RECENSIONI
L’umorismo di Gesù
dal Numero 41 del 6 novembre 2022
di Fabrizio Cannone

Un libro da consigliare soprattutto ai “musoni” dei nostri tempi. La situazione non è facile oggi, ma i motivi per essere allegri superano sempre le ragioni di dolore: perché Dio è più forte e bello delle bruttezze del mondo.

Klaus Berger (1940-2020) è considerato uno dei biblisti più importanti del XX secolo. Specie per il suo Gesù (2007) che ha avuto un enorme successo di vendite e traduzioni in tante lingue. E che è stato a più riprese citato da Benedetto XVI.
Qui [Un cammello per la cruna di un ago? L’umorismo di Gesù, Queriniana, 242pp.] il teologo ha un obiettivo più modesto e se vogliamo relativamente innovativo. Ovvero quello di dimostrare che non esiste alcuna incompatibilità tra l’assoluta perfezione divina di Cristo e l’umorismo. Se i Vangeli non ci raccontano nulla sul riso di Gesù, ci mostrano però il suo pianto, i suoi affetti umani e i suoi nobili sentimenti.
E i santi, che del Signore sono i migliori seguaci e imitatori, spesso, pur tra penitenze e fatiche, hanno riso proprio di gusto!
Se Gesù non ha riso nelle narrazioni evangeliche, non vuol dire che non abbia riso nei 33 anni della sua esistenza terrena, visto che tante cose della sua giornata non sono raccontate dagli agiografi. Comunque il Maestro della vita buona e piena ha senz’altro fatto sorridere i suoi ascoltatori, e volendo può far sorridere anche noi. Ovviamente in modo pedagogico, solare, limpido e senza volgarità.
Secondo Berger, «l’umorismo di Gesù esagera, perché si riconosca la verità (come nel caso delle perle, che non si devono gettare ai porci); distorce, perché si impari a vedere bene (come nel caso del cammello e della cruna dell’ago); ingrandisce ciò che è piccolo, perché lo si possa vedere nella vera grandezza ch’esso in verità possiede davanti a Dio (come nel caso dell’obolo della vedova)» (p. 7).
E tutto ciò, ça va sans dire, senza alcuna menzogna o affettazione, ma usando quelle raffinatezze, articolazioni, metafore e simbolismi che ogni linguaggio umano contempla.
«Il fondamento più profondo dell’umorismo di Gesù sta nella sua libertà» (p. 12). Gesù, in quanto assolutamente libero dalla realtà del mondo, può avvicinarsene e distaccarsene a piacimento. «Un riso giustificato – afferma il biblista – presuppone la sovranità» (p. 13).
L’importanza dell’umorismo, dell’ironia e dell’autoironia, dello scherzo e del gioco non sono neppure da dimostrare. È bene però ricordarle proprio nei periodi storici non facili come il presente. C’è chi vede tutto buio, come se la fine del mondo fosse dietro l’angolo. Il che non è. Ma se anche fosse, dovrebbe farci esultare comunque: la nostra gioia senza fine sarebbe infatti vicinissima!
Gesù era una persona seria, né seriosa né arrogante né timida e “moralista”. È chiaro che la percezione di cosa provochi ilarità dipende anche dal contesto e dal costume. Però, il sano desiderio di ridere e giocare è universale. E ciò che è universale, come insegna l’Angelico, non può essere vano o inutile.
Secondo Klaus Berger sia quando parla di “un cammello che passa per la cruna di un ago” (cf Mt 19,24), sia quando dice che sarebbe meglio amputarsi occhi, mani e piedi, Gesù sta usando la categoria dell’umorismo per dare un insegnamento profondo, con esempi evidentemente paradossali.
Insomma, come disse Chopin, «chi non ride mai non può essere una persona seria». E quindi neppure un buon cristiano. Chiediamo allora al Maestro, con san Tommaso Moro: «Signore donami il senso dell’umorismo, dammi la grazia di capire uno scherzo, perché possa avere un po’ di gioia in questa vita e possa comunicarla agli altri» (cit. a p. 223).  

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