APOLOGETICA
L’immutabilità del Dogma
dal Numero 43 del 2 novembre 2014
di Corrado Gnerre

La cultura cattolica si basa sulla convinzione dell’immutabilità del fondamento dell’essere e sull’unicità e immutabilità della Verità. Anche le formule dogmatiche sono immutabili in quanto all’essenza; ciò che è possibile lungo il tempo è un maggior approfondimento di esse.

Guareschi, si sa, non era un comunista, tutt’altro. Il suo coraggio è stato proprio quello di andare controcorrente in un tempo in cui il conformismo politico e culturale spingevano ad adagiarsi su una ben precisa parte politica. Ma celebre è una sua espressione. Col suo intuito straordinario previde ciò che sarebbe accaduto dalle parti di Stalin e compagni, ne previde la deriva radicalista e libertaria (del tutto logica allorquando si fa della materia il tutto) e disse: «Quando anche i comunisti erano persone serie».
Il problema della serietà oggi è stringente. Ovviamente non mi riferisco alla serietà di comportamento che va da sé quanto debba essere rispettata e praticata e che – bene o male – ancora in molti ritengono un valore, quanto la serietà di saper rimanere fedeli alle proprie idee. Si tratta di una serietà difficile, perché è difficile vincere una delle peggiori tentazioni: quella di correre dietro il mondo. Che vuol dire: dietro alle mode. Come è più comodo su una canoa farsi trasportare dalla corrente piuttosto che remare contro, come è più comodo su una bicicletta andare in discesa piuttosto che scalare il Passo Pordoi, così è molto più comodo sviolinare il tempo presente piuttosto che mettersi a discernere per capire ciò che è giusto e ciò che non lo è nella cultura dominante e dover poi arrivare anche alla denuncia e parlare in maniera “politicamente scorretta”.
Oggi siamo tutti malati di “mondanite”. Se dobbiamo urlare è bene che lo facciamo su cose che desidera il mondo, su altre invece è più opportuno fare silenzio. Quello che un tempo si chiamava munus propheticum è troppo faticoso, non ne vale la pena, non ha senso se si è convinti che è la storia ad essere manifestazione incontrovertibile del vero.
La parola “cambiamento” è divenuta il mantra di ogni ambiente: tutto dovrebbe cambiare, tutto dovrebbe “acconciarsi” al tempo e alla storia. Tutto. Nulla è imperituro. Nulla è immutabile. Nemmeno il dogma. E qui, cari amici, dolenti note... perché fin quando a mancare di quella “serietà” (di cui sopra) erano e sono ambienti (come quelli a cui si riferiva Guareschi) in cui tutto poggia sulla dimensione storicista, allora non c’è da sorprendersi, ma quando certi cambiamenti vengono teorizzati dalla cultura cattolica che si dovrebbe fondare sulla convinzione dell’immutabilità del fondamento dell’essere, allora la sorpresa è inevitabile.
Una delle caratteristiche tipiche della crisi del cattolicesimo oggi è proprio quella di ritenere la verità modificabile, una sorta di storicismo teologico o di teologia storicista, per la serie: è la storia che giudica la verità e la può modificare come vuole, per cui ciò che era vero ieri non necessariamente deve essere considerato vero oggi e ciò che era sbagliato ieri non necessariamente deve essere ritenuto sbagliato oggi. L’eresia modernista arrivò ad affermare che il dogma non avrebbe nulla di definito, ma sarebbe una semplice “smagliatura” del tempo, modificabile ed elasticizzabile come si vuole. Alla fine è il singolo credente che sarebbe chiamato ad un’interpretazione del dogma, interpretazione confacente alla propria storia e alla propria psicologia. Eresia modernista che il grande san Pio X condannò immediatamente definendola “sintesi di tutte le eresie”.
Occorre, dunque, un po’ di ripasso di buona teologia e pertanto chiediamoci: è legittimo modificare il dogma? Ovviamente la risposta è più che ovvia: il dogma è immutabile di suo e non lo si può affatto modificare. Ciò però non vuol dire che in merito qualcosa non possa cambiare nel tempo. Vediamo cosa.
Per essere precisi possiamo dire così: le formule dogmatiche sono immutabili quanto all’essenza, cioè al loro contenuto sostanziale, ma possono essere approfondite per una maggiore penetrazione delle stesse. In questo campo il grande maestro è san Vincenzo da Lerino (V secolo) che si occupò proprio di questa questione nel suo celebre Communitorium. Egli afferma che il dogma può essere penetrato, cioè approfondito, da parte della Chiesa come Magistero e anche da parte dei singoli fedeli, ma a condizione che questa penetrazione (approfondimento) avvenga nel rispetto del genere, del senso e del contenuto del dogma stesso. Concetto, questo, che fu fatto proprio anche dal Concilio Vaticano I.
Ma cosa significa che il dogma può essere “penetrato” solo nel rispetto del suo genere, senso e contenuto? Che il dogma non può cambiare intrinsecamente ma solo approfondito estrinsecamente. Per essere più precisi possiamo dire che il dogma non può cambiare né in sé (cioè non può subire mutamenti intrinseci) né sostanzialmente (non può passare da una verità ad un’altra che sia sostanzialmente diversa dalla prima), ma può essere approfondito estrinsecamente da parte del soggetto che conosce, soggetto che, come abbiamo detto prima, può essere il Magistero della Chiesa, ma anche il singolo fedele, ovviamente sottomettendosi sempre al giudizio della Chiesa docente. Approfondimento che può riguardare anche la ricerca di espressioni che lo rendano più comprensibile.
Insomma, il dogma non può affatto cambiare. Non c’è né teologo, né storia, né mondo... e  Pietro e i suoi successori sono stati investiti da Cristo per essere “custodi” della Verità.
L’unico progresso legittimo che si può ammettere per il dogma non è né in sé né nella sostanza, ma solo in merito alla sua conoscenza e alla sua espressione.

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