RELIGIONE
Il Primo Miracolo. Tra Teologia, Mariologia e attualità
dal Numero 16 del 24 aprile 2016
di Antonio Farina

Nel mutamento dell’acqua in vino a Cana è simboleggiato il passaggio dalla Legge mosaica al Vangelo della grazia e dei Sacramenti, che Gesù operò con la sua venuta e il suo Sacrificio. Il primo miracolo è avvenuto in favore di un Matrimonio, quasi a mostrare come anche questa istituzione sia stata a suo modo “redenta” da Cristo.

Il secondo capitolo del Vangelo di san Giovanni si apre con l’episodio delle Nozze di Cana: «Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le giare”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,1ss).
Questo racconto evangelico è rimarchevole per una serie di ragioni che spaziano dalla Teologia pura alla Mariologia mistica e, fin dai tempi dei Padri della Chiesa, è stato considerato uno degli episodi fondamentali della Vita di Nostro Signore oltre che la cronaca del suo primo miracolo pubblico. Unanimemente vi si è scorta una epifania. Per l’esattezza è stato interpretato come una terza epifania di Gesù dopo quella della Visita dei Re Magi e quella del Battesimo nelle acque del Giordano. In effetti gli ultimi versetti della pericope sono illuminanti: «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». Si tratta di una manifestazione della gloria di Dio e questa è propriamente la definizione del termine “epifania”.
Un altro aspetto importantissimo di quanto è accaduto a Cana riguarda il rapporto strettissimo tra l’Immacolata e il suo Divin Figlio. Non si tratta soltanto di un’affinità di pensiero, di una identità di vedute che, nonostante l’apparente ritrosia di Gesù, vede la volontà della Madonna perfettamente allineata alla volontà di Dio, non vi si scorge solamente la genuina espressione della “onnipotenza supplice” della intercessione della Vergine Santissima che non trova uguali nel mondo intero, ma in quel «Fate quello che vi dirà» si individua la fondazione stessa della missione salvifica della Madonna, cioè la sua Mediazione universale. Dunque ce n’è quanto basta per riempire interi volumi di esegesi. Tuttavia al pari di un pozzo senza fondo, l’episodio delle Nozze di Cana rivela ancor oggi aspetti nuovi ed inusitati che dimostrano, se ve ne fosse bisogno, quanto il messaggio evangelico sia a-temporale e valido per ogni generazione.
Cominciamo da un dato certo: l’acqua che viene transustanziata in vino ed il vino stesso hanno un profondo significato allegorico e simbolico. Il sacerdote Don Dolindo Ruotolo nel suo Commento ai quattro Vangeli così ne riassume il senso: «Con un atto interno di onnipotente volontà Gesù ordinò quell’acqua a chi aveva cura del vino nel banchetto, [...] e facendone attingere, la mutò in vino ottimo. Non era venuta l’ora di dare il suo sangue, ma Egli volle, con quel miracolo, adombrare il più grande prodigio del suo amore; disse internamente sull’acqua: “Questo è il vino per il capo del banchetto”, come un giorno avrebbe detto sul vino: “Questo è il mio Sangue che si sparge per voi”. L’acqua all’istante si mutò in vino [...] Perché Gesù Cristo fece il suo primo miracolo mutando l’acqua in vino? Rispondono bellamente i Padri: l’acqua era simbolo della Legge, le cui purificazioni, tutte esterne, erano compiute con l’acqua; il vino era il simbolo del Sangue di Gesù Cristo che purificò le anime sulla croce, e le alimentò di sé mutando il vino in Sangue nell’Eucaristia. Al principio della sua predicazione Gesù mutò l’acqua in vino per significare che la Legge di Mosè, a guisa di acqua insipida e fredda, doveva mutarsi nel Vangelo della grazia, generoso, saporoso, ardente ed efficace come ottimo vino». Meraviglia dell’intuizione patristica. Se il vino è simbolo del Sangue salvifico è di conseguenza anche simbolo del Sacrificio.
Se a questo si aggiunge il fatto incontrovertibile che l’intervento di Nostro Signore ha letteralmente salvato una cerimonia nuziale dal fallimento totale e dalla vergogna, possiamo così attualizzare il messaggio evangelico alla triste realtà delle unioni moderne: quanti Matrimoni di oggi “non hanno più Vino!”. In altre parole quanti sposi hanno smarrito completamente il senso superiore e metafisico del Matrimonio come missione e sacrificio.
Quando un uomo e una donna sono chiamati dal Signore all’alto compito di unirsi e generare nuova vita, un effluvio di grazie, di gioia e di pace li investe dal Cielo e li sostiene nel loro compito. Si dice, con un pizzico di retorica che non guasta, che l’Amore è una cosa meravigliosa, che l’arrivo dei figli è una gioia ineffabile, che formare un nido d’amore, una casetta, è una grande soddisfazione ed è la realizzazione completa degli sposi, ma tutto ciò rimane tale solamente se è incastonato nell’ordine della Grazia.
Un sacerdote una volta ebbe a dire: «Il Matrimonio non è passione ma missione!». Come dargli torto. È questo propriamente il punto: se l’unione tra l’uomo e la donna avviene sotto il segno deteriore della esclusiva carnalità, dell’egoismo, della sensualità fine a se stessa, se la fusione di due esistenze è formulata nella cornice infausta degli interessi economici, del bieco calcolo personale o, peggio, dei futili motivi come quello di cercare compagnia o di “arrampicarsi” tra le classi sociali, allora il fallimento è l’epilogo certo, l’approdo ineludibile di una vicenda nata sotto una cattiva stella.
Il primo miracolo compiuto da Gesù è stato il salvataggio di un Matrimonio. Questo certamente deve significare qualche cosa. Nell’atmosfera plumbea, nella temperie agitata, nel quadro sconfortante e avvilente della società occidentale, gaudente, permeata di omosessualismo e pansessualismo, avvelenata dalla teoria del gender, barcollante sotto i colpi impietosi di un relativismo morale che non risparmia niente e nessuno, il Matrimonio è diventato la vittima eminente, il capro espiatorio, il trofeo più ambito dalle potenze degli inferi. Forse – ma ci sono pochi dubbi in proposito – la ferita più vistosa del peccato originale è stata inferta proprio al legame di coppia. La concupiscenza e l’egoismo si sono insinuati con le loro spire malefiche tra marito e moglie, si sono impadroniti silenziosamente della sana sessualità deformandola, distorcendola, riducendola a fango. Gesù e Maria (il Nuovo Adamo e la Nuova Eva) hanno pertanto iniziato l’opera pubblica della Redenzione partendo dall’origine, dal nucleo primario della società, trasformando l’acqua del freddo vincolo legale nel Vino saporoso del vero Amore nello Spirito Santo. Così facendo hanno “blindato” la coppia dei novelli sposi dagli assalti del demonio, dalle lusinghe del mondo e dalle debolezze della carne introducendo nel loro connubio tutta la forza del Sacramento.
Se solo riuscissimo a recuperare tale senso altissimo della Missione matrimoniale, saremmo proiettati d’un balzo verso un futuro roseo, verso un orizzonte radioso di speranza da consegnare – integri – alle nuove generazioni.

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