CATECHESI
Il proponimento di non peccare. Confessione: Sacramento di misericordia
dal Numero 45 del 17 novembre 2013
di Padre Angelomaria Lozzer, FI

Elemento efficace per una santa Confessione, come già visto, è il proponimento di non peccare più, frutto di una volontà decisa e ferma a non voler offendere Dio. Questo proposito, difatti, ha tre caratteristiche importanti: fermezza, universalità ed efficacia. Vediamo in cosa consistono.

Qualità del proponimento

Il proposito di emendarsi, per ottenere il suo scopo e cooperare alla nostra giustificazione, dev’essere fermo, universale ed efficace.

1) Che cosa significa che il proposito dev’essere fermo?
Significa che non deve tentennare, né lasciarsi piegare o scuotere. In altre parole significa che il penitente deve avere una volontà risoluta a qualunque costo di non offendere più Dio.
Tuttavia per evitare malintesi o scrupoli lo spieghiamo meglio in modo dettagliato.
a) In primo luogo avere un proposito fermo non significa diventare impeccabili, altrimenti il sacramento della Penitenza basterebbe prenderlo una volta sola nella vita. Siamo tanto fragili, che dopo aver ricevuto i santi Sacramenti, si può finire per peccare più gravemente di prima. Ne abbiamo un esempio in san Pietro. Non era egli in grazia di Dio? Non aveva fatto la sua Comunione? Non aveva fatto un proponimento serio, fermissimo di voler morire piuttosto che rinnegare il suo divino Maestro? Eppure in quella stessa notte cadde non una, ne due, ma tre volte di seguito nel suo spergiuro.
Quindi, cadere in peccato dopo essersi confessati, non vuol dire che sicuramente ci siamo confessati male. Il proposito può essere stato sincero e fermo, anzi fermissimo durante la Confessione, ma poi, per la volubilità della nostra natura, esser venuto meno.
b) Non bisogna poi confondere quello che spetta all’intelletto con quello che spetta alla volontà. Il proposito di non peccare è un atto della volontà: il conoscere invece la propria fragilità è un atto dell’intelletto. L’una cosa non ha a che fare con l’altra. Il proposito si dice fermo quando la volontà è decisa a non offendere più Dio. Il fatto che l’intelletto scorge i pericoli e prevede le difficoltà nel metterlo in atto non c’entra. In altre parole, aver paura della propria fragilità non vuol dire aver volontà di peccare. Difatti, quando ci troviamo a camminare in discesa sul ghiaccio, abbiamo ferma volontà di non scivolare, e anzi facciamo di tutto per non cadere, ma questo non ci assicura che resteremo sicuramente in piedi, né ci toglierà il dubbio riguardo alla possibilità di scivolare e cadere.
Il proposito quindi è fermo e buono, quando la volontà dice: non voglio più peccare. È vero che chi subito, o quasi, dopo la Confessione tornasse al peccato con la stessa indifferenza di prima, senza fare uno sforzo in contrario, senza adoperare nessun mezzo ecc., mostrerebbe di non aver avuto nessuna buona volontà, ma per sé, lo ripetiamo, il timore e la previsione della ricaduta non invalidano la fermezza del proposito.
c) Inoltre, perché il proposito sia fermo, bisogna che la volontà decida senza condizioni e senza perplessità.
Se uno dicesse per esempio “vorrei”, oppure “se non sarò tentato non peccherò”, oppure “se non avrò l’occasione non andrò più in quella casa”, per ciò stesso dimostrerebbe di non avere una volontà ferma e decisa, ma solo una semplice velleità. Per essere un buon proposito bisogna che la nostra volontà sia ferma: “A qualunque costo non voglio più peccare; vengano anche mille tentazioni, le scaccerò tutte con l’aiuto di Dio!”.
Non bisogna fare come i ragazzi che, chiamati alla mattina dalla madre, non si decidono mai ad alzarsi dal letto. La mamma li chiama una, due, tre volte; essi rispondono: “Vengo, vengo” ma poi si voltano dall’altra parte e tornano a dormire! Dobbiamo avere uno slancio generoso per uscire dal letto dei nostri peccati e ci vuole una volontà ferma, risoluta ed energica per convertirci a Dio!
Dobbiamo impegnare la nostra volontà ad evitare il peccato e a convertirsi a Dio, allo stesso modo con cui il cacciatore pensa giorno e notte a dove e come cacciare, o con cui il negoziante pensa ai suoi affari e a metterli in pratica, o con cui una fanciulla cerca di conquistare l’uomo con cui vuole sposarsi.

2) In secondo luogo il proponimento dev’essere universale, e cioè come il dolore, si deve estendere a tutte le specie di peccati mortali, a tutti i tempi e a tutte le circostanze.
Non sarebbe un buon proponimento dire: “Non farò più i peccati che ho fatto in passato, ma ne farò degli altri”, né dire: “Non peccherò più se mia moglie non mi farà più andare in collera!”, ecc.
I proponimenti devono essere senza se e senza ma, senza settimana o mese. In altre parole si deve aborrire ogni peccato mortale, in qualunque tempo e per nessuna cosa al mondo!
In seguito la nostra volontà potrà anche piegarsi – poiché purtroppo siamo deboli e sempre nella possibilità di cadere –, ma hic et nunc, ossia nell’atto di confessarsi, la nostra volontà dev’essere questa, e non altra.

3) Il proponimento, infine, deve avere una terza qualità fondamentale: dev’essere cioè efficace.
Che cosa vuol dire? Vuol dire che dev’essere tale da farci conseguire il fine che ci siamo posti, ossia di perseverare nella grazia di Dio.
Se io per esempio ho il proposito di andare a Roma, lo voglio efficacemente nel momento in cui metto da parte il danaro necessario, sospendo le mie occupazioni e prendo il treno o la macchina per andare a Roma, allo stesso modo il mio proposito è efficace quando utilizzo tutti i mezzi per mantenerlo.

Fine seconda parte

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