RELIGIONE
“L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto”
dal Numero 26 del 28 giugno 2015
di Sr. M. Gabriella Pia Iannelli, FI

La Dottrina perenne della Chiesa sull’indissolubilità del Matrimonio ha le sue fondamenta nella Sacra Scrittura. Gesù stesso ha parlato in modo chiaro e inequivocabile del progetto divino sull’unione coniugale: «L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto».

L’uomo ha sempre cercato nel corso dei secoli dei motivi “leciti” per sfuggire in qualche modo al vincolo indissolubile del Matrimonio che agli occhi umani, in certi casi, può risultare difficile, se non impossibile. Abbiamo come esempio per tutti la celebre e triste vicenda di Enrico VIII, il re adultero che in tutti i modi cercò di ottenere dal papa Clemente VII l’annullamento del suo Matrimonio con Caterina d’Aragona per poter sposare Anna Bolena, la sua dama di corte, di cui si era invaghito. Egli si trovò dinanzi al netto rifiuto del Papa, che dinanzi alla certa validità del Sacramento celebrato, pur con tutta la sua autorità, non poté sciogliere il vincolo matrimoniale e violare la Legge divina. Ciò comportò lo Scisma d’Occidente con la nascita della Chiesa anglicana, separata dalla Chiesa Cattolica.
La situazione odierna con la spaventosa crisi del Matrimonio e della famiglia e con la perdita dei valori e dei fondamenti più sacri legati al Matrimonio è forse uno degli scenari più adatti a creare delle “scappatoie”, rivestite di bontà e di liceità, per attentare all’indissolubilità del vincolo sacramentale del Matrimonio.
Al limitato pensiero dell’uomo però si oppone il pensiero di Dio, il suo progetto eterno e immutabile. Cosa è il matrimonio in mente Dei? Ce lo dice in maniera inequivocabile la divina Rivelazione attraverso le pagine della Bibbia. Nel libro della Genesi, nel racconto della creazione dell’uomo, c’è il fondamento primordiale della coniugalità. Dopo la creazione della donna che viene presentata all’uomo come sua compagna, «carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa», il testo continua così: «Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola» (Gen 2,24). Subito dopo la creazione del primo uomo e della prima donna, all’origine stessa della vita umana, viene anche presentato il progetto divino sull’unione coniugale e sulla famiglia e nello stesso tempo l’indissolubilità di questo consorzio perché «i due saranno una carne sola». Si evince subito il carattere universale dell’affermazione che appare al di sopra di riferimenti storici, geografici o religiosi; si tratta di una verità universale, legata alla natura stessa dell’uomo e della donna, e definitoria della natura ed essenza del Matrimonio.
Nel Vangelo Gesù completa tale insegnamento riportandolo in campo proprio a proposito del divorzio. Marco scrive che «Alcuni farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: “È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla”. Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”» (10,2-12). Questo discorso di Gesù è ammirevole nella sua semplicità e chiarezza. Egli pur ammettendo che nella legge mosaica vi era stata una concessione al divorzio, dovuta alla “durezza del cuore”, riafferma con la sua autorità divina, l’originale disegno di Dio citando proprio il passo della Genesi secondo il quale l’uomo che si unisce alla sua moglie fa unità indissolubile con lei: “non più due, ma una sola carne”. Poi, come a voler mettere in guardia per non cadere ancora nello stesso errore, aggiunge con frase lapidaria: «L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». Gesù sa bene quali sono le possibilità dell’uomo e quindi sa anche che nell’ordine della grazia che Lui è venuto a instaurare, attraverso il sacramento del Matrimonio, si può superare la “durezza del cuore” e rimanere fedeli per sempre agli impegni assunti dinanzi a Dio.
In Luca 16,18 Gesù afferma: «Chiunque ripudia la propria donna e ne sposa un’altra, commette adulterio; chi sposa una donna ripudiata dal marito, commette adulterio». Qui il richiamo di Gesù è focalizzato su una seconda convivenza la quale è considerata adulterina per il semplice fatto che un “presunto” secondo matrimonio non sussiste, e di conseguenza le relazioni coniugali delle parti coinvolte sono da considerarsi un vero e proprio adulterio.
In Matteo 19,3-9 e 5,31-32 il discorso è sostanzialmente lo stesso di quello degli altri Vangeli però c’è un breve inciso che non appare negli altri sinottici. Gesù dice: «Perciò io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio». Il caso di concubinato è quello della convivenza senza il Matrimonio. È un caso che si dava nel passato e che oggigiorno si riscontra sempre più frequentemente. In tal caso, poiché non esiste nessun Matrimonio da sciogliere e nessuna moglie o marito da ripudiare è consequenziale che la separazione sia possibile, e non si tratta certamente di una concessione al divorzio.
San Paolo in 1Corinzi 7,10-11 afferma: «Agli sposati poi, ordino, non io, ma il Signore: la donna non si separi dal marito e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili col marito; e il marito non ripudi la sua donna». Anche qui è affermato il divieto del divorzio, e nel caso di separazione, il divieto di risposarsi. È interessante quell’invito di san Paolo, in caso di separazione, a «rimanere senza sposarsi»: se è vero che in certi casi la convivenza con il proprio coniuge risulta estremamente difficile e non conveniente, è anche vero che non è necessario arrivare al divorzio e, soprattutto, non è necessario risposarsi. Sarebbe la scelta della via della grazia a quella del peccato; una via di conversione e di impegno nella vita spirituale che potrebbe forse in molti casi portare anche alla riconciliazione con il proprio coniuge. 
L’insegnamento divino è di una chiarezza inequivocabile che non ammette ambiguità. Chi volesse sostenere che ci possono essere delle eccezioni all’indissolubilità del Matrimonio, magari in nome di una malcompresa misericordia, rinnegherebbe la Legge divina e gli insegnamenti perenni della Sacra Scrittura.

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