MARIA SS.
L’Immacolata tra Passione e Risurrezione
dal Numero 16 del 22 aprile 2018
di Padre Luca M. Genovese

San Lorenzo descrive la partecipazione della Madonna alla Passione del Figlio contraddicendo quelle rappresentazioni che la mostrano ai piedi della Croce come una qualsiasi madre sopraffatta dal dolore. La Madonna fu l’unica a contemplare nel Figlio crocifisso “il divino mistero della redenzione.

Il noto polemista e Dottore della Chiesa cappuccino san Lorenzo da Brindisi († 1619) accosta due discorsi (1) della sua opera sulla Vergine inserendo la Madre di Dio nella dinamica del mistero pasquale.
La Passione è vissuta da Maria in maniera dolorosa certamente, ma estatica, secondo il nostro Dottore: «Lei stessa ritta innanzi al supplizio del Figlio, aggrappata con tenacia all’unico mezzo senza inganni, la fede, con la certezza in cuore che presto Egli sarebbe tornato a vivere: “Stava presso la croce di Gesù, la madre” (Gv 19,25). Mirabile visione! Divino miracolo! In piedi era col corpo, ma molto più con l’animo, sicura di quella incrollabile fede. Eretta fissava con la mente estatica la divina carità con la quale Dio così aveva amato il mondo, così aveva avuto misericordia, così aveva fatto giustizia, per punire il peccato e salvare il peccatore; ammirava la divina obbedienza del suo Figlio al Padre, stupendosi della fortezza di Lui che terrorizzava i demoni, mentre l’eroismo d’una pazienza infinita lo teneva saldo nella sopportazione di quel feroce massacro. Così concentrata, se ne stava meditando con stupore il divino mistero della redenzione, nel momento stesso che la sua figura, protagonista di una lotta decisiva, diventava l’esemplare della fortezza e della pazienza che sopporta le avversità e le vince, e a cui, nel futuro, per seguirne le orme, avrebbe rivolto lo sguardo tutta la Chiesa» (2).
Questa visione della partecipazione di Maria ai dolori di Cristo non corrisponde alle moderne rappresentazioni della Passione in cui Maria è vista come qualsiasi donna semplicemente sopraffatta dal dolore.
L’atteggiamento descritto da san Lorenzo è invece l’atteggiamento della fede incrollabile, di una fede mai vista prima sulla terra.
Infatti la Vergine, al contrario dall’essere sopraffatta, “contempla” il dolore “meditando il divino mistero della redenzione”. La sua attività, pur provata dal dolore, è tutta interiore, spirituale, soprannaturale: non è una madre disperata per il proprio figlio ma una grandissima anima che vede con certezza con gli occhi dello spirito il frutto della Redenzione nel macabro rituale della crocifissione.
Dunque Ella si fa partecipe attivamente di questa liturgia di lode a Dio perché coglie i significati più nascosti dell’evento, i significati di fede e di salvezza universale.
«Ella è in piedi col corpo ma molto più con l’animo». Sono tanti i pensieri che le suggerisce quella terribile scena: «La divina carità con cui Dio aveva amato il mondo». Infatti Gesù si lascia crocifiggere per puro amore degli uomini, come aveva predetto l’angelo a san Giuseppe: «Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1,21).
«Così [Dio] aveva avuto misericordia, così aveva fatto giustizia per punire il peccato e salvare il peccatore»; Maria contempla la giustizia di Dio che per ottenere misericordia al peccatore è pronto a sacrificare il Figlio divino pur di rendere il peccatore giusto, libero dalla sua colpa.
«Ammirava la divina obbedienza del suo Figlio al Padre, stupendosi della fortezza di Lui che terrorizzava i demoni»; nella sua mente purissima contemplava i demoni fuggire davanti alle sofferenze infinite del Figlio, vedeva la sua obbedienza al Padre e la sua fortezza che soprannaturalmente riparavano alla prima colpa di Adamo percosso dal giogo del peccato.
«Contemplava l’eroismo d’una pazienza infinita che lo teneva saldo nella sopportazione di quel feroce massacro». A Maria non sfuggono le doti umane di Gesù elevate dalla grazia a livelli incommensurabili. Nessun uomo avrebbe potuto sopportare con calma e rassegnazione, tutti i patimenti che ha sopportato il Signore. La flagellazione, la coronazione di spine, i processi farsa con bestemmie e percosse, infine la morte ignominiosa sono vissuti da Gesù con nobiltà superiore, senza emettere minacce o accarezzare vendetta.
Per questo la Vergine Santa è presentata da san Lorenzo come modello umano sublime per la partecipazione ai dolori di Cristo. Ella vede nell’intimo il valore di quel dolore e si conforma con tutto il suo essere alla stessa pazienza e umiltà redentiva che è del Figlio suo: «Contemplava anche la sua figura, protagonista di una lotta decisiva, diventava l’esemplare della fortezza e della pazienza che sopporta le avversità e le vince, e a cui, nel futuro, per seguirne le orme, avrebbe rivolto lo sguardo tutta la Chiesa». La Vergine è pure essa oggetto di fede ed essa stessa si contempla come modello, figura, protagonista di “una lotta decisiva” per essere esemplare di fortezza per tutti i cristiani nelle avversità della vita.
Non basta quindi invocare il Signore, insegna san Lorenzo. Bisogna disporsi alla lotta ed alla sofferenza nello stesso modo in cui ad essa si è disposta la Vergine Maria, con lo sguardo rivolto al Cielo, al piano divino della Redenzione, alle promesse dei profeti e degli altri libri ispirati per trasformare la propria vita in una esistenza come quella di Maria, totalmente consacrata a Dio.
Al sommo dolore, vissuto con fede, corrisponde il grande, grandissimo gaudio di Maria, che il da Brindisi non esita a definire superiore ad ogni gaudio umano e celeste nel giorno della Risurrezione.
Lei che aveva creduto e sperato fino alla fine ed oltre la fine in Gesù ora ha davanti il frutto del suo travaglio spirituale e certamente anche corporale: un frutto che mai più le può essere tolto.
«Chi potrà anche col solo pensiero penetrare il gaudio, l’esultanza della Vergine per la Risurrezione immortale e gloriosissima del suo Figlio, quando le apparve in quello splendore incomparabile in cui fu visto, come quando volle trasfigurarsi innanzi ai discepoli eletti?» (3).
Come per noi è impossibile comprendere il dolore di Maria, perché tutto permeato dalla fede nella divinità del Figlio, così ci è impossibile comprendere la gioia della visione del Risorto in Lei.
Tutte le grandi, immense gioie descritte nell’Antico Testamento sono solo un’ombra ed una prefigurazione della gioia pasquale nel Cuore di Maria Santissima. L’autore qui procede per contrasto e mostra la gioia delle antiche figure bibliche: quella di Anna, madre di Samuele, che dopo aver concepito intona il cantico simile al “Magnificat”; quella di Mardocheo ed Ester dopo l’uccisione di Aman; quella di Maria, la sorella di Mosè, dopo l’uscita dall’Egitto ed il passaggio del Mar Rosso; quella di Giacobbe che ritrova il figlio Giuseppe disperso in Egitto dopo averlo creduto morto; quella stessa di Maria Santissima nel giorno dell’Incarnazione del Figlio di Dio pure sommamente diversa dalle altre citate ma sempre inferiore alla gioia della Vergine per aver ritrovato Gesù, il Redentore, per sempre e per aver Egli compiuto la grande opera della Redenzione.
Le prime gioie sono solo profetiche rispetto alla grande realtà della Risurrezione, termine ultimo di ogni andare, somma esplosione di ogni gioia senza limite, essenza stessa della gioia, essenza della vita e di ogni cosa.
«Il gaudio nasce dalla presenza di un bene desiderato; maggiore è il bene, maggiore è anche la gioia. Se un uomo che ha ancora vivi i suoi cari genitori, viene creato Vescovo, procura a questi un grande gaudio; se Cardinale, la gioia è più grande; ma se viene eletto a sommo Pontefice, procura un gaudio sommo, una somma letizia ed esultanza. Oggi Cristo, risorgendo da morte, è creato da Dio Re ed Imperatore sommo dell’universo, sommo Pontefice e Gerarca di tutta la Chiesa militante e trionfante. Quale gaudio dunque per la sua Madre amatissima?» (4).
La gioia per il bene desiderato è presente in Maria. Anche perché ciò che Ella desidera, la gloria di Dio e la salvezza dell’uomo, sono gli unici beni che si possono realmente desiderare. Gli altri beni sono solo ombra e figura di questi. Siccome in Maria tutto ciò è presente, la sua gioia “è piena” (cf. Gv 15,11).
Quando Gesù annuncia ai suoi discepoli che la loro gioia sarà piena, si riferisce al termine ultimo, al culmine della gioia che Maria contempla presente nella Risurrezione, compimento del mistero pasquale.
Anche i Discepoli «gioirono al vedere il Signore risorto» (Gv 20,20), ma la loro gioia non era ancora piena perché non avevano ancora fede e «credevano di vedere un fantasma...» (Lc 24,37). Non avevano ancora comunione con la rivelazione di Gesù, con le sue parole. Per la Madonna la gioia è piena perché, oltre a vedere, crede, aderisce profondamente alle parole di Gesù, al Mistero rivelato.
Così come aveva contemplato le verità di Dio nella morte di Cristo, così allo stesso modo la Santa Vergine le contempla nella Risurrezione in modo da non lasciare mai che i sensi, cioè le gioie ed i dolori terreni, prevalgano sul suo cuore. Esso è solo pervaso dalla grazia del Signore, nel dolore come nella gioia, e questo segna l’inizio anche della nostra comprensione ed immersione nel mistero pasquale.  


NOTE
1) San Lorenzo da Brindisi, Mariale, I, 1; VI; VII.
2) Ivi, I, 1; VI, 5.
3) Ivi, I, 1; VII, 1.
4) Ivi, 3.

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