RELIGIONE
La Maternità spirituale e il Sacerdozio
dal Numero 36 del 18 settembre 2016
di Suor M. Gabriella Pia Iannelli, FI

Mentre alcuni ambienti femministi rivendicano un presunto diritto ad un Ministero femminile, la donna consacrata ricorda che la sua partecipazione al “sacerdozio” avviene attraverso la sua maternità spirituale, ricalcando il ruolo della Madonna Corredentrice accanto al Redentore divino.

C’è una maternità fisica, che tutti conoscono, e c’è una maternità spirituale, non altrettanto conosciuta ma altrettanto bella e reale, anzi incommensurabilmente superiore a quella fisica: la maternità spirituale.  Cosa è e quale è la natura e il fondamento della maternità spirituale?
La maternità spirituale trova il suo fondamento più profondo nella natura femminile che è fatta per la maternità, per costituzione fisica e psichica. La donna è madre per vocazione, e se non lo è fisicamente, può e deve esserlo spiritualmente, affinché non manchi qualcosa di essenziale alla realizzazione della sua personalità.
Ogni donna può vivere la maternità spirituale, ma tale maternità nello spirito trova la sua più alta collocazione ed espressione nella vita consacrata. La donna consacrata rinuncia all’unione coniugale e alla maternità fisica in quanto viene chiamata all’unione verginale e sponsale con Gesù;  essa non è la sposa di un uomo, bensì la Sposa di Cristo, ma non per questo rinuncia alla maternità. La sua unione con Cristo la porta ad esser madre spirituale, vale a dire madre che genera e fa sviluppare non la vita fisica, ma la vita soprannaturale, la vita dello spirito. «La verginità nel senso evangelico – afferma Giovanni Paolo II – comporta la rinuncia al matrimonio, e dunque anche alla maternità fisica. Tuttavia la rinuncia a questo tipo di maternità, che può anche comportare un grande sacrificio per il cuore della donna, apre all’esperienza di una maternità di diverso senso: la maternità “secondo lo spirito” (cf. Rm 8,4). La verginità, infatti, non priva la donna delle sue prerogative» (Mulieris dignitatem, n. 21). Nella misura in cui la sua unione con Cristo Sposo è profonda e perfetta, ella diventa madre delle anime e tanto sarà ampia la sua maternità quanto grande sarà il suo amore e la sua fedeltà a Cristo.
Santa Teresa di Gesù Bambino scriveva: «Io son vergine, Gesù! Ed ecco il mistero! Che unendomi a Te, ti sono madre di anime»; e ancora: «Essere tua sposa, Gesù..., essere per l’unione con Te, madre delle anime». In queste poche pennellate c’è tutta la realtà della maternità spirituale che trova il suo fondamento proprio nella verginità (o castità) consacrata a Dio.
La donna consacrata è vergine (di una verginità recuperata spiritualmente, se eventualmente persa) e madre, e viene a trovarsi spiritualmente inserita nel mistero di Colei che è la Vergine Madre per eccellenza: Maria Santissima, l’archetipo e il modello di ogni donna consacrata.
La maternità spirituale di Maria è una maternità universale: Ella è Madre nell’«ordine della grazia» (Lumen gentium, n. 61) e ha partorito tutte le anime con le sue terribili sofferenze di Corredentrice, nell’arco di tutta la sua vita, e in maniera culminante sul Calvario. La sua maternità abbraccia tutti e «perdura senza soste [...] fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza. [...] Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni» (Lumen gentium, n. 62).  
      Anche per questa assimilazione alla Vergine Maria, la Religiosa è chiamata a vivere la maternità spirituale, perché c’è una sorta di identificazione e di uguaglianza di prerogative e di ruoli tra lei e la Madonna, soprattutto in certi Istituti religiosi che si ispirano più direttamente alla Vergine Maria.
     La maternità spirituale, quella della Madonna e quella di ogni Consacrata, non può non realizzarsi in maniera del tutto speciale nei confronti di coloro che sono la “porzione eletta” del gregge di Cristo: i Sacerdoti. Se ogni anima può essere oggetto delle premure di una Consacrata, certamente quelle dei Sacerdoti devono starle particolarmente a cuore, perché si sa bene che da questa “porzione eletta” dipende il progresso o il regresso nella fede e nella pietà del Popolo di Dio.
Negli ultimi decenni il movimento femminista ha insinuato anche nella Chiesa Cattolica la rivendicazione del Sacerdozio alle donne, facendo apparire quasi una discriminazione il fatto che esso sia riservato solo agli uomini; ma piuttosto che rivendicare il Sacerdozio, la donna consacrata dovrebbe riscoprire il suo ruolo di madre a sostegno del Sacerdozio e delle vocazioni sacerdotali! Un ruolo che, in maniera indiretta ma efficace, la fa partecipe del ministero sacerdotale, le dona un cuore sacerdotale, un cuore che unito al Cuore di Cristo Sposo – Vittima, Altare e Sacerdote – prega incessantemente per i bisogni della Chiesa e delle anime, si sacrifica nella perfetta osservanza della propria Regola, si immola in silenzio.
Per capire il ruolo della donna consacrata nella vita del Sacerdote, basterebbe guardare al ruolo di Maria Santissima nella vita di Gesù: la Madonna ha condiviso pienamente tutta la missione di Cristo, è stata accanto a Lui sempre, ha vissuto intimamente unita a Gesù quale Madre accanto al Figlio, Corredentrice accanto al Redentore, e sotto la Croce, con l’offerta della Vittima divina al Padre e con l’offerta di tutta se stessa, è divenuta la Virgo Sacerdos accanto al Sommo ed Eterno Sacerdote. La Madonna non ha preso il posto di Cristo, ma la sua presenza è stata determinante affinché Cristo potesse realizzare la sua missione sacerdotale.
Tale è il ruolo della donna, specie di quella consacrata, nella vita del Sacerdote: permettere che egli realizzi nel migliore dei modi la sua vocazione e missione di Sacerdote. Ella, a somiglianza di Maria Santissima, pur non potendo accedere all’Ordine Sacro, è investita di una missione altissima che la immette nell’economia della Grazia del Sacerdozio, non come ministro, ma come... Madre!

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