RELIGIONE
"Dominus est"! Il miracolo eucaristico di Sokólka
dal Numero 33 del 11 settembre 2022
di Suor M. Elisabetta Daniello, FI

Il Signore continua a manifestarsi attraverso i miracoli eucaristici, che sono prove lampanti della presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Vogliamo presentare ai Lettori un miracolo eucaristico poco noto in Italia, ma molto eloquente, avvenuto in Polonia in tempi più recenti. 

L’Italia è ben ricca di miracoli eucaristici, da quello famosissimo di Lanciano a quelli di Orvieto, Bolsena, Firenze, ecc., solo per citarne alcuni. Poco conosciuti, invece, sono quelli avvenuti in Polonia; in tutto sono otto e tutti riconosciuti dall’autorità ecclesiastica. Il primo in ordine cronologico è avvenuto a G?otowo (diocesi di Olsztyn) nel 1290 dove un parroco, alcuni anni prima, durante l’invasione dei lituani e dei prussi, per timore di una possibile profanazione dell’Eucaristia sotterrò una pisside con delle Ostie consacrate in un campo. Nel 1290 un contadino, che arava con i buoi quel terreno, vide questi inginocchiarsi improvvisamente, e dal terreno diffondersi una luce che illuminava tutto il campo. Fu trovata appunto una pisside contenente una sola Ostia, completamente intatta.
Nel 1345 ci fu un altro miracolo, questa volta a Cracovia, a cui ne seguirono altri quattro fino al 1867.
Il terzo millennio, poi, è iniziato all’insegna dell’Eucaristia per la nazione polacca. Sono avvenuti due miracoli eucaristici molto significativi: uno nel 2008 a Sokó?ka (diocesi di Bia?ystok), ai confini con la Bielorussia; l’altro, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, a Legnica (che attualmente è la sede della diocesi stessa). In questo articolo si parlerà esclusivamente del primo miracolo, quello avvenuto nell’ottobre 2008, riservandoci ad un prossimo articolo la considerazione di quello avvenuto a Legnica.
Era la domenica 12 ottobre 2008. Nella chiesa di Sant’Antonio di Padova a Sokó?ka, durante la Santa Messa del mattino, al momento della distribuzione della santa Comunione un’Ostia cadde sul pavimento. Il sacerdote ne rimase molto impressionato e, presa la Particola, la depose nel “purificatoio da altare” (piccolo recipiente contenente acqua che in genere si trova accanto al tabernacolo e serve perché il sacerdote possa purificarsi le dita dopo la distribuzione della Comunione fuori dalla Messa), secondo la prassi corrente nella Chiesa Cattolica, per farla dissolvere. La suora sacrestana, suor Julia Dubowska della Congregazione delle Ancelle di Gesù Eucaristico (chiamate comunemente le “Eucaristiche”), la pose in un altro recipiente e la conservò nella cassaforte, di cui esclusivamente lei e il parroco possedevano la chiave. 
La domenica successiva suor Julia nell’aprire la cassaforte sentì un forte odore di pane azzimo, guardò nel recipiente dove era stata posta l’Ostia che era caduta e... la trovò ancora intatta, non si era disciolta, anzi nel centro della stessa era presente una macchia arcuata di colore rosso intenso, che ricordava un coagulo di sangue. L’acqua, invece, era rimasta cristallina.
Fece vedere il tutto al parroco, don Stanis?aw Gniedziejko, e a uno dei vicari, e si decise di riporre il tutto nella cassaforte e di attendere altri dieci giorni per decidere il da farsi, evitando di creare confusione, essendo, quella, una domenica particolare, con affluenza di molti fedeli. Trascorsi i dieci giorni stabiliti, agli occhi del parroco e dei viceparroci, nonché della suora sacrestana, si presentava la stessa scena.
Fu subito informato l’arcivescovo metropolita di Bia?ystok, monsignor Edward Ozorowski, che si recò a Sokó?ka insieme al cancelliere di curia, ai sacerdoti prelati e ad alcuni esperti. Tutti rimasero profondamente commossi da quanto fu constatato, e l’arcivescovo ordinò di proteggere l’Ostia, e di aspettare e osservare come si sarebbe evoluta la situazione. 
Il 29 ottobre il recipiente con l’Ostia era stato trasportato nella cappella della divina Misericordia, nella casa parrocchiale, e collocato nel tabernacolo. Il giorno dopo, per decisione dell’arcivescovo, l’Ostia, su cui era ancora ben visibile la macchia di sangue, fu tolta dall’acqua e collocata in un piccolo corporale e poi nel tabernacolo.
Un frammento dell’Ostia con la presenza della macchia sanguigna fu analizzato dalla professoressa Maria Sobaniec-Lotowska e dal professor Stanis?aw Sulkowski – entrambi esperti di pato-morfologia della facoltà di medicina dell’università di Bia?ystok –, all’insaputa l’una dell’altro, per ottenere risultati della massima credibilità. Le analisi furono realizzate nell’istituto di pato-morfologia della stessa università. 
Il lavoro dei due esperti è stato condotto sulla base delle norme e del protocollo utilizzati dagli scienziati per analizzare ogni problema scientifico, secondo le direttive del comitato di etica della scienza dell’accademia delle scienze polacche. Le analisi sono state descritte e fotografate in modo esaustivo, e la documentazione completa fu consegnata alla curia metropolita di Bia?ystok. Alla commissione medica fu affiancata una commissione ecclesiastica il cui procuratore affermò che nell’accaduto non c’era stata alcuna manipolazione umana.
Quando furono raccolti i campioni per l’analisi, la parte non dissolta dell’Ostia consacrata era già incorporata nel tessuto, ma la struttura di sangue scuro del frammento dell’Ostia non aveva perso nulla della sua vividezza. Il frammento era secco e fragile, intimamente legato alla parte restante dell’Ostia in forma di pane. Il campione raccolto fu sufficiente per svolgere tutte le analisi indispensabili.
I risultati di entrambe le analisi erano perfettamente concordi, e hanno concluso che la struttura del frammento di Ostia analizzato è identica a quella del tessuto del muscolo cardiaco di una persona viva ma in stato di agonia. In base alle dichiarazioni della professoressa Sobaniec-Lotowska, la struttura della fibra del muscolo cardiaco e quella del pane erano legate in modo molto stretto, impossibile da realizzare anche da un’eventuale ingerenza umana.
Le analisi svolte hanno provato che non sono state aggiunte altre sostanze all’Ostia consacrata, ma che il frammento ha assunto la forma del tessuto del muscolo cardiaco di una persona in stato di agonia. Questo tipo di fenomeno non è spiegabile dalle leggi delle scienze naturali. L’insegnamento della Chiesa ci dice che l’Ostia consacrata è il Corpo di Cristo, per il potere delle parole proferite da Gesù durante l’Ultima Cena e ripetute dal sacerdote durante la Messa al momento della Consacrazione. Durante il primo anno l’Ostia è stata custodita in segreto. È stato un periodo per riflettere sul da farsi: si trattava di un segno di Dio, e bisognava interpretarlo.
Il risultato delle analisi pato-morfologiche del 21 gennaio 2009 è stato incluso nel protocollo consegnato alla curia metropolita di Bia?ystok che, nel suo comunicato ufficiale, ha affermato che «l’evento di Sokó?ka non si oppone alla fede della Chiesa, ma la conferma. La Chiesa professa che dopo le parole della consacrazione, per il potere dello Spirito Santo, il pane si trasforma nel Corpo di Cristo e il vino nel Suo Sangue. Oltre a questo, si tratta di un appello affinché i ministri dell’Eucaristia distribuiscano il Corpo del Signore con fede e cura e i fedeli Lo ricevano con adorazione».
Fino a metà del gennaio 2009 il frammento dell’Ostia si era seccato in modo naturale ed era rimasto come coagulo di sangue. Da allora non ha mutato il suo aspetto.
Dopo tre anni l’Ostia è stata esposta alla venerazione pubblica, e portata solennemente in chiesa il 2 ottobre 2011 nella cappella preparata nella parrocchia di Sant’Antonio (dove era avvenuto il miracolo). La cappella in cui si sarebbe conservato il miracolo eucaristico è dedicata alla Beata Vergine del santo Rosario, e da quel momento sono tanti i pellegrini (provenienti non solo da tutta la Polonia, ma anche dall’Ucraina, Lituania, Bielorussia, Italia, Svezia, ecc.) a pregare dinanzi al Cuore divino di Gesù, ancora in agonia per amore dell’uomo.
Ritorniamo a suor Julia, la testimone del miracolo, che in un’intervista rilasciata per EWTN ha raccontato alcuni particolari importanti. Quando, dopo una settimana, sentì l’odore di pane azzimo, guardando l’Ostia con quella macchia sanguigna capì che stava succedendo qualcosa di soprannaturale, perché dalla sostanza del pane (fatta di farina e acqua, di cui è formata l’Ostia), non poteva fuoriuscire sangue. 
Interrogata, suor Julia raccontò d’aver avuto, in quel momento, un’esperienza particolare: vide nell’Ostia anche l’immagine di Mosè e del biblico roveto ardente, «se nel corpo o fuori del corpo, questo non so dirlo» – disse al giornalista, usando l’espressione di san Paolo –. Inizialmente non capiva il significato di quelle immagini che riteneva non collegate al mistero eucaristico. Poi meditando la Sacra Scrittura comprese che il roveto ardente visto da Mosè è un eloquente simbolo eucaristico: «Nell’Eucaristia Gesù arde d’amore ma non si consuma ed è sempre lo stesso».
Da quel giorno la suora si trovò a dover raccontare la storia del miracolo eucaristico a numerosi pellegrini che gliela richiedevano. Ella aveva sempre avuto un’invincibile difficoltà a parlare in presenza di un gran numero di persone e delle stesse consorelle: iniziava, ma dopo poco si fermava senza poter più riprendere. L’immagine di Mosè, balbuziente ma scelto da Dio a parlare in sua vece, diventava anche il simbolo di questa sua nuova missione: certo – spiegava lei stessa – non le veniva chiesto di condurre un popolo come Mosè, ma sentiva dirette anche a lei le parole che il Signore rivolse a Mosè: «Io sarò con te» (Es 3,12). Da allora non si è mai tirata indietro quando si è trattato di raccontare la vicenda del miracolo dinanzi alla moltitudine di pellegrini, superando la sua difficoltà. 
Inoltre, dopo il miracolo, il suo rapporto con Gesù nell’Eucaristia è diventato molto più intimo e profondo, tanto da poter esclamare: «Quando sono dinanzi a Gesù, semplicemente io lo guardo ed Egli mi guarda: questo mi basta!».
Nell’intervista racconta anche uno dei “miracoli” avvenuti a Sokó?ka. Una mattina, quando andò per aprire la chiesa alle 6.30, trovò un uomo sulla quarantina che aspettava già dinanzi alla porta; questi le chiese di mostrargli dove era riposta l’Ostia miracolosa. La suora lo condusse alla cappella laterale dove, in un grande ostensorio, era stata collocata l’Ostia, e l’uomo rimase lì tutta la mattina in preghiera. La suora si assentò per il pranzo e al ritorno si accorse che quell’uomo era ancora lì e pregava. Gli si avvicinò per chiedergli se poteva offrirgli qualcosa da mangiare, ma quel pellegrino disse che quando ella si era assentata, anche lui era uscito per prendere qualcosa. Poi la suora, incuriosita da quella prolungata preghiera ai piedi del Maestro, gli chiese se avesse qualche intenzione molto urgente che gli stava a cuore, perché ella avrebbe pregato con lui e per la sua intenzione. L’uomo rispose che solo due giorni prima aveva saputo del miracolo di Sokó?ka, e disse: «Sono venuto per ringraziare Dio di questo gran dono!». 
Questa testimonianza colpì la suora più che se avesse visto un miracolo fisico eclatante. In questi tempi in cui si tratta con tanta leggerezza Gesù Eucaristico, la preghiera disinteressata di ringraziamento di questo pellegrino è veramente un miracolo, ed è una grazia che ciascuno dovrebbe chiedere per sé. Gesù Eucaristia è il gran dono di Dio, dono d’amore, dono di dolore che attende di essere ricambiato.

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