RELIGIONE
Un mondo da scoprire. Il monachesimo femminile
dal Numero 4 del 29 gennaio 2017
di Elena Nobis

Dando voce agli studi storici si deve affermare che nei secoli solitamente definiti “bui” e in una società che poco valore accordava alla donna, proprio nella vita monastica avveniva “il riscatto” e la piena realizzazione della personalità femminile.

«Sei Tu che susciti la gioia di lodarti, perché Tu ci hai fatti per te, e senza requie è il cuor nostro, finché non riposi in te» (Sant’Agostino, Confessioni, I).
In questa celeberrima frase di sant’Agostino si potrebbe con ragione racchiudere il senso e l’origine della Vita consacrata. L’uomo, creato da Dio e per Dio, cerca Dio, a Dio anela, trovando la sua pace e piena realizzazione in Lui. Dal rifiuto o dalla sua lontananza da Dio proviene tutta la sua inquietudine e infelicità. È, infatti, proprio del cuore dell’uomo la ricerca di Dio.
Pressoché in tutte le religioni, in tutte le epoche vi sono uomini e donne votati incondizionatamente e totalmente al servizio divino, in qualità di sacerdoti, di vergini (ad esempio le vestali) o nella vita monastica. Tuttavia, laddove sia contemplata la verginità, spesso è dettata anche da ragioni sociali e difficilmente corrisponde a una libera scelta. Inoltre, non è accompagnata dalla Grazia e questo spiega le molte defezioni e le pene comminate in simili casi.
Il fenomeno del monachesimo femminile, che tanto entusiasmo e interesse sta riscuotendo tra gli studiosi per la realtà così ricca e variegata rispetto al mondo monastico maschile quanto a consuetudini e stili di vita, è tuttavia ancora poco conosciuto.
L’interesse per il mondo monastico femminile ha avvinto in special modo gli storici, i quali, soprattutto a partire dagli anni ’50, vi dedicano parecchi studi nell’intento di poter ricostruire gli aspetti salienti della condizione umana e della spiritualità femminile, particolarmente nei secoli IV-X. Ricostruirne il percorso si è rivelata un’impresa alquanto ardua per la scarsità di documentazione. Se, infatti, per quanto riguarda la storia del monachesimo maschile gli storici medievisti dispongono di un cospicuo patrimonio dal punto di vista archivistico, costituito da cronache, storie, fonti agiografiche e liturgiche, non si può dire lo stesso per quello femminile. La quasi totale assenza di fonti, la difficoltà nel reperire documenti, a motivo della clausura che ha reso per secoli inaccessibili gli archivi dei monasteri o perché giacciono inesplorati in chissà quali archivi diocesani, di Stato e comunali, e talvolta perfino in Archivi privati sembrano esserne le ragioni principali. Dalle fonti di carattere dottrinario e letterario dell’epoca alto-medievale, recuperate presso alcuni edifici monastici e istituti di clausura, sono state rinvenute notizie inerenti a privilegi e consuetudini di vita all’interno dei monasteri, controversie di natura giurisdizionale, morte e contese di consorelle, miracoli, terremoti e altri aspetti del vivere quotidiano monastico. Nonostante l’avarizia documentaria del tempo, dovuta a una cultura della parola più che dello scritto, non mancano poi pagine preziose di cronache monastiche, repertori e obituari di comunità, documenti vescovili – soprattutto successivi al Mille –, oltre a tutta una letteratura mistica e teologica, che offrono un profilo di tutto rispetto della mulier religiosa, per nulla ai margini di una società, per cultura e mentalità per certi versi ancora piuttosto maschilista. Se per secoli, infatti, la storiografia tradizionale si è spesso limitata a mutuare dalla storia del monachesimo maschile l’esperienza monastica femminile, quasi in assoluta dipendenza da essa – anche perché, se si eccettuano i pochi sporadici casi, non esistevano Regole scritte ad hoc per Religiose, ma solo per Monaci –, facendo credere impossibile il farsi di una storia autonoma del monachesimo femminile, ora il patrimonio documentario rinvenuto, seppure esiguo se paragonato a quello di cui si dispone per il mondo monastico maschile, impone un ribaltarsi di tale ottica. Ripercorrendo la storia del monachesimo femminile dalle origini a tutto il Medioevo, ci si trova dinanzi a un fenomeno autonomo, caratterizzato da aspetti e contenuti propri. Diversi – e perfino opposti – erano spesso le motivazioni e le giustificazioni che sottintendevano all’ingresso in un monastero femminile rispetto a uno maschile; diverso pure il ruolo storico, oltre che spirituale, che tanti monasteri femminili esercitavano all’interno dei regni dell’Europa medievale.
L’ascesi vissuta in celibato, e più in particolare gli Ordini monastici e religiosi, hanno sempre interessato gli storici che ne hanno descritto la vita e gli ideali, fornendo non di rado precisazioni anche inerenti al diritto con cui si reggono, i loro rapporti con il mondo con il quale si trovano costretti ad interagire.
Molto è stato scritto in questi ultimi decenni, molto resta ancora da scoprire di questo «sotterraneo e fascinoso universo femminile», in cui la Monaca, oltre a dare compimento alle proprie aspirazioni di totale donazione a Cristo, può sviluppare in modo completo la propria personalità, raggiungendo talvolta livelli culturali altissimi, e godere di molta più libertà e autonomia rispetto alla donna rimasta nel secolo.
Oltre che dal punto di vista spirituale, notevoli sono ad esempio i contributi apportati dal mondo monastico femminile nel campo della letteratura, dell’arte e della farmacopea. Non poche Abbadesse godono di privilegi non indifferenti, finanche la facoltà di scomunica nei confronti di Monache e Chierici, dipendenti da loro, in caso di disobbedienza.
Talvolta sono a capo di strutture monastiche imponenti, con vaste proprietà annesse, che richiedono una particolare abilità anche dal punto di vista amministrativo e le conferiscono il prestigio e il potere dei signori feudali, con indiscusse influenze anche in ambito politico.
Non si deve però credere che tutte le abbazie avessero il medesimo tenore di vita. La situazione, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista culturale e sociale non era per nulla uniforme. Accanto alle grandi abbazie ve n’erano di poverissime – quasi per nulla dotate di rendite, con poche proprietà e prive di introiti, tanto che la legislazione civile arrivò perfino a vietare che si incarcerassero le abbadesse per debiti. Anche dal punto di vista socio-culturale vi era una grande difformità, provenendo le monache da uno status diverso. Spesso il monastero femminile diveniva anche un provvidenziale luogo di rifugio per regine rimaste vedove o principesse cadette, come pure luogo di riscatto e rigenerazione spirituale per donne di malcostume e misere diseredate, scuola di formazione per giovani, ma soprattutto luogo di straordinarie vocazioni, fucina di Sante, cenacolo di cultura e di arte, come attestano gli scritti colti di Rosvita, quelli filosofici di Eloisa o le grandi effusioni mistiche delle sante Ildegarda di Bingen, Mechtilde di Magdeburgo.
Si tratta di un mondo che si rivela, per chi vi si accosta con occhio attento e scevro da pregiudizi, di una ricchezza e di un dinamismo straordinari sotto ogni punto di vista. Si può inoltre affermare con sicurezza che, specialmente nei secoli VI-XIII, solitamente definiti come “bui” e in una società che ben poco valore accordava alla donna, proprio nella vita monastica avveniva “il riscatto” e la piena realizzazione della personalità femminile in tutta la sua completezza. Contrariamente a ciò che comunemente si crede, infatti, da sempre la vita consacrata – come insegna anche il Vaticano II – anziché sminuire la personalità umana, la nobilita, contribuendo enormemente al suo completo sviluppo. E questo, fin dai primi secoli del Cristianesimo, si è dimostrato tanto più vero per la donna, che nella società del tempo spesso soffriva di una condizione di disparità rispetto all’uomo.

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