APOLOGETICA
La teologia della grazia e la centralità dell’Immacolata
dal Numero 10 del 9 marzo 2014
di Corrado Gnerre

La capitale importanza della Grazia nella vita di un cristiano sembra trovarsi dipinta in un quadro del Bellini sopra raffigurato. Lo sguardo della Divina Madre è particolarmente eloquente nel dimostrare quanto sia prezioso il dono della Grazia divina.

Nel Cristianesimo tutto parla di Cristo, né potrebbe essere diversamente visto che il Cristianesimo si chiama così (“Cristianesimo”, per l’appunto da Cristo), tutto riconduce a Lui, tutto è illuminato da Lui e tutto si comprende grazie alla sua Parola.
Ma nel Cristianesimo c’è anche una centralità dell’Immacolata, che non contraddice la centralità di Cristo, anzi la conferma. In un certo qual modo possiamo dire che, individuando la centralità dell’Immacolata, si può più facilmente cogliere e capire la centralità di Cristo.
Di esempi se ne potrebbero fare tanti. Ne indico uno che è legato ad un elemento centrale della vita cristiana, la Grazia. Si sa che tutto il Cristianesimo è di fatto riducibile all’immagine giovannea della “vite e dei tralci” (cf. Gv 15), allorquando Gesù indica se stesso come la vite e noi come i tralci: se i tralci non sono innestati nella vite, si seccano e servono solo per essere gettati nel fuoco. In questa immagine non compare mai la parola “linfa”, eppure essa è la vera protagonista. È infatti proprio la linfa che permette ai tralci di vivere, linfa che essi ricevono dalla vite; se invece i tralci sono separati dalla vite, non ricevono nulla, si seccano e non servono se non per essere bruciati. In questa immagine la linfa simboleggia la Grazia: come il tralcio non può vivere senza la vita così l’uomo non può avere la vera vita (che è quella soprannaturale ed eterna) se non è innestato in Cristo.
Purtroppo ai nostri giorni, in un evidente clima di deriva “mondana” del Cristianesimo, per cui il Cristianesimo spesso viene ridotto a manuale del politicamente corretto, si dimentica di ricordare la centralità della vita di Grazia e che, senza questa, a nulla valgono gli sforzi umani. Ma su questo punto dovremmo certamente ritornare in un prossimo articolo, per adesso non conviene insistere.
Torniamo alla centralità dell’Immacolata che conferma la centralità di Cristo. Chi ha permesso che l’uomo potesse riottenere il dono della Grazia dopo che l’ebbe perso con il peccato originale? La risposta è molto semplice: l’Immacolata. È stato il suo fiat detto all’Angelo al momento dell’Annunciazione che ha permesso la Grazia di riottenere la Grazia. Ecco che diventa chiaro come la centralità di Cristo si collega alla centralità dell’Immacolata e la centralità dell’Immacolata si collega alla centralità di Cristo.
Ma l’Immacolata non solo ha donato la Grazia con il suo “sì”; Ella ci fa anche capire la serietà della Grazia, o meglio come l’uomo debba rapportarsi a questo immenso e insostituibile Dono. 
Per capire questo mi servo di un bel dipinto che è al Museo Correr di Venezia, la Madonna Frizioni dell’artista Giovanni Bellini (1427-1506).
Ciò che colpisce in questo quadro è lo sguardo della Vergine. Sembra all’inizio uno sguardo perso ma non è così, è uno sguardo di offerta. È serio, velato da una certa ma controllata tristezza che è esito della consapevolezza di quanto le sarebbe costata quell’offerta: la Passione e la Morte di suo Figlio per la nostra Salvezza. È uno sguardo che non è rivolto al Divino Bambino, ma è l’esito di un amore smisurato per Colui che, pur non guardandolo in quel momento, protegge con amorevole cura badando bene che nessuno gli faccia del male o che possa cadere da quello che sembra una specie di muretto. È uno sguardo di dono, ma che fa anche capire quanto le sia costato e le costerà quel Dono.
È uno sguardo che c’invita a riflettere a quali responsabilità andremmo incontro qualora decidessimo di non corrispondere e di rifiutare quel Dono. Se fissiamo attentamente gli occhi della Vergine e soprattutto se li fissiamo per un po’ di tempo, ci accorgiamo che essi parlano dicendoci: Prendete, io vi offro Colui che è la Ragione di tutto, ma mi raccomando: state attenti, non lo offendete mai, non lo abbandonate mai, trattatelo con cura come io adesso lo sto trattando.
Anche lo sguardo del Bambino sembra sottolineare questo. È uno sguardo serio, motivato dalla conoscenza del dolore che sta patendo e che patirà la Mamma.
In questi due sguardi, che pur non incrociandosi comunicano vicendevolmente uno stesso stato d’animo, c’è la serietà della Grazia che ci obbliga ad usufruirne ma ci obbliga a conservarla come il dono più prezioso.

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