto, che comporta il totale sfacelo e la completa distruzione che non risparmia alcun valore.

Una formula sintetica che possa spiegare questo processo fino al nostro presente (in termini quasi sinonimici rispetto a quelli usati dal Pontefice con acume profondo) potrebbe essere la seguente:

• Cristo sì - Chiesa no (Umanesimo-luteranesimo);

• Dio sì - Cristo no (Illuminismo-Rivoluzione francese);

• uomo sì - Dio no (comunismo);

• uomo no (Rivoluzione sessantottina);

• satana sì (il terzo millennio, il nostro presente)!

In questo senso, la Rivoluzione si presenta come la categoria filosofico-teologica che proclama – prima in modo nascosto e poi palese – il rinnegamento orgoglioso da parte dell’uomo del progetto di Dio sull’umanità. Questo processo velenoso è quello a cui si è tentato di opporre con tutte le sue energie il papa Pio XII durante tutto il suo pontificato. La sua soluzione era, sulla scia dei suoi predecessori Pio X e Pio XI, l’unica vera e possibile che la Chiesa debba perseguire: l’impegno, cioè, ad instaurare il Regno di Cristo in terra! In Pio XII, però, l’aspetto mariano era molto accentuato. Il suo profondo desiderio, sulla scia soprattutto del messaggio di Fatima a cui fu sempre devotissimo, era quello di vedere instaurato in terra quel regno di Maria che avrebbe dovuto aprire le porte a quello di Cristo.

Sentiamo rivolte a noi le parole che questo grande Papa rivolse, nel lontano 1954, ai partecipanti ad un congresso mariano in Brasile: «Voi, inginocchiati ai piedi dell’Immacolata Regina, dovete essere disposti a non riposare, finché non la vedrete regnare sovrana su tutto e su tutti, dapprima in voi stessi, poi attorno a voi, nelle famiglie, nelle classi e gruppi sociali e in tutte le attività private e pubbliche» [5], come pure quelle rivolte ad un altro gruppo di cattolici qualche anno dopo, che sono un autentico programma di militanza cattolica senza se e senza ma: «Moltiplicate, diletti figli, le avanguardie sante di un esercito eroico la cui azione, se Dio vorrà, può preparare una vittoria e un trionfo oggi difficilmente immaginabili» [6]. 

 

Note

1) Venerabile Pio XII, Devant L’Histoire, Editions du Jour/Robert Laffont, 1972, pp. 52-53.

2) «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia» (papa Benedetto XVI, Intervista durante il volo in Portogallo, 11 maggio 2010).

3) https://www.aldomariavalli.it/2017/06/14/fatima-e-le-parole-di-tre-papi/

4) Venerabile Pio XII, Discorso agli uomini di Azione Cattolica nel XXX della loro unione, riportato in w2.vatican.va/.../hf_p xii_spe_19521012_uomini-azione-cattolica.html

5) Idem, Radiomessaggio, 7 settembre 1954, in occasione del congresso mariano nazionale del Brasile.

6) Idem, Discorso, 18 febbraio 1958.

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