Le prime parole del Prologo di San Giovanni racchiudono in profondità il Mistero di Dio che è tutto da penetrare e contemplare: un Mistero di Somma Verità.
La Somma Verità
All’inizio di tutto è il Logos, ovvero la ragione, la razionalità
«In principio era il Verbo».
Il Faust di Goethe (illustre esponente del romanticismo) ha una scena in cui il protagonista, il dottor Faust, sta nel suo studio riflettendo sul Prologo del Vangelo di san Giovanni. Egli non accetta che in principio sia il Verbo, bensì afferma che in principio deve essere l’azione. Ciò esprime chiaramente l’essenza della filosofia romantica, che è appunto l’azione, la prassi e non certo il fondamento metafisico, cioè la verità. Tutta la filosofia moderna, costruendosi sul progressivo abbandono della metafisica, pone come essenza di se stessa il pensiero dell’uomo, che poi si traduce in un porre a fondamento di tutto l’agire dell’uomo, perché, senza il riconoscimento di un vero oggettivo, l’agire dell’uomo diviene il criterio di se stesso.
Il Cristianesimo, invece, si pone su un piano diverso. Tutto si fonda sul riconoscimento della verità e tutto parte dalla verità. Ciò per un motivo ben preciso: perché Dio s’identifica con la verità, con la ragione. Dio non è concepito solo sotto l’aspetto della volontà, ma anche e soprattutto sotto l’aspetto della ragione. Dio non può patire in sé alcuna contraddizione, Dio è verità immutabile.
Con ciò si spiega perché il Cristianesimo abbia fatto giustamente tesoro del miglior patrimonio della filosofia greca. Nel celebre discorso che Benedetto XVI fece a Ratisbona il 12 settembre del 2006 troviamo parole che, non a caso, fanno riferimento al Prologo di san Giovanni: «A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo molto diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia. Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, il primo versetto dell’intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: “In principio era il logos”. È questa proprio la stessa parola che usa l’imperatore [il Papa sta facendo riferimento ad un celebre dialogo tra l’imperatore bizantino Michele II Paleologo con un persiano colto]: Dio agisce “sun logos”, con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio, ci dice l’evangelista. L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell’Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: “Passa in Macedonia e aiutaci!” (cf. At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una “condensazione” della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l’interrogarsi greco».
La natura della monotriade: l’amore deve essere giudicato dalla ragione
«Il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio».
Il mistero della Santissima Trinità è un mistero e come tale non può essere compreso; ma non per questo è qualcosa d’irragionevole. Nella Dottrina cattolica ciò che è mistero è sì indimostrabile con la ragione, ma non è irrazionale, cioè non è in contraddizione con la ragione.
A proposito della Trinità si afferma che Essa è costituita dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Non si dice: dallo Spirito Santo, dal Figlio e dal Padre o dal Figlio, dal Padre e dallo Spirito Santo, ma: dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Il tutto in una successione logica ma non cronologica. Cosa vuol dire? Che senza il Figlio non ci sarebbe lo Spirito Santo e senza il Padre non ci sarebbe il Figlio; ma non che il Padre abbia creato il Figlio e il Figlio abbia creato lo Spirito Santo, perché, se così fosse, il Figlio e lo Spirito Santo sarebbero delle creature e ciò non è.
Dunque una successione logica ma non nel tempo (cronologica). Il Cristianesimo ortodosso (quello dei Russi, dei Serbi, dei Greci, per intenderci) è lontano dal Cattolicesimo anche perché, a proposito della Trinità, non riconosce la dottrina cosiddetta del Filioque, cioè che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Lo Spirito Santo – dicono gli ortodossi – procede solo dal Padre. “Questione di lana caprina”, direbbe qualcuno. “Inutili pignolerie”, direbbero altri. E invece no, la questione è importante, per non dire importantissima.
Didatticamente si attribuisce al Padre l’azione della creazione, al Figlio quella della redenzione e allo Spirito Santo quella della santificazione. Questo non vuol dire che nel momento della creazione il Padre agiva e il Figlio e lo Spirito Santo non partecipavano, oppure nella redenzione il Figlio agiva e il Padre e lo Spirito Santo erano assenti... Nella creazione ha agito tanto il Padre, quanto il Figlio, quanto lo Spirito Santo e così nella redenzione (è la cosiddetta circuminsessione)... ma metodologicamente diciamo così: il Padre crea, il Figlio redime, lo Spirito Santo santifica.
Il Figlio lo chiamiamo anche Verbo (Parola) per indicare il fatto che è il Dio che si manifesta. Il Figlio è anche il Logos, la Verità, mentre lo Spirito Santo è l’Amore. Ed ecco il punto nodale. Già in Dio è pienamente rispettata la processione logica verità-amore. L’amore deve essere sempre giudicato dalla verità, altrimenti può diventare anche il sentimento più terribile. Facciamo un esempio. Un padre di figli che lascia la famiglia perché “s’innamora” di un’altra donna, fa bene? Oggi molti risponderebbero di sì. Direbbero: se lo ha fatto per amore... Ma questo è il punto. L’amore se non è giudicato dalla verità può diventare molto pericoloso. Facciamo un altro esempio. Perché Hitler e i suoi decisero di perseguitare gli Ebrei? La risposta può sembrare paradossale ma non lo è: per troppo amore nei confronti della razza ariana. Perché Stalin decise di sterminare milioni e milioni di piccoli proprietari? Per troppo amore nei confronti dello Stato socialista. Perché Robespierre decise di tagliare teste su teste? Per troppo amore nei confronti della Rivoluzione che lui sentiva minacciata. Ecco cos’è l’amore sganciato dalla verità. E, se si riflette bene, questo è uno degli errori più tipici dei nostri tempi. C’è chi si lamenta che oggi c’è poco amore. Verrebbe voglia di dire: no, non è così, d’amore oggi c’è ne è fin troppo, ciò che invece manca è la consapevolezza della Verità.
Bisognerebbe ritornare a meditare sulla natura di Dio per capire come già nella Sua intima natura è presente questa verità, e cioè che l’amore è vero se è conforme al Vero. Solo così si potrà anche capire perché mai la Chiesa Cattolica ha tenuto fermo sul punto del Filioque.
La verità è in principio e la verità è nelle cose
«Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste».
Dunque, la verità è al principio di tutto. Nulla è possibile senza la verità. L’uomo non può vivere senza la verità, il che si traduce nel fatto che l’uomo non può vivere senza la ricerca di senso. D’altronde senza un significato, la vita cade sotto la condanna dell’irrazionalità. L’alternativa, infatti, è proprio questa: convincersi di essere frutto di un progetto di amore e quindi di essere accompagnati da questo progetto, o invece convincersi di essere gettati nel mondo. Se la verità non esiste, non esiste il significato, e se non esiste il significato, tutto è illogico e irrazionale. Il Prologo di san Giovanni dice proprio questo: la verità è nelle cose. Dunque, la vita ha una sua ragione. Siamo frutto di un progetto.
Senza Dio, ogni cosa che si fa, anche se meravigliosa, grande, utilissima, è priva di luce, cioè è priva di significato. La luce è ciò che illumina il reale, ovvero ciò che rende conoscibile ciò che è posto dinanzi allo sguardo. Così come le cose esistono anche al buio, indipendentemente dall’essere illuminate o meno, parimenti tutto ciò che l’uomo compie o può compiere esiste anche se egli non ha inserito nella sua vita il fondamento... ma tutte queste cose, inevitabilmente, rimangono buie. Scrive Eliot in East Cocker: «O buio, buio, buio. Tutti vanno verso il buio, / i vuoti spazi interstellari, il vuoto verso il vuoto, / i capitani, i grandi banchieri, gli eminenti letterati, / i generosi mecenati dell’arte, gli statisti e i sovrani, / distinti impiegati statali, presidenti di molti comitati, / industriali e piccoli mediatori, tutti vanno verso il buio. / È buio il sole e la luna, e l’almanacco di Gotha. / E la gazzetta della borsa, e il consiglio dei direttori, / e freddo il sentimento e perduto il motivo dell’azione. / E noi tutti andiamo insieme a loro, nel silenzio funerale, / funerale di nessuno, perché non c’è nessuno da seppellire».
Senza la verità, nulla esiste sul piano ontologico e tutto è possibile sul piano morale
Disse Benedetto XVI il 6 aprile del 2006 in un discorso in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù: «Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dell’intelletto umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo e lo rende utilizzabile per noi. [...] Solo perché la nostra matematica è affidabile, la tecnica è affidabile. La nostra scienza, che rende finalmente possibile lavorare con le energie della natura, suppone la struttura affidabile, intelligente della materia».
Dire che tutto parte dalla verità, che Dio è Logos, che Dio è verità, vuol dire che la stessa creazione è avvenuta secondo una logica, cioè secondo un progetto. Vuol dire riconoscere che nella realtà creata vi è una legge, appunto: la legge naturale.
Senza il riconoscimento del diritto naturale, tutto diviene possibile. La modernità, che si è costruita con l’allontanamento dalla dimensione metafisica, ha eliminato il riconoscimento del diritto naturale aprendo inevitabilmente la strada al positivismo giuridico, che altro non è se non la riduzione della forza del diritto nel diritto della forza.
Fine prima parte