APOLOGETICA
Perché esiste il male nelle cose e nella natura?
dal Numero 9 del 2 marzo 2014
di Fabrizio Cannone

“Perché il male in natura?”. San Tommaso argomenta in tre splendidi capitoli della “Summa contra Gentiles” l’esistenza del male come “prova” di Dio, e chiarifica la presenza del “caso” e il ruolo divino nel permettere il “male”. Materia impegnativa ma di più facile comprensione grazie agli efficaci esempi dell’autore.

Non si parlerà mai esaurientemente del male, fisico o morale che sia, e soprattutto del male in rapporto a Dio il quale può sia permetterlo (colpa) che anche positivamente infliggerlo (pena).
Ma esiste anche un’altra tipologia di male, non senza collegamento con il male morale e fisico evidentemente, che può chiamarsi il male del limite, dell’imperfezione, dell’incompletezza, insito nelle cose, nella natura e nello stesso uomo. È un male fisico-morale che si pone come un accidente nella realtà, ma che la connota in modo indubitabile. Questo male appare del tutto lontano da ogni causalità umana (a differenza dei mali della colpa e della pena) e proprio per questo appare di primo acchito meno comprensibile. Gli insegnanti sono soliti sentirsi fare dagli studenti più partecipi domande come queste: “Ma quando uno nasce con una brutta malattia, ad esempio la cecità o la sordità, che colpa ne ha? Perché Dio lo ha punito? E un animale che nasce mostruoso? E un albero che non dà frutto?”.
In realtà, oltre al male della colpa, o peccato, e il male della pena, attraverso un dolore che Dio permette o infligge per la purificazione del cuore di chi ha peccato e come monito per tutti, esiste il male anche in altra forma, quale risulta dall’esempio della malattia sopra citato e da infiniti possibili esempi. Il male infatti, da intendersi filosoficamente come pura assenza di bene, è presente in tutta la creazione: nell’umanità, negli animali, nei vegetali, nei minerali, nell’atmosfera e nell’Universo. Come mai? Dio, essendo perfettissimo, non doveva e poteva fare un mondo perfetto, stante l’agere sequitur esse? E dunque proprio le innegabili imperfezioni nelle cose e nel tutto, non mostrano che il tutto stesso non ha Dio come causa, ma la cieca evoluzione della materia e dell’energia, e il Big Bang?
San Tommaso affronta con grande profondità questo problema in 3 densi capitoletti della Summa contro i Gentili (SCG), che per puro caso o per grazia divina trovammo, presso una semplice edicola di giornali alcuni anni fa, nell’eccellente edizione in un solo volume, curata da un grande specialista come padre Tito S. Centi (Mondadori, 2009). I capitoli in questione si trovano del Libro Terzo della SCG, la quale conta 4 libri per oltre mille pagine complessive. Essi sono il 71°, il 72°, e il 74°. Il primo (71) si intitola La Divina Provvidenza non esclude del tutto il male dalle cose; il secondo (72) La Divina Provvidenza non esclude dalle cose la contingenza; il terzo (74) La Divina Provvidenza non esclude la fortuna e il caso. Per ora ci limiteremo al 71, benché anche i due altri contengano elementi importanti per formarsi un retto giudizio sul male.
Negli ambienti cattolici anche impegnati non manca chi, fideisticamente, afferma che “il caso non esiste!” oppure “Dio, essendo buono, non può fare cose che contengano il male o siano nocive!” e altri slogan del genere. Ma costoro, evidentemente, ignorano la Teologia classica e pensano che fare affermazioni forti e di principio li preservi da certi problemi reali, come la presenza del male nell’Universo, la contingenza del tutto o la casualità (relativa) di tanti accadimenti. In realtà, tale fideismo pecca per eccesso esattamente come il razionalismo pecca per difetto (di fede), e san Tommaso con la sua scienza teologica confuta entrambe le posizioni, coniugando al meglio, ancora una volta, la profondità del mistero di un Dio perfettissimo e onnipotente, con la realtà di un mondo, pur creato da Dio certo, ma non senza il male, il caso, la contingenza, il limite, il brutto, il mostruoso, la contraddizione e il paradosso. E si badi bene che san Tommaso non lega, o almeno non lega anzitutto i mali dell’Universo allo stato morale del mondo dopo il peccato originale, uno stato potremmo dire di imperfezione voluta (causa punizione) da parte di Dio. Per san Tommaso invece questi mali, queste imperfezioni e deficienze del creato, sono volute positivamente da Dio perché attraverso di esse, come ora vedremo, si esprime meglio il bene complessivo e universale che Dio ha voluto nell’atto della creazione.
Nel capitolo 70 della SCG san Tommaso aveva spiegato la possibilità che un identico effetto derivi simultaneamente e da Dio e dalle creature, e tal concetto per la Teologia cattolica è importantissimo: che il lettore non lo dimentichi mai. Un po’ come il Vangelo di Matteo, il quale ha per autori sia Dio Uno e Trino, che il pubblicano convertito in apostolo Levi-Matteo. Domanda di bambini, giovani e studenti: “Ma la pioggia la manda Dio o deriva dalle correnti di calore?”. Risposta chiarificatrice: “Sia da Dio sia dalle correnti atmosferiche”. Nelle opere della natura o degli uomini è decisivo non escludere mai né la causalità divina (causa prima), né quella naturale (causa seconda).
San Tommaso inizia dunque il cap. 71 della SCG scrivendo così: «Da ciò [da quanto visto nel cap. 70] risulta che la provvidenza con la quale Dio governa l’universo, non toglie che nelle cose si riscontrino la corruzione, il difetto e il male». E in 7 punti offre varie argomentazioni che noi liberamente citeremo per convincere il lettore, purché il lettore presti attenzione e si concentri.
1) Anzitutto per san Tommaso, essendoci difetti nelle cause naturali (come un seme o un animale), «può capitare un difetto e un male per una deficienza delle cause seconde, sebbene in Dio stesso non ci sia nessun difetto». Facile: Dio lascia libere le cause seconde di agire, benché le abbia create Lui, ed esse producono effetti a volte difettosi. Ma anche le cause seconde Dio le ha volute imperfette. Come mai? Lo si capirà bene dall’insieme dei punti esposti. 2) «Nelle cose create [il tutto salvo Dio] la bontà non sarebbe perfetta, se in esse non ci fosse gradazione di bontà, per cui alcune sono migliori di altre». È assolutamente decisivo capire bene questo concetto di “gradi di perfezione”. Se accanto alla bellezza nobile del cavallo non ci fosse la buffa semplicità del puledro forse si apprezzerebbe meno anche la nobiltà del primo, e nel mondo ci sarebbe altresì meno umorismo (facilmente causato dalla simpatia che emana il secondo). Le cose più elevate e complesse da sole sarebbero meno belle se non fossero accompagnate da cose meno complesse e più semplici e seppure queste ultime hanno evidenti imperfezioni, l’insieme risulta più gradevole. Capite a cosa ha pensato il Padre Eterno? A tutto, proprio a tutto! Se ogni cibo fosse ottimo, gustandolo ci parrebbe semplicemente buono. Grazie a cibi appena commestibili, altri cibi ci paiono squisiti. Per il bene dell’organismo ci vuole sia l’acqua (bevibile, ma insapore), sia il latte (buono) che il vino (ottimo), ed è meglio che il buono sia la norma e l’ottimo l’eccezione, e così via. Se ci fosse solo l’acqua poi, come potrebbe farsi la penitenza, visto che ci si può astenere dal latte e dal vino, ma non da essa? Infiniti esempi possibili. 3) Secondo san Tommaso poi «se si togliesse l’ordine che regna tra le cose distinte e disuguali [...] si eliminerebbe in esse la molteplicità [...]: poiché una cosa è migliore dell’altra in forza delle differenze [...]. Cosicché se nelle cose ci fosse l’assoluta uguaglianza, non ci sarebbe che un unico bene creato». Avete capito? L’uguaglianza è meno bella che l’armoniosa disuguaglianza, e se tutto fosse uguale, nulla sarebbe diverso: noia mortale per l’essere razionale! Nel bosco non c’è un preciso ordine e una precisa forma, e per questo esso è magnifico. Se fosse perfettamente squadrato ed uguale in ogni parte sarebbe assai meno avvincente. Accanto alle splendide querce è bene che ci siano arbusti meno significativi (erbe, pianticelle, cespugli). L’insieme è più bello che un bosco di sole querce secolari. Ma perfino tra gli essere coscienti, ovvero gli uomini, è un gran bene che ci siano talenti diversi e bellezze diverse e complementari. Il panorama umano è bello perché variegato e incontrare delle persone è una bella esperienza anche perché non siamo fatti in serie come computer o robot. Dio ci ha creati tutti diversi e noi completiamo la sua creazione rendendoci diversi in mille modi: per intelligenza e cultura, virtù e vizi, simpatia e personalità, forma fisica e vestiario. Meno male che sia così! Che mondo sarebbe un mondo fatto di persone tutte uguali come gemelli monozigoti, anche se fossero prototipi di Adamo ed Eva prima del peccato ovvero bellissimi? Un mondo certamente più brutto dell’attuale mondo il quale però contiene oggettivamente più bruttezza: nel complesso infatti è meglio la varietà e la diversità, quali ricchezze, che l’uguaglianza ripetitiva e insignificante. Anche gli Angeli e i santi in Paradiso sono diversi, gerarchicamente ordinati e non identici. Quanti motivi per ringraziare Iddio!

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