RELIGIONE
Gesù Cristo, l’unico Salvatore /1 Catechismo in domande e risposte sulla Dichiarazione Dominus Iesus
dal Numero 32 del 4 settembre 2022
di Fabrizio Cannone

Vogliamo ripresentare ai nostri Lettori questa Dichiarazione fondamentale che ai nostri tempi non possiamo dare più per scontata. La presentiamo sotto forma di domanda e risposta per assimilarne meglio i contenuti, prendendo in esame i vari capitoli e segnalando i concetti più importanti.

Presentazione

1.

 Che cos’è la Dichiarazione Dominus Iesus

Si tratta di uno dei principali documenti del recente magistero della Chiesa, pubblicato per autorità di Giovanni Paolo II, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), presieduta dal card. Ratzinger, il 6 agosto del 2000 [1].

2.

 Quale ne è il tema principale? 

Il tema principale è da un lato il rapporto tra la vera religione, cioè il Cristianesimo, e le altre religioni del mondo, e dall’altro la realtà dell’unicità salvifica di Cristo e della Chiesa. Si tratta in fondo, in una nuova angolatura, del tradizionale argomento della salvezza degli uomini e della necessità morale di appartenere alla Chiesa Cattolica, concetto espresso a volte con le parole “extra Ecclesia nulla salus” [2].

 

3.

 Perché una Dichiarazione così importante su temi centrali della fede ha fatto discutere e ha provocato forti opposizioni in non pochi teologi? 

Questo è avvenuto perché «circa l’unicità e l’universalità salvifica di Cristo e della Chiesa», come recita il sottotitolo del documento, esiste, almeno a partire dal Vaticano II, una enorme confusione e non mancano in ambito teologico idee relativiste, ireniche e chiaramente eretiche. 

 

4.

 In che termini la Dichiarazione è stata presentata dalla stessa Congregazione della Fede? 

Nei termini più forti e autorevoli. «La rilevan­­za dottrinale e l’importanza ecclesiale della Dichiarazione “Dominus Iesus” sono certamente indiscutibili, non soltanto per i contenuti trattati, che costituiscono il nucleo principale della fede cattolica, ma anche perché nell’odierno dibattito teologico ed ecclesiale, segnato per molti versi dall’attenzione al dialogo ecumenico e inter-religioso, sono purtroppo presenti e diffuse idee e opinioni erronee o confuse» [3].

 

5.

 In quale contesto culturale e religioso si inserisce la Dichiarazione? 

Secondo l’allora card. Ratzinger, essa si inserisce in un contesto in cui «si fa sempre più strada l’idea che tutte le religioni siano per i loro seguaci vie ugualmente valide di salvezza. Si tratta di una persuasione ormai diffusa non solo in ambienti teologici, ma anche in settori sempre più vasti dell’opinione pubblica cattolica e non, specialmente quella più influenzata dall’orientamento prevalente in Occidente, che si può definire, senza timore di essere smentiti, con una parola: relativismo» [4]. 

 

6.

 Quali sono le opinioni teologiche e filosofiche che fanno da sfondo a siffatto relativismo religioso? 

Secondo il card. Ratzinger esse sono: «La convinzione della inafferrabilità e inesprimibilità completa della verità divina; l’atteggiamento relativistico nei confronti della verità, per cui ciò che è vero per alcuni non lo sarebbe per altri; la contrapposizione radicale tra mentalità logica occidentale e mentalità simbolica orientale; il soggettivismo esasperato di chi considera la ragione come unica fonte di conoscenza; lo svuotamento metafisico del mistero dell’Incarnazione; l’eclettismo di chi nella riflessione teologica assume categorie derivate da altri sistemi filosofici e religiosi, senza badare né alla loro coerenza interna, né alla loro incompatibilità con la fede cristiana, la tendenza infine a interpretare testi della Scrittura, al di fuori della Tradizione e del Magistero della Chiesa» [5].

 

7.

 L’assunzione di questi falsi presupposti quali conseguenze ha? 

Secondo il card. Ratzinger, «il sostanziale rigetto dell’identificazione della singola figura storica, Gesù di Nazareth, con la realtà stessa di Dio, del Dio vivente»; «l’idea errata che le religioni del mondo siano complementari alla rivelazione cristiana»; «il dialogo, o meglio, l’ideologia del dialogo, si sostituisce alla missione e all’urgenza dell’appello alla conversione»; «il dissolvimento della cristologia e quindi dell’ecclesiologia»; la marginalizzazione infine verso «chi si ostina nella difesa della identità cristiana e nella sua pretesa di diffondere la verità universale e salvifica di Gesù Cristo» [6].

 

8.

 Perché il documento è chiamato “Dichiarazione”? 

Secondo l’allora segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, Tarcisio Bertone, «il termine Dichiarazione significa che il documento non insegna dottrine nuove, risultato dello sviluppo e dell’esplicitazione della fede, ma riafferma e riassume la dottrina della fede cattolica definita o insegnata in precedenti Documenti del Magistero della Chiesa, indicandone la retta interpretazione, a fronte di errori e ambiguità dottrinali diffusi nell’ambiente teologico ed ecclesiale odierno» [7]. 

 

9.

 Qual è il grado di autorevolezza della Dominus Iesus

«Trattandosi di un Documento dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede, espressamente approvato dal Sommo Pontefice, esso è di natura magisteriale universale. Questa peculiarità deriva dal fatto che la Congregazione per la Dottrina della Fede è l’organo ausiliare prossimo del Romano Pontefice, con il mandato specifico e unico da Lui ricevuto di promuovere e tutelare in tutto l’orbe cattolico la dottrina sulla fede e sui costumi» [8]. 

 

10.

 Quale tipo di assenso richiede dunque la Dichiarazione da parte dei fedeli? 

Trattandosi di «verità di fede divina e cattolica», l’«assenso richiesto ai fedeli è quindi di tipo definitivo e irrevocabile» [9]. 

continua

 

Note

1) Il testo originale latino sta in AAS 92 (2000) 742-765. Noi citiamo seguendo il testo italiano-latino presente in: Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione “Dominus Iesus”Documenti e studi, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2002.

2) Cf ivi, n. 20, specialmente la nt. 82.

3) Premessa della CFD, p. 6.

4) Introduzione, p. 7.

5) Ivi, pp. 7-8, n. 4.

6) Ivi, pp. 8-9.

7) Presentazione, p. 13.

8) Ibidem.

9) Ivi, p. 14.

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