CATECHESI
Il mistero di Cristo
dal Numero 8 del 26 febbraio 2017
di Don Leonardo M. Pompei

In passato c’è chi non ha creduto alla sua “vera incarnazione” e chi ha affermato che Cristo aveva un corpo “solo apparente”. Di vitale importanza per ogni fedele è l’esatta comprensione della persona e della missione del Figlio di Dio, dalla quale è scaturita la salvezza per “tutto l’uomo”.

Nei primi secoli della vita della Chiesa, l’impegno dei grandi dottori e scrittori ecclesiastici – sovente arricchito e sancito da affermazioni e definizioni dogmatiche formulate in vari Sinodi, Concili o proposizioni pontificie vincolanti – è stato assorbito dal grande problema dell’esatta comprensione della persona e della missione del Figlio di Dio fatto uomo. Tale aspetto è, peraltro, strettamente connesso con la tematica trinitaria, che abbiamo affrontato nella serie precedente di articoli, in quanto il problema stesso della Trinità di Dio si pone (e si pose) in maniera evidente e inequivocabile allorché Gesù di Nazareth affermò esplicitamente di se stesso la sua filiazione divina non per adozione o metafora, ma per un rapporto naturale e del tutto unico con il Padre. L’incalzare delle eresie, tuttavia, costrinse i pensatori ecclesiastici a diversi chiarimenti circa quello che era realmente successo con l’Incarnazione e il frutto delle loro fatiche non di rado divenne materia su cui Santa Madre Chiesa elaborò le definizioni dogmatiche cristologiche dei primi sei Concili ecumenici.
Le prime grandi eresie cristologiche a comparire nel panorama ecclesiastico furono quelle dello gnosticismo e del docetismo. Stante la natura divulgativa dei presenti articoli, non darò una spiegazione approfondita, scientifica e accademica di queste correnti, limitandomi a focalizzare il cuore dei loro errori per poi meglio comprendere le affermazioni dottrinali che andremo piano piano a considerare.
Lo gnosticismo è una corrente filosofica “spiritualeggiante” e vagamente misterico-esoterica. Sostanzialmente gli gnostici – di cui i “nicolaiti” citati nel libro dell’Apocalisse (2,6.15) erano una rappresentanza – affermavano che per avere la salvezza non basta quella che noi oggi chiamiamo la “rivelazione pubblica” e l’entrare in contatto con la Chiesa e i suoi Sacramenti. Occorrerebbero una serie di rivelazioni “superiori” segrete e nascoste ai più (e conosciute solo da una élite di eletti) per mezzo delle quali (e solo per mezzo di esse) si raggiungerebbe la salvezza. Corollario di questa astrusa dottrina è che una volta raggiunta “l’illuminazione spirituale” (da qui il termine “gnosticismo”, che deriva da “gnosi” che significa “conoscenza”) si diventerebbe liberi e svincolati da tutto ciò che è “materia e carne”, per cui si potrebbero anche commettere tutte le impurità di questo mondo che ciò non intaccherebbe minimamente la salvezza dell’anima. La radice luciferina di questo inganno (che forse a noi contemporanei sembra puerile) è evidente. Forse meno lampante è la sua opposizione al mistero di Cristo Verbo incarnato. Essa è da ritrovare nell’enfasi eccessiva data allo “spirito” con conseguente minimizzazione dell’aspetto della materia. In base ad essa, Cristo veniva concepito come una sorta di demiurgo spiritualizzato e non come vera “carne”. I Padri della Chiesa, reagendo vigorosamente contro tale eresia, formularono assai presto l’adagio “caro cardo salutis” (“la carne è il cardine della salvezza”), evidenziando come proprio la vera carne, simile in tutto “a quella del peccato”, assunta dal Verbo, è condizione imprescindibile e indispensabile perché possiamo ritenere compiuta e realizzata la salvezza di tutto l’uomo, che non è solo anima, ma anima e corpo, che col corpo ha peccato e col corpo dovrà essere salvato, che nel corpo ha vissuto e nel corpo risorgerà nell’ultimo giorno.
L’altro “flagello” dei primissimi tempi della vita della Chiesa fu il docetismo. Nato anch’esso, come l’eresia precedente, in ambienti platonici (dei quali è nota la tendenza ad enfatizzare lo spirito sulla materia e, nei casi più estremi, a ritenere la materia in se stessa cattiva e portatrice di male), affermava che sarebbe stato impossibile perché troppo umiliante per il Verbo assumere un corpo fatto di vera materia, per cui le sue sembianze umane erano solo apparenti (da qui il termine “docetismo”, dal greco “dokeo”, che significa “sembrare, apparire”) e non reali come le nostre. Una variante di questa eresia era quella che, pur concedendo che la carne di Gesù fosse vera e come la nostra, riteneva che per la divinità sarebbe stato inconcepibile e impossibile sottomettersi al supplizio della croce, per cui essa avrebbe “abbandonato” Gesù alla vigilia della Passione per poi “tornare” alla Risurrezione. Come vedremo, se tale cosa fosse vera, non si potrebbe parlare di vera Incarnazione e la carne di Gesù, pur essendo reale, non apparterrebbe realmente al Figlio di Dio. Ci basti per ora aver evidenziato queste prime devianze dottrinali, che diventeranno sempre più evidenti nella loro perniciosità mano a mano che procederemo nell’esposizione.

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